Vigilare è custodire la propria vita
1° Domenica di Avvento anno B
(Is.63,16b-17,19b;64,2-7;sal.79;1Cor.1,3 9;Mc.13,33-37)
Il brano evangelico di Marco che accompagna questa prima domenica d'avvento è un invito, chiaro e forte, ad essere "vigilanti", a stare svegli, a saper leggere dentro le esperienze della nostra vita e quelle del mondo, i quotidiani passaggi del Signore. Vigilare è un atto di amore verso la propria vita e quella degli altri: è prendersi cura di sé e degli altri, come il portiere si prende cura della casa che gli viene affidata;(Mc.13,34) si vigila pregando e lavorando, servendo e ringraziando: vivendo in questo modo i tempi dell’attesa e del ritorno del nostro Salvatore Gesù Cristo. Ormai giunto alla conclusione dei giorni, Gesù entra nel tempo della sua. Passione. E' perfettamente conscio di quello che lo aspetta. Solo gli apostoli non hanno ancora intuito nulla, accecati come sono dalle loro aspettative schiacciate su orizzonti terreni ed umani, coltivando attorno alla figura di Cristo delle attese gratificanti per loro. Sono piccini nelle speranze ed ottusi nell'intelligenza. Fanno fatica a conoscere davvero chi è il Maestro, anche se da tempo gli vanno dietro, e a comprendere il nocciolo della sua vita e del suo messaggio. Coltivano, purtroppo, la segreta speranza di "diventare qualcuno", dietro di lui. La fama di cui Gesù godeva poteva essere per loro una buona carta da giocarsi per il futuro di ciascuno… Non sanno che stare con Lui non è sedere alla destra di un potente, ma stare alla destra e alla sinistra di un crocifisso; è sedere sul trono della croce, è amare fino a morire, fino a dare la propria vita per amore. Non vigilano, non sanno andare oltre, si fermano alla superficie, alle sensazioni, alle emozioni, alla gratificazione che dà stare con il Maestro. Così si ritrovano con Gesù, alla fine della sua vita, sul Monte degli Ulivi che fronteggia, a Gerusalemme, il Tempio che domina il panorama con la sua maestosità. Guardandolo, ogni ebreo sente riempirsi l'animo di orgoglio. Tutto sa di magnificenza, di grandezza e di solidità perenne. Per questo i discepoli non comprendono le parole di Gesù rivolte ad uno di loro. "Vedi queste grandi costruzioni? Ebbene non rimarrà una sola pietra sull'altra: tutto sarà distrutto!". E' una legnata secca sul loro orgoglio. Vengono deluse le loro aspettative. Forse anche noi, all'inizio del periodo di Avvento, siamo nella stessa disposizione d'animo degli apostoli. Siamo profondamente preoccupati e delusi per svariati motivi: per le perturbazioni finanziarie che mettono a rischio il nostro benessere, mentre pensavamo che ci fosse ricchezza per tutti; turbati per le calamità naturali, frutto soprattutto della nostra irresponsabilità, che devastano le nostre case e deturpano i paesaggi; per le nostre famiglie rese instabili dalle nostre fragilità umane; per i nostri giovani che abbiamo sommerso di cose dimenticando di seminare nei loro cuori valori e speranze; per la nostra fede resa fragile anche dalla nostra ignoranza di cose bibliche e spirituali; per la nostra chiesa, che talora appare invecchiata e legata a stereotipi culturali completamente avulsi dalla realtà; e dunque poco profetica, talora addirittura compromessa…Qualcuno, con un pizzico di pessimismo, aggiunge: " Siamo, lentamente, diventati come gli abitanti di Corinto ai tempi di Paolo: ricchi, corrotti, formali e con poche speranze". Mi ha scritto un giovane: " Talora ho l'impressione di essere come le foglie che, in questi giorni, cadono dagli alberi: come loro mi sento portato via dal vento, immerso in un lungo vagare senza senso e senza meta" Quante persone, giovani e meno giovani, sentono così la propria vita: come un perenne, inconsistente vagare: senza spinte vere, senza motivi profondi, senza ideali, senza una meta.. Manca il senso dell’attesa, il senso che stiamo aspettando e vivendo non per qualcosa, ma per Qualcuno che verrà a raccogliere ogni piccolo fiore di bene che abbiamo fatto. Il Vangelo di oggi ci avverte dobbiamo vigilare sulla nostra vita: vigilare e non addormentarci. Vigilare non per paura, ma per un senso di rispetto, di dignità, di maturità verso noi stessi e per dire grazie al Creatore che ci ha voluti, a Colui che la vita ce l’ha data come una grossa opportunità. Pur con tutte le sue contraddizioni e i suoi problemi, la nostra vita rimane qualche cosa di alto, di grande, di bello, da vivere in pienezza, fino alla fine; vivere la nostra vita in maniera laboriosa, lasciando in eredità a chi viene dopo di noi, qualche cosa che abbiamo costruito per amore. Vigiliamo, dunque! Enzo Bianchi parla così dell’uomo che dorme e dell’uomo che vigila. "Chi è l’uomo dormiens?", si chiede il priore di Bose. E’ colui che vive al di qua delle sue possibilità, vive nella paura, banalmente, superficialmente, orizzontalmente, più che in profondità; è pigro, negligente, si lascia vivere; è colui che vive come se avesse a disposizione un interminabile lasso di tempo; è colui che si sottrae alla fatica di pensare e di interrogarsi; che non ha passione, non è toccato dal nulla, Per lui tutto è scontato. E’ colui che non aderisce alla realtà e agli altri, ma resta nella sonnolenza; anzi, ha fatto del non sentire, non vedere, del non lasciarsi toccare e interpellare la condizione del suo vivere. "L’homo vigilans", invece, è costantemente presente a se stesso e agli altri,al proprio lavoro e al proprio ministero; è sempre attento a discernere la presenza del Signore negli eventi e nei fratelli; è l’uomo responsabile, lucido, critico, che trova in sé motivazioni, radici e forza; è paziente e profondo, non si esaurisce nell’immediato, ma si misura sul lungo periodo; è cosciente di essere chiamato a esprimere il tutto nel frammento della propria particolare esistenza"( Bianchi E. E’ necessaria l’ascesi cristiana? Pag.25) Sono parole di sapienza, da meditare in questo tempo di avvento perche ci aiutano a vigilare sulla qualità umana e cristiana della nostra esistenza, ma anche sulla qualità della nostra vita spirituale e pastorale.