Rimettere a posto le cose - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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RIMETTERE A POSTO LE COSE
( Is. 45,1.4-6 ;sal.95; 1Ts.1,1-5b; Mt.22,15-21)
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

“E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”(Mt.22,17). Questa espressione che leggiamo nel Vangelo di oggi, peraltro conosciuta e da molti ripetuta, è una di quelle che interpretiamo un po’ a modo nostro, secondo la nostra sensibilità personale o secondo anche il dibattito culturale contemporaneo. Così, molti, la tirano in ballo per giustificare che non è lecito pagare le tasse verso uno stato ritenuto economicamente ingiusto; altri affermano che Cristo ha voluto ben precisare i confini tra potere politico e potere religioso, altri, infine, argomentano che tale espressione evangelica si addice a quanto oggi da tante parti si sostiene: “ Libera chiesa in libero Stato”. Purtroppo, la tendenza ad utilizzare il Vangelo per sostenere e confermare i propri punti di vista, è sempre stata una tentazione per tutti, laici e cattolici. Credo che Gesù, del resto, non avesse la benché minima intenzione di intavolare un dibattito del genere con i farisei, ai quali, a loro volta non passava neanche per l’anticamera del cervello di instaurare un dialogo con Gesù sul rapporto tra potere politico e potere religioso. La situazione sociale e politica di allora, del resto, non è né uguale né simile a quella di oggi. D’altra parte, Gesù, di “ingerenze” su questioni sociali ne ha fatte nella sua vita, perché, e questo va detto chiaramente, il Vangelo deve essere lievito nella pasta, deve seguire il criterio della incarnazione, per cui non può non avere una valenza sociale. Cristo si propone come modello di vita e di umanità non solo per chi lo vuole seguire più da vicino, ma per quanti intendono portare avanti rapporti sociali improntati a rispetto, giustizia e carità. Cristo,però, non è solo questo, e la radice del Vangelo non è innanzitutto ideologica o umanitaria, ma teologica, spirituale. Non vuole dirci come organizzare la vita, l’esistenza, ma quale senso darne. Certo: egli, suo malgrado, è diventato un caso politico, ed è stato eliminato proprio da un accordo tra potere politico e potere religioso. Volesse il cielo che oggi, anche i cristiani, diventassero un caso…politico, ma non a livello di schieramento politico, né legislativo, ma avessero una tale capacità di testimonianza, da cambiare il mondo non tanto con le leggi ( tentativo sempre molto mal riuscito o fallito…) ma per contagio, voglio dire con la forza della loro testimonianza. Infatti, se ci pensiamo bene, nell’episodio della donna adultera, Gesù non si è messo a disquisire sul divorzio in tutti i suoi aspetti, ma ha puntato a ben altro…Ha chiesto a tutti di farsi un esame di coscienza collettivo, e di mettersi ciascuno, sinceramente, con la propria vita, di fronte a Dio. Così anche qui. I farisei ci provano spesso a mettere in difficoltà Gesù. Il contesto, oltretutto, è particolare: da una parte un potere straniero immenso, quello romano, che ha invaso e conquistato con la forza una nazione, dall’altra parte un popolo sottomesso, senza più speranza, con guide spirituali e religiose alquanto discutibili, e molto interessate a pascere se stesse. Altro che rispetto fra dialogo politico e religioso! In quel contesto ognuno faceva i fatti propri, cercando di non darsi fastidio a vicenda, cercando di non irritare l’altro… Alla domanda dei farisei, Gesù non risponde in maniera diretta, argomentando sulla liceità di pagare le tasse, non si schiera, ma, come è suo solito, va al cuore del problema, rompe cioè gli schieramenti. Lui risponde con una risposta vera: “ Rendete, dunque, a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Ma che cosa c’è che non sia di Dio? Come dire: ricordatevi che niente è veramente vostro, e che Dio solo è la ragione di tutto. “In Lui noi esistiamo, viviamo e siamo”(Atti ) Ecco, allora, il senso,la vera domanda di Gesù, posta a tutti : ma che posto occupa Dio nella vostra vita? Orientate tutto a Lui ? O è Cesare ( il potere, la forza,la ricchezza e quant’altro…) a fare la parte del leone? Siamo del mondo o siamo nel mondo? Dove è il vostro cuore? A che cosa siete effettivamente e affettivamente legati? Dove è riposta la vostra speranza? Quindi, senza addentrarsi sulle questioni fra stato e chiesa, fra cristiani e politica, ci pare invece di dover sottolineare questo richiamo di Gesù a rimettere le cose al giusto posto!. Sì, noi non siamo padroni di niente! Tanto meno della nostra vita. Questo vale per tutte le cose, per quelle di Cesare e per quelle di Dio. “ Rendete dunque a Cesare….”: certo, vivendo in questo mondo, riceviamo tanto e da tutti. Riceviamo in qualità di vita, in cultura, in salute, in formazione, in affetti e altro. Per cui, abitare la città degli uomini ha il suo debito verso gli altri che l’hanno costruita e affidata anche a noi.. Il compito di ciascuno è anche di restituire in intelligenza, capacità di collaborazione e anche, perché no?, in giusto denaro perchè il futuro sia possibile e realizzabile. “…e a Dio quello che è di Dio”: la nostra esistenza è un dono: veniamo da Dio nella terra degli uomini, a Dio torneremo. Dare a Dio significa restituire a Lui tutto quello che siamo perché da Lui l’abbiamo ricevuto. Vivere per Dio in questo nostro tempo presente, non ci distoglie dall’osservanza delle leggi e dall’obbedienza alle autorità sia civili che religiose legittimamente costituite. Rimettere le cose al proprio posto vuol dire che, con la maturità della fede, ciascuno scopre che deve rendere a Dio niente altro che se stesso, tutto se stesso, ciò che è e ciò che fa, non perché ci sia un dovere di restituzione, ma perché l’unica moneta che noi abbiamo è quella nella quale è impresso il suo volto.


Don Roberto Zambolin


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