Pellegrini sulla terra guardando oltre...
XXXII Domenica del Tempo Ordinario anno C
(2Mac.7,1-2.9-14 salmo16; 2Ts.2,16-3,5; Lc.20,27-38)
La Chiesa italiana, riunita a Convegno a Verona quattro anni, fa si dette un tema, che rispecchia il vero significato della vita come dono di Dio: “Testimoni di Gesù Risorto, Speranza del mondo”, facendoci alzare lo sguardo oltre questa vita terrena, indicando ciò che davvero siamo e saremo: dei risorti. Attorno a questa stupenda verità ci edifica e ci fa riflettere il racconto, veramente drammatico, dei Maccabei, che la Chiesa ci offre oggi nella prima lettura: si tratta del martirio di sette fratelli ebrei, e della loro madre, messi a morte dal re pagano di Siria, Antioco IV, perché vogliono rimanere fedeli alla fede loro trasmessa e fatta propria con convinzione. Il loro coraggio nasce unicamente dalla loro incrollabile fede in Dio che rende giustizia a chi osserva le sue leggi, e li premia non solo con una sopravvivenza ultraterrena, ma anche con la risurrezione del loro corpo. "Il secondo, giunto all'ultimo respiro, disse: Tu scellerato ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna"; "il terzo disse dignitosamente: da Dio ho queste membra, … da lui spero di riaverle di nuovo"; ed il quarto aggiungerà: "ma per te la risurrezione non sarà per la vita". Non si può rimanere indifferenti davanti a questo racconto di vite vissute come dono di Dio e ridonate, restituite, riconsegnate a Lui perché le riempia di vita eterna, di amore perenne. Riesce persino incredibile prendere atto di come troppi vivano senza riflettere e quindi senza riuscire a dare alla vita il suo vero valore di eternità con Dio. C’è troppo disinteresse in giro, troppa incapacità di guardare oltre i piccoli confini della vita sulla terra. Un autore di vita spirituale scrive così: “Pensare senza impegno, vivere senza dovere, godere di ogni sensazione, questa è la nostra tentazione moderna, che ci incanta e ci deprime, ci attrae e ci delude. Manchiamo di fondamentali ideali, anzi si fa professione di non averne e di non volerne alcuno. Abbiamo confuso la libertà con l’indeterminatezza. I cristiani stessi sono spesso lusingati da questa libertà di pensare e di agire, che non ha fondamenti veramente razionali, né tanto meno fondamenti di vita cristiana. Si preferisce talvolta fondare le proprie speranze sulle sabbie mobili dello scetticismo, piuttosto che fondare la costruzione della vita individuale e sociale sulla roccia della Parola di Cristo. Interessi temporali, paure di ogni genere, segrete ambizioni di pensiero e suscettibilità personali e sociali, ci distraggono spesso dalla coerenza e dalla fedeltà all’impegno cristiano che dovrebbe essere il cardine della nostra vita. Il vento del rispetto umano, le ondate dell’opinione pubblica e le suggestioni della moda culturale e pratica fanno di noi canne sbattute, di cui parla il Vangelo”. È grande, credetemi, il pericolo di impostare la propria vita su tanti interessi, che ci assorbono totalmente fino a fare scomparire il vero bene, che è la bellezza donataci da Dio: una bellezza che, se vogliamo, si costruisce ‘qui’, giorno per giorno, tra fatica e fede, speranze e sofferenze, gioie e carità... in attesa della ‘Sua venuta’. Essere ‘pellegrini’ su questa terra, non facendoci ingannare dal falso, che è il mondo, chiede tanta, ma tanta, lucidità di fede, sostenuti da una speranza che sa andare oltre i confini della esperienza e, il tutto, animati da un grande amore verso Dio e i fratelli. Benedetto XVImo, esortava così il meraviglioso mondo giovanile, che si era dato appuntamento a Sidney “Non abbiate paura di preferire le vie alternative indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale, relazioni affettive sincere e pure, un impegno onesto nello studio e nel lavoro, l’interesse profondo per il bene comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente e fuori moda. I vostri coetanei, ma anche gli adulti, specialmente coloro che sembrano lontani dalla mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo. Quella della umiltà non è la via della rinuncia, ma del coraggio; non è l’esito di una sconfitta, ma il risultato di una vittoria dell’amore sull’egoismo e della grazia sul peccato”.Gesù oggi, nel Vangelo, apre uno squarcio su ciò che ci attende dopo la morte…una gioia senza fine che va preparata fin da ora. Facciamo nostra la preghiera del card. J.H. Newman: “Conducimi per mano, Luce di tenerezza, fra il buio che mi accerchia, conducimi per mano. Cupa è la notte e io sono ancora lontano da Casa, conducimi per mano. Un tempo era diverso: non ti invocavo, perché tu mi conducessi per mano. Amavo scegliere e vedere la mia strada, ma adesso conducimi per mano. Amavo il giorno abbagliante, disprezzavo la paura, l’orgoglio dominava il mio cuore: dimentica quegli anni. Ma sempre fu sopra di me la Tua potente benedizione, sono certo che essa mi condurrà per mano, per lande e paludi, per balze e torrenti, finché svanisca la notte e mi sorridano all’alba volti di angeli amati e per un poco smarriti. Ma Tu conducimi per mano”.