Fiumi d'acqua viva...
Solo Dio è buono, solo Dio è tutto
28° Domenica del Tempo Ordinario anno B
(Sap. 7,7-11; sal. 89; Ebr. 4,12-13; Mc. 10,17-30)
28° Domenica del Tempo Ordinario anno B
(Sap. 7,7-11; sal. 89; Ebr. 4,12-13; Mc. 10,17-30)
L'uomo di cui parla il Vangelo di oggi è uno che "corre" verso Gesù. Ha fretta di incontrarlo perché cerca da Lui, con urgenza, una risposta che gli illumini la vita, il presente e il futuro di se stesso. In questo è davvero esemplare rispetto alla nostra pigrizia nel seguire il Signore e il nostro tirare a campare così come viene…. Giunto davanti a Gesù, si getta ai suoi piedi e gli pone una di quelle domande che sono centrali nella vita di un uomo: "Maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?".(Mc. 10,17) Lo chiama "buono", non per adulazione, ma perché lo pensa davvero. Ma Gesù lo corregge subito: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo".(Mc. 10.18) Per noi, così pronti ad avere un'alta considerazione di noi stessi, l'affermazione di Gesù è una lezione che non dovremmo mai dimenticare. Solo Dio è buono, nessun altro. Ovviamente, neppure noi. E riconoscerlo non è tanto un problema di umiltà, quanto di realismo. Comprendere la propria debolezza, riconoscere i propri limiti, vuol dire muovere il primo passo di quella corsa che ci porta verso il Signore. Poi Si apre un dialogo. Gesù gli chiede se conosce e se ha osservato i comandamenti, e la risposta è che li ha osservati sin dalla giovinezza.(Mc.10,19-20) Non so quanti di noi possono dare la stessa risposta alla domanda di Gesù. Ed è piena d’affetto l’annotazione che segue: "Gesù, guardandolo, lo amò". (Mc. 10,21) Potessimo sentire rivolte anche a noi queste parole! Ma forse noi sentiamo meno ansia di salvezza di quanto la sentiva quell'uomo, meno desiderio di liberazione, di purificazione. Oggi Gesù si rivolge a noi, alla nostra libertà, alla nostra intensità di amore e rivolge a ciascuna/o la medesima proposta: "Va', vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi, vieni e seguimi!".(Mc.10,21b) Non è una frase neutra. Del resto mai il Vangelo è neutro, chiede sempre un impegno, una decisione, una risposta. O la si respinge e si resta come si è, oppure la si accoglie e si cambia vita. Il brano evangelico che ci viene annunciato in questa domenica è tra quelli che hanno maggiormente cambiato la vita di coloro che lo hanno ascoltato. Quando Antonio, giovane egiziano di buona famiglia, ascoltò queste parole, lasciò tutto, si ritirò nel deserto e divenne padre (abate) di molti monaci. Così pure Francesco d'Assisi le ascoltò e lasciò tutto. E divenne testimone del Vangelo, e che testimone! L'uomo ricco, al contrario, quando le udì abbassò il volto, divenne cupo e si allontanò da Gesù, ma con la tristezza nel cuore.(Mc.10,22) Quell' uomo conservò le sue ricchezze, ma perse il sorriso e il senso vero della vita. Potremmo chiederci: ma l'invito di Gesù non è troppo severo? Non si tratta di una parola troppo esigente che, tra l'altro rischia di farlo rimanere solo? Gesù non potrebbe attutirlo almeno un poco? Non potrebbe renderlo meno esigente e un po' più accomodante? Le parole che Gesù aggiunge subito dopo il rifiuto del ricco non ammettono replica. "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!" E conclude: "E più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio".(Mc.10,23-24) Sono parole che dovrebbero impensierirci, anzi spaventarci. Noi, infatti, figli di un mondo ricco, siamo tesi a soddisfare subito a qualunque costo e in qualsiasi modo, ogni desiderio e ogni velleità che ci passa per la mente. Gesù non chiede di buttare a mare tutto quanto abbiamo: non è questo il senso della frase evangelica. La decisione che questa pagina evangelica vuole provocare in noi riguarda il primato da dare a Dio sopra ogni cosa. Gesù ci chiede di porre Dio al di sopra di tutto anche dei beni che abbiamo e di considerare i poveri come nostri fratelli verso i quali siamo debitori di amore e di aiuto. Essi hanno diritto al nostro amore e al nostro aiuto. Quel che chiede il Signore, a prima vista, ha i tratti di una rinuncia e in parte lo è, ma è soprattutto una grande sapienza di vita. Ovviamente si tratta non della sapienza del mondo che spinge a rinchiudersi in se stessi e nelle cose del mondo, ma della sapienza che viene dall’Alto, della quale ci parla il brano della Scrittura di oggi: “ La preferii (la Sapienza di Dio) a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte ad essa l'argento. L'amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana" (Sap 7, 8-10). Chi mette Dio al primo posto, si accorgere di vivere nel mondo come in una famiglia allargata: le persone, non sono “gli altri”, ma fratelli e sorelle da amare, padri e madri da venerare, case e campi ove lavorare. Partire dall’Amore di Dio e dall’amore per Dio è trovare l'amore delle relazioni e nelle relazioni. Soprattutto è trovare se stessi e il senso della propria vita.
Don Roberto Zambolin