Serve meno religione e più fede - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Serve meno religione e più fede
6° Domenica di Pasqua anno C
(At.15,1-2.22-29;sal.66;Ap.21.10-14-22a;Gv.14,23-29)

Nel brano evangelico di  oggi c’è una frase che dà il tema a tutto. “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Si tratta della presenza di Dio nella vita del credente e della comunità. Ed è, senza dubbio, uno dei temi cardini della nostra stessa vita e di ogni esperienza religiosa. Il bisogno del rapporto con Dio, spesso surrogato nella società odierna con le più svariate esperienze, resta il cuore della vita di ogni uomo. E il Vangelo è la risposta radicale a tale bisogno. L'affermazione di Gesù è chiara: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (v. 23). Pertanto, il luogo della presenza di Dio (qui risiede la straordinarietà del cristianesimo!) è il cuore di chi ascolta e mette in pratica il Vangelo. Per incontrare Dio - viene a dirci il Vangelo di questa domenica - non abbiamo bisogno né di miracoli, né di visioni straordinarie e neppure di rivelazioni nuove. Il Vangelo ci basta! Giovanni, nella sua prima lettera, afferma: "Chi osserva la parola di Gesù, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto" (1 Gv 2,5); e Gesù stesso dice con solennità: "In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno" (Gv 8,51).Il Vangelo è la perfezione della vita, potremmo dire che innanzitutto è l’umanizzazione della nostra vita: non c’è di meglio! Il Vangelo non divide gli uomini in perfetti o imperfetti a seconda delle varie appartenenze. L'unica divisione passa nel cuore di ognuno, quando osserva o non osserva il Vangelo. Qualcuno potrebbe ribattere che sono ormai più di duemila anni che lo si ascolta e poco o nulla è cambiato. E’ cambiato il Vangelo o è cambiato il cuore dell’uomo, sempre più legato e schiavizzato dagli idoli, divenuto incapace e meno disponibile ad accogliere la proposta di amore racchiusa nell’evangelo e che potrebbe operare una vera e propria pulizia del cuore se non una rivoluzione di esso? Un'antica leggenda racconta che san Giovanni evangelista, vecchio e ormai sul suo letto di morte, continuava a mormorare: "Figli miei, amatevi gli uni gli altri, amatevi gli uni gli altri...". Questo testamento di Gesù, che egli ci ha trasmesso, era per lui molto importante. E, certamente, questo amore non era facile nemmeno in quei tempi. Non è mai così necessario parlare d'amore come là dove non ce n'è. È la stessa cosa che succede per la pace: non si è mai parlato tanto di pace come oggi, e intanto si continua a fare la guerra in moltissimi luoghi. Ma, proprio su questo punto, il Vangelo di Giovanni pone un'importante distinzione: c'è una pace di Gesù e un'altra pace, data dal mondo. San Giovanni attira la nostra attenzione sul fatto che noi non dobbiamo lasciarci accecare dalle parole, dobbiamo tenere conto soprattutto dello spiritocon il  quale esse sono dette. E lo Spirito Santo, che noi dobbiamo sempre invocare prima di accostarci alla Parola, ci apre alla verità tutta intera di essa insegnandoci anche a penetrare il senso della parola di Dio che è essenzialmente dialogo d’amore. Qui, forse, sta la distinzione tra religione e fede. La persona davvero religiosa, non  può che crescere in una esistenza sempre più ricca d’amore, perchè il nucleo che la racchiude è la “fede”, ossia la  inabitazione di Dio in lui, come ci ricorda molto bene oggi Giovanni. Per cui “Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”(Gc. 1,27) Gesù ci ha testimoniato direttamente il Padre senza ricorrere a tutti gli… “ambaradàn” che appesantiscono il credere. La religione spesso si esprime attraverso riti, liturgie, norme, sanzioni, purificazioni: tutti comportamenti ed atteggiamenti sul piano del "fare" assolutamente sconosciuti nel modo di vivere del Cristo. Egli non ha affatto abolito la tradizione, anzi l'ha osservata fedelmente ed ha insegnato ai suoi discepoli a fare altrettanto, ma l'ha liberata da tutte le incrostazioni ed i fariseismi che la svuotavano ed appesantivano per trasformarla in un contatto spirituale intimo che attrae fino a diventare irrinunciabile desiderio di relazione e di imitazione. La fede autentica, come la città di cui parla l'Apocalisse nella seconda lettura, "non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello".(Ap.21,23) Anche una liturgia solenne, se non è radicata in una comunità che ama, è inutile sfoggio di gargarismi gradevoli all'udito o di evoluzioni sincronizzate belle da vedere, ma inutili a cementare nuovi rapporti nella carità. Tutte le volte che la religione lascia credere che liturgie, riti, sacralità, norme, disposizioni, documenti, sottomissione all'autorità siano doveri primari, relegando fratelli e sorelle in secondo piano, umilia la vera fede e rinnega il Cristo che ci ha insegnato che "chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1 Gv 4,20).


Don Roberto Zambolin


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