Unità dei cristiani o unità fra cristiani? - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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UNITA’ DEI CRISTIANI O UNITA’ FRA CRISTIANI?
(Is.8,23b-9,3; salmo 26; 1Cor.1,10-13.17;Mt.4,12-23)
3° Domenica del Tempo Ordinario

Siamo nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Va da sé, però, che l’unità dei cristiani comporta, innanzitutto, l’unità nella comunità cristiana, nella chiesa alla quale siamo stati chiamati fin dal giorno del nostro Battesimo. Se non siamo uniti fra noi, come possiamo diventare strumenti di unità fra chiese sorelle, tra le quali vi sono diversità di varia natura? Ci aiuta a riflettere su tutto questo, il brano che viene proclamato nella liturgia di oggi, tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi dell’apostolo Paolo. La comunità di Corinto, infatti, non dava buona testimonianza di Cristo, perché era divisa, lacerata al suo interno da tensioni e preoccupazioni di varia natura. E Paolo, giustamente, era molto preoccupato. Lo si capisce dal tono e dal linguaggio della lettera e dai temi trattati. Del resto, se la comunità cristiana rappresenta il Corpo di Cristo, la Sposa del Signore, l’armonia tra i membri della comunità, non e’ di poco conto; anzi la vita della comunità non è involucro, scorza alla vita pastorale, ma è l’essenza del nostro essere chiesa. O la nostra vita pastorale è in funzione della comunione e quindi della crescita dell’unità, oppure non è nulla. Quello che capitava a Corinto è ciò che si verifica, nel bene e nel male anche nelle nostre comunità. Vivere insieme è una grande ricchezza, per tutti: perché l’incontro tra storie e culture diverse, permette una fantasia pastorale, dono dello Spirito; le opportunità della evangelizzazione si moltiplicano quando ognuno mette in comune i propri doni, i propri carismi, le proprie competenze, le proprie esperienze, i propri punti di vista. Ma vi è anche da dire che, quando degli esseri umani si trovano insieme, immediatamente si attivano meccanismi di attacco e di difesa. Ciascuno cerca il suo posto di combattimento, il piedestallo sicuro da cui poter scrutare l’altro, l’appoggio più potente da esibire al momento opportuno. A Corinto accadeva proprio questo: la ricerca dei primi posti, sul piedestallo di un apostolo instancabile nel lavoro come era Paolo, di una autorità indiscussa come era Pietro, o di una feconda arte retorica come poteva essere quella di Apollo. Le divisioni personali e comunitarie, hanno radici profonde, ma si manifestano quasi sempre in partiti contrapposti che, sulla base di pretesti apparentemente dignitosi, nascondono personalismi e mire molto più basse. Di fronte a ciò, Paolo cerca la soluzione non nella logica umana, mondana, ma in quella di Dio: la logica della croce. La croce distrugge ogni presunzione umana di sapienza e ogni illusione di trovare nell’uomo il fondamento della propria vita. L’espressione biblica: “ Guai all’uomo che confida nell’uomo” ha per il cristiano questa fondamentale verità: la salvezza viene da Cristo e solo da lui. Perché tutto ha senso quando Cristo è al centro: ma , se Egli non è al centro, allora non è in nessuna parte e anche la vita religiosa può diventare una ricerca idolatra che divinizza uomini e istituzioni, destinati a passare come tutte le cose effimere E’ stato detto da qualcuno che una delle cose più difficili per un essere umano è quella di ammettere di aver torto: sappiamo noi ammetterlo, anche noi presbiteri, con molta umiltà, nelle nostre relazioni ecclesiali? Convertirsi alla comunità, infatti, inizia proprio da qui: lasciare qualche cosa a cui ci sentiamo particolarmente attaccati, lasciare una mentalità, dei criteri di giudizio, un modo di vedere che limita la collaborazione con gli altri, la carità, l’accoglienza della diversità nella sorella e nel fratello. A un discepolo che si lamentava continuamente degli altri, un maestro disse: “ Se è la pace che vuoi, cerca di cambiare te stesso, non gli altri. E’ più facile proteggersi i piedi con delle pantofole che ricoprire di tappeti tutta la terra” (un minuto di saggezza- ed paoline) Ai suoi discepoli, ai suoi collaboratori più stretti Gesù dice: “ Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini. Ed essi, subito, lasciate le reti, lo seguirono”. Quasi a dire: se volete lavorare per me ed essere miei discepoli, nella chiesa, non dovete innanzitutto iniziare con un processo di riempimento della vostra anima, ma di liberazione: dovete abbandonare qualche cosa e qualche cosa in cui da sempre avete creduto e che è stato fino a ieri la vostra certezza. Ora avete solo me come sicurezza. Dobbiamo chiederci quali sono le reti che dobbiamo abbandonare, perché la nostra comunità sia quello che dovrebbe essere: la casa di tutti, aperta a tutti. In quel gesto di abbandonare le reti e seguire Gesù è riassunta tutta la nostra fede, che non è una convinzione, perché le convinzioni danno sicurezze. Qui invece abbandonando le reti non si sa dove si andrà a finire. Si è solo pronti a seguire e si è aperti, aperti a tutto,aperti a tutti!


Don Roberto Zambolin


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