Seconda lettera di Giovanni
Come la successiva terza lettera, anche questo scritto rimanda a un non meglio precisato "presbitero", che la tradizione identificherà con l'evangelista Giovanni. Siamo in presenza di una breve missiva indirizzata a una Chiesa locale dell'Asia Minore, chiamata in modo curioso "Signora eletta", un termine che non permette un'identificazione più precisa, ma in uso presso le prime comunità.
Nella linea di certe pagine del quarto vangelo, si propone innanzitutto il "comandamento nuovo" che è stato affidato da Gesù, nelle ultime ore della sua vita terrena, ai suoi discepoli riuniti nel Cenacolo, cioè "che ci amiamo gli uni gli altri" (versetto 5). E, come è noto, questo è il precetto fondamentale che già era stato intensamente ribadito dalla prima lettera di Giovanni.
C'è, però, un secondo tema che domina questo breve scritto e che è specchio di una cris Profonda della comunità cristiana a cui il "presbitero" si rivolge. Infatti, sta diffondendosi la negazione dell'incarnazione di Cristo. I "seduttori" che sconvolgono la "Signora eletta" - si afferma nel versetto 7 - "non confessano che Gesù Cristo è venuto nella carne", rinnegando così una dottrina fondamentale.
Questa tentazione demoniaca, che proviene dall'anticristo, nasce da quella che verrà poi chiamata 1"'eresia gnostica': essa esalta la conoscenza pura dell'anima ed esclude l'umiliazione del Verbo divino nella carne umana, misera e fragile. In questo modo si nega il mistero centrale del cristianesimo che il "presbitero" vuole, invece, con forza riaffermare, per riportare la Chiesa alla purezza della sua fede.