LETTURE PATRISTICHE - Tempo Ordinario
Dal «Trattato sulla prima lettera di san Giovanni» di sant'Agostino, vescovo
(VII, 1. 7. 9; PL 35, 2029. 2032. 2033. 2034)
Se non volete morire bevete la carità
Questo
mondo appare a tutti i fedeli, che sono in cammino verso la patria,
come appariva il deserto al popolo d'Israele. Se ne andavano vagabondi
alla ricerca della patria; ma non potevano smarrirsi perché erano sotto
la guida di Dio.
La strada per loro fu il comando di Dio.
Furono
raminghi per quarant'anni, ma il loro viaggio si sarebbe potuto
compiere in pochissime tappe, tutti lo sappiamo. Veniva rallentata la
loro marcia, perché erano messi alla prova, non perché fossero
abbandonati.
Quello che Dio ci promette, è una dolcezza
ineffabile, un bene, come dice la Scrittura e come sovente udiste dalle
nostre parole, che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in
cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9; Is 64, 4).
Siamo messi alla prova
dagli affanni terreni e riceviamo esperienza dalle tentazioni della vita
presente. Ma se non vogliamo morire assetati in questo deserto, beviamo
la carità. È la sorgente che il Signore volle far sgorgare quaggiù,
perché non venissimo meno lungo la strada: ad essa attingeremo con
maggiore abbondanza, quando saremo giunti alla patria.
«In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi» (1 Gv 4, 9).
Siamo
esortati ad amare Dio. Lo potremmo amare, se egli non ci avesse amati
per primo? Se fummo pigri nell'intraprendere l'amore, non siamo pigri
nel ricambiare l'amore! Egli ci ha amato per primo e in un modo tale
come neppure noi sappiamo amare noi stessi.
Amò dei peccatori, ma
tolse il loro peccato: sì, amò dei peccatori, ma non li radunò in una
comunità di peccato. Amò degli ammalati, ma li visitò per guarirli.
«Dio,
dunque, è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio
ha mandato il suo Unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la
vita per lui» (1 Gv 4, 8. 9).
Allo stesso modo il Signore disse:
«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri
amici» (Gv 15, 13); e, in quella circostanza, fu verificato l'amore di
Cristo verso di noi, perché egli morì per noi.
Ma l'amore del
Padre verso di noi, in quale cosa ebbe la sua verifica? Nel fatto che
mandò l'unico suo Figlio a morire per noi. L'Apostolo dice appunto:
«Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti
noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8, 32).
«Egli
ha mandato il suo Figlio, come vittima di espiazione per i nostri
peccati» (1 Gv 4, 10), quindi come espiatore, come sacrificatore. Offrì
un sacrificio per i nostri peccati. Dove trovò l'offerta, dove trovò la
vittima pura che voleva immolare? Non trovò altri all'infuori di sé, e
si offerse.
«Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1 Gv 4, 11).
Però,
fratelli miei, quando parliamo di carità vicendevole dobbiamo guardarci
dall'identificarla con la pusillanimità o con un'inerte passività.
Avere la carità non significa certo essere imbelli e corrivi. Non
pensate che la carità possa esistere senza una certa bontà o addirittura
senza alcuna bontà. La carità autentica non è certo questo.
Non
credere di amare il tuo domestico unicamente per il fatto che gli
risparmi la meritata punizione, o che vuoi bene a tuo figlio solo perché
lo lasci in balìa di se stesso, o che porti amore al prossimo solo
perché non gli fai nessuna correzione. Questa non è carità, ma mollezza.
La
carità è una forza che sollecita a correggere ed elevare gli altri. La
carità si diletta della buona condotta e si sforza di emendare quella
cattiva. Non amare l'errore, ma l'uomo. L'uomo è da Dio, l'errore
dall'uomo. Ama ciò che ha fatto Dio, non ciò che ha fatto l'uomo. Se ami
veramente l'uomo lo correggi. Anche se talvolta devi mostrarti alquanto
duro, fallo proprio per amore del maggior bene del prossimo.