Piedi a terra e occhi al cielo - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Piedi a terra e occhi al cielo
1° Domenica di Avvento anno C
(Ger.33,14-16; sal.24; 1Ts.3,12-4,2; Lc.21,25-28.34-36)


Il tempo di Avvento ci fa fare, quasi, un tuffo nel nostro futuro e guardando avanti ci  prepara all’incontro con il Signore al termine della nostra vita. Tutta la nostra esistenza deve essere un Avvento, un tempo di attesa che noi viviamo non passivamente, ma crescendo da cristiani adulti e nelle opere di bene, aspettando il ritorno del Signore per stare sempre con Lui. Al cuore delle tre letture bibliche, di oggi vi è proprio la prospettiva ultima della nostra vita: questa illumina di luce particolare, nel testo di Geremia, la fede, cioè la fiducia nel compimento delle promesse di Dio; nella seconda lettura la carità, in cui tutti i credenti sono chiamati a crescere; e nel vangelo la speranza della venuta del Signore che i cristiani nutrono anche di fronte a eventi catastrofici e di contraddizione. Le virtù della fede, della speranza e della carità, sono l’olio che dobbiamo mettere nella lampada della nostra vita per andare incontro allo Sposo.(Mt.25,1) Il brano dell’Antico Testamento (prima lettura) e quello del vangelo, in particolare, ci chiedono di  discernere come la Salvezza si avvicina in mezzo a tribolazioni e a situazioni della vita. I travagli del mondo, sono pensati come i travagli del parto dal quale nascono cieli nuovi e terra nuova. Un cielo nuovo e una terra nuova che noi possiamo, anzi dobbiamo costruire qui, in questo mondo, fin d’ora, perché il Signore, per questo, non ci farà mai mancare la forza e la luce che vengono dalla sua Parola. Eventi catastrofici nella natura e nella storia, in cielo e in terra, che saranno motivo di angoscia e smarrimento, di attesa ansiosa, di paura e morte per tanti uomini, per i credenti potranno essere il segno dell’avvicinarsi della salvezza. "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina"Lc.21,28). Alzare il capo significa anche "alzare gli occhi" e vedere ciò che a molti resta invisibile: la salvezza che avanza tra le tribolazioni storiche, il Regno che emerge da dietro le macerie della storia, la promessa del Signore che resta salda anche nell’accumularsi delle rovine "sulla terra" (Lc.21,25). Nessun pessimismo, nessun far coincidere le catastrofi naturali e storiche, per quanto devastanti, con la fine del mondo, ma anche nessuna alienazione; piedi ben saldi a terra;, nessuna fuga dai dolori del reale per rifugiarsi in una visione spiritualistica o ingenuamente ottimista della vita. La vita è quella che è, come gli uomini sono quelli che sono. Ma lo Spirito di Dio aleggia…anche su ciò che è deserto e informe.(Gen.1,2) Del resto, per Luca non solo gli "uomini", cioè "i non-credenti", sono sottomessi al rischio di essere soverchiati, schiacciati dagli eventi che devono succedere, ma anche i credenti se non veglieranno e non pregheranno. Vegliare accompagnati dalla luce del "testo sacro" che ci indica la via e illumina i nostri passi e pregare  per sentirci figli di un Padre che immensamente ci ama, sono essenziali per attendere con serenità gli ultimi giorni del nostro destino sulla terra e coltivare la speranza. (Lc.21,34) Vigilare significa dunque lottare positivamente contro l’angoscia (v. 25) perché non prevalga in momenti particolarmente duri della nostra esistenza; contro il rischio di finire in balia di paure, fantasmi e credenze che ci agiscono dentro e fuori, che ci tormentano e inquietano il nostro futuro. Significa non cadere nello smarrimento, nel disorientamento, dunque non perdere il cammino, non essere spiazzati dagli eventi che accadono; significa ritrovare forza e coraggio che impediscono alla paura di paralizzarci e di condurci alla morte (v. 26: "moriranno di paura"); significa nutrire la speranza cristiana, e non nutrire attese angosciate e ansiose (v. 26) La vigilanza tende a impedire  l’appesantimento del cuore (v. 34), il suo indurirsi e attaccarsi eccessivamente alle "cose" che lo conduce a perdere lucidità, il suo rivestire una corazza che lo difenda dalle sofferenze della vita. La vigilanza è lotta contro l’abitudine e la routine, il "tirare a campare" come viene, come capita. In particolare, l’ammonizione mette in guardia dal piacere dei sensi finalizzato alla sola gratificazione di se stessi; "gratificazione" che può venire da un’angoscia che si sfoga negli eccessi del mangiare e del bere, da una paura della morte che viene esorcizzata nelle sfrenatezze sessuali, da un non-senso che si manifesta nelle preoccupazioni ossessive per se stessi. Attendere il Signore nella vigilanza e nella preghiera significa farlo regnare sul nostro oggi e conoscerne dunque la venuta già qui e ora. E significa essere irrobustiti, ricevere forza così da perseverare nelle tribolazioni e nelle prove e discernere in esse l’avvicinarsi della salvezza (v. 36).Preghiera e vigilanza, pongono fin da ora il credente alla presenza di Dio, per cui quel giorno non piomberà loro all’improvviso. Vivendo alla presenza del Signore nell’oggi, il credente si prepara a incontrarlo alla sua venuta. L’inizio dell’Avvento, con il comando di Gesù: "Vegliate e pregate in ogni momento,(Lc.21,36) è occasione offerta al credente per verificare la qualità della sua preghiera e, più radicalmente, se egli prega o meno. E interrogarsi sulla propria preghiera significa interrogarsi sulla propria fede e sulla qualità della propria vita.


Don Roberto Zambolin


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