PERCHE' I PROFETI SONO SCOMODI
Quarta Domenica del Tempo Ordinario
(Ger.1,4-.17-19;salmo 70; 1Cor.12,31-13,13; Lc.4,21-30)
La presenza di Gesù, che nella sinagoga di Nazareth si rivela interprete autentico della Parola di Dio, anzi la sua incarnazione,(Lc.4,21) irrita in modo furibondo gli abitanti di un modesto villaggio, abitato secondo i dati archeologici, da circa 1500 persone, in cui tutti si conoscevano molto bene. “Non è costui il figlio del falegname Giuseppe”?(Lc.4,22) Gesù, subirà proprio partendo da qui, da Nazareth, “dalla città dove era stato allevato”(Lc.4,16), provocazioni, scontri e conflitti che poi sappiamo quale esito abbiano avuto. Anche il povero Geremia, se l’è vista brutta! Infatti “i re di Giuda, i suoi capi, i suoi sacerdoti e il popolo del paese gli muovevano guerra”(Ger.1,18). Ma perché i profeti, di ieri e di oggi, sono così tanto presi di mira, bersagliati e spesso oggetto di violenze, di calunnie e talora anche uccisi? Eppure sono figli del proprio popolo, gente conosciuta, anche stimata per la propria fede e per la propria saggezza. “ Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”(Lc.,4,22a) Perché, allora, gli stessi Nazaretani attentano alla vita di Gesù con una aggressività insospettata? (Lc.4,28) Il primo motivo, forse il più elementare, psicologicamente più influente, è che molto spesso la conoscenza, da anni, della medesima persona può diventare fonte di giudizi e di pregiudizi. “Non è il figlio di Giuseppe?(Lc.4,22b) E’ difficile accettare che il mio compagno di banco, la persona che ho conosciuto fin da piccola, magari se figlia di operai, di contadini o di modesti artigiani possa diventare…profeta, apportatrice di novità, abbia qualche cosa di nuovo da dire, possa essere una persona che ha da insegnare e comunicare qualche cosa di importante. Siamo più pronti ad accogliere il dono di Dio nello straordinario, in una persona che sentiamo predicare la prima volta e che ci lascia con la bocca aperta, oppure nelle suggestioni od emozioni di incontri particolari, più che nella ordinarietà della vita. Una persona ben conosciuta, magari povera e limitata, economicamente disagiata e intellettualmente poco dotata, abbiamo difficoltà ad accettarla come annunciatrice di cose nuove, come presenza profetica, tanto più se la sua famiglia ha umili origini. Occorre molta umiltà per riconoscere la profezia delle persone della porta accanto e moltissima umiltà per lasciarsi evangelizzare dai poveri. Ma vi è un secondo motivo, questo non psicologico, ma cristologico, di fede. La parola di Gesù è portatrice di un giudizio e chiede agli ascoltatori di prendere posizione. La parola che Gesù pronunzia è parola non accomodata, non adattata, non ha come fine di compiacere gli uditori, ma è parola che scomoda gli ascoltatori, e mette in pericolo chi la pronuncia. Forse è anche per questo che oggi i profeti non sono molti: la parola profetica può essere annunciata solo a caro prezzo! Essa ha la forza della verità che fa emergere ciò che abita nel cuore dei destinatari: meraviglia e ammirazione finche viene percepita come innocua e addomesticabile, odio e rigetto non appena mette in discussione le certezze e le sicurezze o i privilegi di cui si gode. La parola di Cristo fa uscire dai propri gusci: dalle proprie città, dalle proprie case, dai propri gruppi, da tutto ciò che rischia di rinchiuderci nel caldo e nel tranquillo delle nostre appartenenze. “ Ciò che hai fatto a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”(Lc.4,23) Gesù non è Nazareth, Gesù è il mondo intero.. Dovremmo, noi cristiani, cattolici, chiederci che cosa significa essere battezzati, cresimati, celebrare l’Eucaristia, avere un vescovo, un Papa, un parroco, insomma, appartenere alla Chiesa: siamo veramente universali? Aperti, nei pensieri, nelle parole, nel modo di percepire la missione, ad una dimensione ecclesiale che va oltre l’appartenenza ad una comunità, ad un gruppo, ad una parrocchia? I veri profeti, poi, sono riconoscibili dalla fede che professano: in modo umile, ma schietto, mite ma forte; è fede accompagnata da parole chiare, poche per la verità, ma pesate, e da molti silenzi, perché i veri profeti parlano con la vita; si esprimono con un linguaggio talora molto sferzante, ma mai offensivo e soprattutto unito a molta misericordia, accompagnato da robusti segni di carità per i deboli e i poveri. I veri profeti hanno il cuore di Dio: non si fermano solo all’amore per i vicini, ma guardano anche ai lontani, a tutti, a chi è solo ed emarginato in particolare. Questi profeti sono vera “parola di Gesù nell’oggi”, e come quella del Maestro sono anch’essi “segno di contraddizione affinché siano svelati i segreti di molti cuori”(Lc.2,34-35) Riconosciamolo apertamente: di questi profeti ne abbiamo davvero tanto bisogno!