Saremo giudicati sull’amore
( Ez. 34, 11-12.15-17; sal. 22;1Cor.15,20-26.28;Mt. 25,31-46)
XXXIV settimana del tempo ordinario
SOLENNITA’ DI GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO
“La creazione stessa geme e soffre nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”( Rm. 8,22-23). Tutto il mondo con la sua storia, con il suo gioire e con il suo sperare, con le sue fatiche e i suoi desideri di bene, con le sue contraddizioni e i suoi sforzi per essere più vivibile e più ricco d’amore, non è altro che un’ attesa e un desiderio profondo di Colui che, solo, può ricapitolare in sé tutte le cose, vincendo il male, la sofferenza, l’ingiustizia, la stessa morte: Gesù Cristo. La nostra speranza è riposta nel Signore; e con Lui e in Lui, parteciperemo alla stessa gloria. La festa di Cristo re dell’universo anche se ci propone come meta del nostro viaggio esistenziale la risurrezione in Cristo e la pienezza in ciascuno di noi dell’amore di Dio, è lontana da ogni forma di trionfalismo. Il re di cui oggi viene presentata la gloria è un re che ha come trono la croce, come regalità i segni del servizio verso le pecore smarrite, ferite, perdute e malate.( Ez.34,16 e ss.) E’ un re che muore per amore. Possiamo dire, quasi un paradosso, che il trionfo dell’amore è possibile solo attraverso il trionfo della morte del proprio io, del nostro egoismo, del pensare unicamente a se stessi e al proprio benessere, per far spazio all’umiltà, alla semplicità, all’attenzione verso gli altri, all’accoglienza verso le persone più povere e bisognose. Amare è realizzare se stessi attraverso il dono di sé ai fratelli. Ogni cristiano che voglia collaborare alla missione di salvezza di Cristo, si deve aprire alla consapevolezza di un cammino d’amore che progredisce e viene verificato a partire dal fallimento, dal dolore, dalle difficoltà. Ma, ci consola il fatto che questa è stata anche la strada di Gesù, che dalla morte nasce la vita, che la meta è la santità nostra e degli altri, che uniti a Cristo buon pastore non temeremo alcun male. Il suo bastone e il suo vincastro , infatti, ci danno sicurezza.(salmo 22) Che cosa dobbiamo fare, pertanto, in attesa dell’incontro definitivo con Gesù, per essere certi di condividerne la gloria? Non tutti, per vocazione, siamo chiamati ad amarlo nei più poveri, non tutti siamo chiamati a seguire l’esempio di Madre Teresa. Tuttavia, ognuno di noi è chiamato a vedere Cristo nel volto del fratello, in ogni fratello, quale pieno compimento della propria fede. Se tutto osserviamo e viviamo nella semplicità dell’amore, ogni gesto, anche piccolo acquista un grande significato, è un gesto sacro: anche il più quotidiano, forse il più dovuto. Non risulta allora banale e scontato preparare il pranzo, offrirlo ai familiari, aiutare i più piccoli a vestirsi, lavare un anziano infermo… “Quando noi ti abbiamo veduto, Signore?” Sì, Gesù è presente anzitutto nel più piccolo e nel più prossimo e tutto l’amore che concretamente ogni giorno siamo stati capaci di donare, ci consentirà di essere degni dell’invito di Gesù: “ Venite benedetti dal Padre mio”. Purtroppo pochi, neppure la società civile che pure lo dovrebbe, accetta di rendere questi servizi agli ultimi. Cristo si è incarnato perché ha preso sul serio la condizione di tutti gli uomini e di ogni uomo. E noi? Tuttavia non conterà di meno l’amore che abbiamo ricevuto, poiché incontriamo Gesù sia nel provvedere ai bisogni del fratello, ma anche nel gesto di tenerezza del fratello nei nostri confronti. Occorre imparare ad amare e a lasciarsi amare, a donare anche agli altri la possibilità di riconoscere Gesù in noi. E’, infatti, nella reciprocità dell’amore che il mondo riconoscerà che noi siamo discepoli del Maestro. In questo modo si manifesta l’amore di Dio nel mondo: trasformando le nostre relazioni quotidiane, in relazioni ricche d’amore. In famiglia, particolarmente, la reciprocità dell’amore genera una gioia speciale, una luce inconfondibile, che permette di affrontare anche i momenti più difficili, svelandoci da ora il traguardo gioioso che ci attende: l’amore di Dio che sarà tutto in tutti.(1Cor.15,28) E quando manca tale reciprocità? Niente va perduto dell’amore donato con gratuità: l’amore, quello vero, non rimane senza risposta, anche se i tempi e i modi non sono sempre quelli che vorremmo. L’amore non avrà mai fine, perché Dio è amore e la gloria di Dio, in Cristo, è la manifestazione piena del suo amore. Quando e come Lui vorrà, noi, suo popolo, e tutta l’umanità, saremo riuniti nel suo amore. Ci piace pensare che saranno pochi (nessuno?) coloro che si chiuderanno con estrema determinazione e consapevolezza, nella loro totale incapacità di relazionarsi attraverso l’amore e con l’Amore, ben raffigurata “ nello stridore dei denti”, rimanendo in eterno nella loro incapacità di donare e ricevere amore. Certo: è impossibile per noi sondare in profondità il mistero della misericordia di Dio e la potenza della salvezza operata in Gesù Cristo, re dell’universo, Signore glorioso, vincitore sul male e sulla morte. E’ da ritenere, infatti, che fino all’ultimo istante della nostra vita il Signore non cesserà di amarci e di usarci misericordia.