Un Dio fatto di carne
NATALE DEL SIGNORE
anno B
(Messa della notte: ls. 9,1-6; Sa1.95; Tt.2,11-14; Lc.2,1-14;
Messa dell'aurora: Is.62,11-12; Sa1.96; Tt. 3,4-7; Lc.2,15-20;
Messa del giorno: is.52,7-10; Sa1.97; Eb.1,1-6; Gv.1.,1-18)
Troverete un bambino avvolto in fasce,
adagiato in una mangiatoia.(Lc.2,12)
Si potrebbe rimanere sorpresi: tutto qui? Cosa c'è di straordinario in un bambino avvolto in fasce? Eppure l'angelo lo indica come se gno di un Liberatore, del Messia, del Signore, cioè di Dio stesso. Perchè? Ci mettiamo idealmente davanti a un presepe e osserviamo quel bambino posto tra Maria e Giuseppe, mentre attorno a lui stanno angeli, persone, animali, case, paesaggi. Che cosa ci dice? Il primo sguardo si accontenta di poco; vede semplicemente un evento naturale che si ripete fondamentalmente uguale attraverso le generazioni: è nato un uomo, la specie umana si riproduce. Ci potremmo anche fermare qui. Ma il bambino è avvolto in fasce; è stato collocato in una mangiatoia; qualcuno si è preso cura di lui e ha usato nei suoi confronti gesti di premura, di attenzione. Siamo allora portati a collegare il Bambino con le persone che gli stanno attorno: sua madre che lo ha generato; Giuseppe custode di lui e di sua madre; in lontananza Betlemme, la città di Davide, dove Giuseppe è andato per il censimento. Possiamo immaginare i pensieri dei genitori: le attese, le speranze, i desideri che hanno accompagnato i nove mesi di gravidanza e nello stesso tempo le ansie e le incertezze che si presentano sempre alla nascita di un bambino: "Chi sarà? Che cosa diventerà da grande? Sarà felice? Avrà da soffrire? Riusciremo a tirarlo su bene?" E' solo un bambino in fasce, ma è inevitabile, per noi, pensare a tutta la futura avventura della sua vita per trovare una risposta alla domanda centrale: che cosa rappresenta quel bambino per noi? Rappresenta anzitutto l'attenzione e l'amore di Dio per la nostra umanità: siamo proprio noi, le nostre persone, le nostre vite, la ricchezza più grande del nostro Creatore, il senso della Sua esistenza, del suo Amore, del suo essere Dio. Un Dio talmente lontano da noi, da creare solo distanze, un Dio che non rivestisse una carne come la nostra, un Dio che non a vesse una storia, una nascita e una morte, pur rimanendo il Signore della vita, sarebbe non solo un Dio astratto, incomprensibile, ma un Dio inutile. Dio, invece, rivestendosi di corpo, di carne, ha dato dignità al corpo di ogni donna e di ogni uomo, per cui ognuno di noi non è impastato solo di fango, ma anche.. di Dio! Tanto che Paolo dirà a ciascuna/o dinoi:"Glorificate Dio nel vostro cor po"(1Cor.6,20). La figura inerme di un Bambino libera il nostro cuore da ogni sen timento di paura e scioglie i fili dell'arroganza, dell'orgoglio che così facilmente s'ingarbugliano dentro di noi. Sperimentiamo una terapia spirituale quando ci fermiamo per ammirare il presepe. Ci avviciniamo affannati per le mille cose che ci preoccupano; magari avviliti per qualcosa che non è andato bene, magari risen titi per una parola cattiva che ci è stata rivolta. E lì, davanti al Bambino, il cuore si calma, prende le distanze dal frastuono delle cose e dei sentimenti e ci introduce in un contesto più grande di pace. È il dono di Dio. Egli siede nell'alto - dice un salmo - ma si china a guardare nei cieli e sulla terra.(Sa1.14,2) Sa chinarsi il mio Gesù,, sa prendere sul serio le sue creature, sa capire anche la fragilità, la picco lezza. Non giudica dall'alto, non condanna con alterigia: è esigente, esigentissimo, ma della esigenza dell'amore. Si fa vicino e cammina con l'uomo; non lo sostitui sce, non lo esonera dalla responsabilità, ma gli dà la forza di portare il peso della libertà. Scrive san Paolo al suo discepolo Tito: "E' apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vive re in questo inondo con sobrietà, con giustizia e con pietà." (Tt 2,11) È interessante: Dio si fa uomo, si presenta in mezzo a noi come uomo perché l'uomo impari da lui a vivere in pienezza la sua umanità; come se la condizione umana potesse esserci insegnata solo da chi è immensamente più grande di noi, da Dio stesso. Non è bastato che venisse un profeta incaricato da Dio; non bastava nemmeno un essere spirituale libero da tutti i condizionamenti della materia; ci voleva un Dio, un Dio fatto carne, un Dio che assume la materia e la rende strumento efficace di amore, di benevolenza e di perdono. È stato un ottimo maestro, Dio; in Gesù, ci ha inse gnato a vivere. Ma noi, saremo buoni alunni? Potremo esserlo, a condizione che la memoria di Gesù non si perda nel vago. Non è impossibile: abbiamo il Vangelo e nel Vangelo il volto di Gesù è disegnato con tratti veri e nobili. Bisogna però che lo frequentiamo, il Vangelo, e che poco alla volta il volto di Gesù diventi una pre senza dentro di noi. Una presenza che ci sostiene quando la vita è faticosa; e che ci rimprovera quando l'attenzione del cuore si allenta, quando il compromesso vor rebbe prevalere sulla coerenza, quando l'egoismo riaffiora nei sentimenti e nei desideri. Natale è amare la vita, nonostante tutto ed è amare anche il mio prossi mo, nonostante tutto. Ma Natale è anche amare me stesso, cogliendo la mia vita come dono prezioso, e consegnandola con le braccia aperte, in uno slancio d'amore, semplice e umile, accogliente e sorridente, come quel Bambino, per la gioia di altri.