Fiumi d'acqua viva...
Testimoni credibili di Cristo
In questa domenica siamo “messi interiormente in movimento” dalla figura di Giovanni Battista, che ci scuote con la forza del suo messaggio e l’intensità della sua personalità. Egli non è solamente un uomo religioso, che cerca di compiere bene il proprio dovere rispettando i comandamenti, ma è soprattutto “un uomo di Dio”: lo vediamo dal suo stile di vita semplice, sobrio, poco ricercato, poco attento a se stesso. Lo vediamo, soprattutto, dalla passione con cui proclama la parola di Dio, quella Parola che è luce che rischiara la strada, che illumina la vita di ogni persona.(sal. 119,105) Per questo Giovanni Battista è chiamato il “testimone della Luce”: perché si dichiara convinto della forza salvifica della Parola, della possibilità che ha la Parola di Dio di plasmare un mondo nuovo, più gioioso, più risplendente, finalmente libero, dove si cantano inni di gioia e di liberazione. Perchè la Parola di Dio è Cristo stesso che deve venire nel mondo e venendo nel mondo, Egli da compimento alla Parola. La Parola si trasforma in incontro di vita, in relazione d’amore. Giovanni è infatti testimone della Parola, non solo perché l’ha proclamata, ma anche perché l’ha incontrata, con umiltà e obbedienza. Lontano da ogni esibizionismo, o protagonismo, o infatuazione di sé, il testimone è colui che si definisce in riferimento ad un Altro, e conduce chi lo vede e lo ascolta non a sè, ma a questo Altro. La vera testimonianza si accompagna ad una giusta, realistica e umile conoscenza di sé. “ Che cosa dunque? Sei Elia,…sei tu il profeta? Rispose: non lo sono”(Gv. 1,20) La domanda rivolta a Giovanni: “Chi sei tu?” (v. 19) viene proposta ad ognuno di noi mentre ci confrontiamo con il Vangelo e ci sprona a ridefinirci alla luce di quella Parola, di conoscerci in Cristo. La testimonianza evangelica non chiede di fare molte cose, ma di decidere se stessi davanti a Cristo, in relazione a Lui. Il testimone pertanto è colui che sa far nascere il senso di un’altra presenza, di qualcuno che già è presente nella vita, ma che ancora non è conosciuto. Il testimone, insomma, non è tanto uno che sa dare risposte, quanto invece uno che sa suscitare delle domande. Perché solo a domande vere, si possono dare risposte vere. Il dramma della nostra pastorale sta tutto qui: che si fanno tanti discorsi belli e importanti su Cristo, senza che vi siano domande vere su Cristo, senza che vi sia un vero interesse di Lui e del suo Mistero, senza aver capito se Lui abbia o no a che fare con la nostra quotidianità, senza che risulti importante e decisivo per la nostra esistenza. La Chiesa infatti, anche nell’ultimo documento sulla parrocchia ci ricorda che noi viviamo in un tempo di post-cristianità, per cui “ Non si può dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il Vangelo, che si abbia una qualche esperienza di Chiesa. Vale per i fanciulli, ragazzi, giovani e adulti; vale per la nostra gente e, ovviamente, per tanti immigrati, provenienti da altre culture e religioni”(Nota CEI: il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia.. N. 6) Credo che il Battista non sarebbe stato un appassionato testimone di Gesù Cristo, se il suo percorso di vita non fosse stato ricondotto all’essenziale da quella Parola che lui stesso ha proclamato. Lo dimostra il modo semplice ed essenziale di vestire e di vivere, specchio della sua libertà interiore, che rendono più immediato e credibile l’annuncio della Parola e più trasparente il messaggio. Il cristiano deve essere un testimone della Luce, della Parola che è Cristo stesso, non per sentito dire, ma perché già in lui risplende la Luce, quella vera che illumina ogni uomo. Ogni gesto, ogni sentimento, ogni speranza vissute nella nostra dimensione corporale, devono lasciar trasparire quella luminosità propria di chi ha incontrato Cristo e, pertanto, sa in chi ha creduto. Per cui, sta sempre lieto, prega incessantemente, in ogni cosa rende grazie e cerca la volontà di Dio in Cristo Gesù. ( 1Tes.5,16) Illuminati dalla fede in Cristo, le nostra fragilità non ci turbano, la nebbia del dubbio e del mistero che stempera i colori e impedisce di cogliere la chiarezza dei contorni, non ci mettono paura. Le tenebre non ci sembreranno così oscure. Del resto: non è nel contrasto del chiaroscuro che un disegno può esprimere tutta la sua bellezza? La forza della luce non viene forse dalla sua lotta con le tenebre? Davanti al nostro limite Dio non ha abbassato lo sguardo, né si è incupito nel giudizio o nella condanna, ma ha abbracciato con la sua Luce le nostre tenebre, ha mandato l’amore a guarire i nostri egoismi, la vita a sconfiggere le nostre morti. Aiutaci, Signore, ad essere come Giovanni Battista, vigilanti per vederTi all’opera pur dentro i nostri limiti, forti per indicarti ai fratelli come parola vera, tanto liberi da scomparire dopo che tu sei stato da noi riconosciuto a accolto.
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3° Domenica di Avvento anno B
(Is. 61,1-2.10-11; Salmo Lc. 1,46-50.53-54; 1Ts.5,16-24; Gv.1,6-8.19-28)
(Is. 61,1-2.10-11; Salmo Lc. 1,46-50.53-54; 1Ts.5,16-24; Gv.1,6-8.19-28)
In questa domenica siamo “messi interiormente in movimento” dalla figura di Giovanni Battista, che ci scuote con la forza del suo messaggio e l’intensità della sua personalità. Egli non è solamente un uomo religioso, che cerca di compiere bene il proprio dovere rispettando i comandamenti, ma è soprattutto “un uomo di Dio”: lo vediamo dal suo stile di vita semplice, sobrio, poco ricercato, poco attento a se stesso. Lo vediamo, soprattutto, dalla passione con cui proclama la parola di Dio, quella Parola che è luce che rischiara la strada, che illumina la vita di ogni persona.(sal. 119,105) Per questo Giovanni Battista è chiamato il “testimone della Luce”: perché si dichiara convinto della forza salvifica della Parola, della possibilità che ha la Parola di Dio di plasmare un mondo nuovo, più gioioso, più risplendente, finalmente libero, dove si cantano inni di gioia e di liberazione. Perchè la Parola di Dio è Cristo stesso che deve venire nel mondo e venendo nel mondo, Egli da compimento alla Parola. La Parola si trasforma in incontro di vita, in relazione d’amore. Giovanni è infatti testimone della Parola, non solo perché l’ha proclamata, ma anche perché l’ha incontrata, con umiltà e obbedienza. Lontano da ogni esibizionismo, o protagonismo, o infatuazione di sé, il testimone è colui che si definisce in riferimento ad un Altro, e conduce chi lo vede e lo ascolta non a sè, ma a questo Altro. La vera testimonianza si accompagna ad una giusta, realistica e umile conoscenza di sé. “ Che cosa dunque? Sei Elia,…sei tu il profeta? Rispose: non lo sono”(Gv. 1,20) La domanda rivolta a Giovanni: “Chi sei tu?” (v. 19) viene proposta ad ognuno di noi mentre ci confrontiamo con il Vangelo e ci sprona a ridefinirci alla luce di quella Parola, di conoscerci in Cristo. La testimonianza evangelica non chiede di fare molte cose, ma di decidere se stessi davanti a Cristo, in relazione a Lui. Il testimone pertanto è colui che sa far nascere il senso di un’altra presenza, di qualcuno che già è presente nella vita, ma che ancora non è conosciuto. Il testimone, insomma, non è tanto uno che sa dare risposte, quanto invece uno che sa suscitare delle domande. Perché solo a domande vere, si possono dare risposte vere. Il dramma della nostra pastorale sta tutto qui: che si fanno tanti discorsi belli e importanti su Cristo, senza che vi siano domande vere su Cristo, senza che vi sia un vero interesse di Lui e del suo Mistero, senza aver capito se Lui abbia o no a che fare con la nostra quotidianità, senza che risulti importante e decisivo per la nostra esistenza. La Chiesa infatti, anche nell’ultimo documento sulla parrocchia ci ricorda che noi viviamo in un tempo di post-cristianità, per cui “ Non si può dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il Vangelo, che si abbia una qualche esperienza di Chiesa. Vale per i fanciulli, ragazzi, giovani e adulti; vale per la nostra gente e, ovviamente, per tanti immigrati, provenienti da altre culture e religioni”(Nota CEI: il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia.. N. 6) Credo che il Battista non sarebbe stato un appassionato testimone di Gesù Cristo, se il suo percorso di vita non fosse stato ricondotto all’essenziale da quella Parola che lui stesso ha proclamato. Lo dimostra il modo semplice ed essenziale di vestire e di vivere, specchio della sua libertà interiore, che rendono più immediato e credibile l’annuncio della Parola e più trasparente il messaggio. Il cristiano deve essere un testimone della Luce, della Parola che è Cristo stesso, non per sentito dire, ma perché già in lui risplende la Luce, quella vera che illumina ogni uomo. Ogni gesto, ogni sentimento, ogni speranza vissute nella nostra dimensione corporale, devono lasciar trasparire quella luminosità propria di chi ha incontrato Cristo e, pertanto, sa in chi ha creduto. Per cui, sta sempre lieto, prega incessantemente, in ogni cosa rende grazie e cerca la volontà di Dio in Cristo Gesù. ( 1Tes.5,16) Illuminati dalla fede in Cristo, le nostra fragilità non ci turbano, la nebbia del dubbio e del mistero che stempera i colori e impedisce di cogliere la chiarezza dei contorni, non ci mettono paura. Le tenebre non ci sembreranno così oscure. Del resto: non è nel contrasto del chiaroscuro che un disegno può esprimere tutta la sua bellezza? La forza della luce non viene forse dalla sua lotta con le tenebre? Davanti al nostro limite Dio non ha abbassato lo sguardo, né si è incupito nel giudizio o nella condanna, ma ha abbracciato con la sua Luce le nostre tenebre, ha mandato l’amore a guarire i nostri egoismi, la vita a sconfiggere le nostre morti. Aiutaci, Signore, ad essere come Giovanni Battista, vigilanti per vederTi all’opera pur dentro i nostri limiti, forti per indicarti ai fratelli come parola vera, tanto liberi da scomparire dopo che tu sei stato da noi riconosciuto a accolto.
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Don Roberto Zambolin