Quando la fede diventa un rischio
2° Domenica di Quaresima anno A
(Gen.12,1-4a; sal.32; 2Tm.1,8b-10; Mt.17,1-9)
Una delle tante persone amiche con le quali sono in contatto, mi scrive questa e-mail: “Carissimo p.Roberto, ogni domenica tu ci inviti ad un ottimismo che è proprio del Vangelo. Ma, a volte, ho l’impressione che tu viva in un altro mondo e che non ti accorgi che ‘stiamo veramente male’. Cerco disperatamente la ragione del nostro vivere quasi preferendo ciò che ci fa tanto male. Comprendo che ‘convertirsi’, ossia cambiare totalmente vita - e lo trovo necessario - sarebbe la saggezza di un popolo che ama la gioia. Giustamente, per te, ‘convertirsi’ è incamminarsi seguendo Gesù: una scelta propria di ‘chi sa usare le due ali per volare: la nostra e quella che Dio ci presta’, cioè la sua grazia, il suo Amore. Lo penso, e a volte mi verrebbe la voglia di prendere a calci la maschera che il mondo ha stampato sull’anima, facendoci credere che la vita è un carnevale. Ma ti sembra tanto facile togliersi quella maschera e dare vita alle due ali? Farlo da soli sembrerebbe una pazzia agli occhi della gente; bisognerebbe essere ‘insieme’ e, guardandomi attorno sembra sia piccolo lo spazio che il mondo ti riserva per volare, uscendo da noi stessi. Ma in questa Quaresima ci voglio provare. Dammi una mano con la tua parola, la tua amicizia, in modo da sentirsi insieme nel prendere il volo”. Lascio che a rispondere a questo mio amico sia il racconto di Abramo, nostro padre nella fede e quindi credibile.“In quei giorni, il Signore disse ad Abràm:” Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che Io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò; renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra. Allora Abràm partì, come gli aveva ordinato il Signore” (Gen 12, 1-4).Sappiamo tutti che Abramo non conosceva Dio e il Suo amore, come noi oggi abbiamo la possibilità di conoscere attraverso la Sacra Scrittura. Abramo viene da una famiglia che serviva falsi dei, come testimonia il libro di Giosuè: “Nei tempi antichi i vostri padri, tra cui Terach, padre di Abramo e padre di Nacor, abitavano oltre il Fiume. Essi servivano altri dèi” (Gio.24,2). Dal punto di vista delle sue origini familiari, egli non ha nulla che lo predisponga a diventare l’eletto di Dio. La sua gente è idolatrica. La vicenda di Abramo ci fa capire che la fede non si trasmette in modo ereditario: si può arrivare alla fede da qualunque punto di partenza, ognuno pagando il proprio prezzo, vivendo il proprio amore, soffrendo la propria avventura. L’incontro con Dio è sempre frutto di grazia e di libertà! Esso, poi, può avvenire in ogni stagione della vita. Secondo il racconto di Genesi 12, la storia vera e propria della fede di Abramo comincia quando egli aveva 75 anni! Nessun presupposto è assolutamente necessario, se non l’onestà di mettersi in gioco con Dio. Abramo non è un eroe, ha anzi le paure che abbiamo tutti, in particolare quella della morte. Ma dentro di lui c’era un grande spazio per Dio, per la Sua Legge e una grande generosità che nasceva da un sogno: quello di “dare la vita” anche da vecchio, di generare dei figli, di sentirsi vivo perché capace di amare, di rischiare l’amore. E chi ama rischia, sempre. L’amore è un viaggio in cui si cade, ci si rialza, si suda, a volte ci si siede, a volte si sperimenta stanchezza e aridità, a volte entusiasmo e voglia di crescere. L’amore è vita. Quando poi si ama per fede, allora ci si butta davvero in una avventura e ci si abbandona a Dio in tutto, che moltiplica la tua capacità di amare. “Diventerai Padre di una moltitudine e io ti benedirò”. Ecco: a chi si fida di Dio, a chi crede in Lui fino a consegnarGli tutto, passato, presente e futuro, come ha fatto Abramo, Dio non promette una vita facile, un paese sicuro, un possesso certo,(come il mio amico avrebbe desiderato…) ma che altri diventeranno felici per mezzo di lui. Per questo Abramo è padre di una moltitudine: nell’abbandono fiducioso al Signore è diventato padre nella fede e nell’amore. E questa è la felicità di chi ama veramente: non tanto cercare amore per sé, ma darlo agli altri, generare le persone all’amore, nell’amore, e con amore! E’ dando amore ai fratelli che il desiderio di amore per sè si moltiplica. Ma questo implica morire a se stessi, perché gli altri abbiano la vita. Solo morendo, si genera, come Gesù. Chi non ha conosciuto la sofferenza non sa che cosa è l’amore, perché solo chi ama soffre davvero. Avvicinandosi i giorni della Sua passione e morte, Gesù sapeva che, per i suoi, era un rompere i disegni di poveri uomini chiusi nelle loro sicurezze e certezze, per poi proiettarli in una grande vocazione che richiede un amore smisurato: essere i continuatori della sua Opera fino al martirio. Seguire Gesù: quanta fede e quanto amore comporta! Per questo Gesù vuole sostenerli ed incoraggiarli quasi facendo contemplare loro, sul monte Tabor,dove conduce una vita che si consuma per amore: alla trasfigurazione degli altri e di se stessi, alla contemplazione del volto del Dio Amore, al pieno compimento dei desideri del cuore umano, a quella terra promessa nella quale finalmente troviamo riposo dopo le fatiche del viaggio e i sudori del cuore