Quella strana voglia di infinito
Ascensione del Signore anno C
(At.1,1-11; sal.46; Eb.9,24-28;19,19-23;Lc.24,46-53)
“Signore, Tu ci hai fatti per Te. E il nostro cuore è inquieto finchè non riposa in te”. Queste sono parole di S.Agostino, un uomo che non ha mai smesso di cercare la verità, il senso della vita, dove siamo diretti; di interrogarsi su dove stia la pienezza della pace e della gioia. Davvero bisogna essere ‘morti dentro’, per non sentire la voglia del Cielo, di quella felicità, che è la sola ‘aria respirabile’, per il cuore di ogni uomo.“Eppure l’universo non è chiuso - scriveva Paolo VI - ma è aperto ad una immensa aspirazione verso la pienezza, alla quale è sospeso tutto il suo avvenire. La sentiranno questa consolazione quelli a cui la terra non ha dato la felicità, e siamo noi tutti. Quelli specialmente i cui desideri furono ingiustamente delusi, quelli che sperarono invano il loro pane, la loro pace, il loro onore, il loro amore. Le Beatitudini del Vangelo sono per i poveri, i piangenti, gli umiliati, gli infelici. La speranza cristiana - che viene da Gesù asceso in cielo - è il grande conforto per il dolore del mondo. Guai a quelli che la spengono nel cuore del popolo che lavora e che soffre. La speranza cristiana è la grande certezza per coloro che combattono per un giusto ideale: suscita i poeti, i grandi ideali, i martiri, i santi, la speranza cristiana. Essa è la garanzia che compensa coloro che vivono senza godere e muoiono senza avere abbastanza vissuto: è il domani beato per chi non ha avuto il suo oggi completo.” Chi di noi, come gli Apostoli, per la fede che vive, ha sempre lo sguardo fisso in cielo, anche se deve attraversare questa ‘valle di lacrime’, mai è turbato e ha sempre un sorriso negli occhi: il sorriso di chi ‘attende’ il grande giorno della sua stessa ascesa in cielo. Fa impressione ed amarezza, invece, oggi, vedere tanta gente smarrita, che non ha più tempo di alzare gli occhi, ma rincorre sogni di questa terra, che sempre sfumano e, a volte, diventano incubi.Ho incontrato tempo fa un giovane africano che, osservando la fretta con la quale la gente cammina per la strada, mi diceva: “Come è triste la gente che corre, non si parla, non si accorge neppure dei tanti che le stanno vicini. Noi che manchiamo del vostro benessere e, tante volte, conosciamo una povertà ai limiti della miseria, conserviamo gelosamente un dono che voi avete smarrito: quello di conoscerci e volerci bene e fermarci per comunicarci amore”. Non aveva tutti i torti. Facile farsi ‘divorare’ dalle cose da fare, che è l’altra faccia del consumismo, che concede poco o nessun spazio al bello dello stare insieme e tanto meno alla gioia di alzare gli occhi al cielo, in attesa di ascendervi anche noi. Ho un amico, che da giovane era povero e apparteneva ad una famiglia numerosa, dove regnava amore e gioia. Poi si è fatto ricco. Si era costruito una bella villa, con vasto parco e, per cautelarsi dalle facili rapine, aveva cinto tutto con un gran muro e con tante telecamere. Viveva con la moglie e un figlio. Molte notti, sentendo i racconti di tante rapine, più che dormire aveva gli occhi fissi sulle telecamere. “Una vita infernale - mi diceva - che mi fa ricordare e desiderare il sogno della vita da piccolo: povero, con tanti fratelli, e felice”. Gli capitò l’occasione di recarsi in Gana, presso una missione. Ci era andato per fare compagnia ad un missionario. Lì trovò, nella semplicità e nella sofferenza, quella amicizia, quella gioia che era altra cosa dalla prigione dei suoi beni. Tornò a casa sconvolto. E decise che ogni anno avrebbe fatto partecipe dei suoi beni la missione. Ma siamo capaci noi di vivere con i piedi a terra, il cuore staccato dalle false speranze del mondo e gli occhi fissi al Cielo? A Lourdes, la sera, durante la stupenda processione al lume di candele, detta dei flambeaux, tanta gente canta:: “Andrò a vederla un dì!”. È la voglia di Paradiso che prende tutti, non solo lì, ma in tanti momenti della vita, quando sentiamo che ci soffoca la stoltezza del mondo in cui viviamo, che non conosce la gioia della speranza. È l’ora di alzare, come gli apostoli, gli occhi al cielo e fissare Gesù che va a prepararci un posto accanto al Padre. Ma non possiamo fermarci a questa malinconia e nostalgia, noi che abbiamo, come gli apostoli, la missione di testimoniare la speranza del Cielo. Facciamo nostri i sentimenti espressi dalle parole di Madre Teresa di Calcutta: “Gesù mio, aiutami a diffondere la tua fragranza ovunque io vada. Infondi il tuo Spirito nella mia anima e riempila del tuo amore, affinché penetri nel mio cuore in modo così completo, che tutta la mia vita possa essere fragranza e amore, trasmesso tramite me e visto in me, e ogni anima con cui vengo in contatto possa sentire la Tua Presenza nella mia anima e poi guardare in su e non vedere più me, ma Te. Resta con me e io comincerò a brillare della Tua Luce. La Luce, Signore, sarà la Tua, non verrà da me. Sarà la Tua Luce che brilla attraverso me. Lasciami predicare senza predicare, non con le parole ma con l’esempio”.