Non uccidere la speranza - Il Mondo di Aquila e Priscilla

Vai ai contenuti
Fiumi d'acqua viva...
Non uccidere la speranza
2° Domenica di Avvento anno A
Is. 11,1-10; Salmo 71; Rm. 15,4-9; Mt. 3,1-12

Il messaggio di Giovanni il Battista, è un grande annuncio di speranza:Dio viene a salvare, a liberare il suo popolo, a introdurlo nella vita divina, a purificano più profondamente con il suo amore perché possa diventare come “una sposa pronta per il suo sposo” (Ap. 21,2). Giovanni non è lo sposo che deve venire, ma l’amico dello sposo (Gv. 3,29),“una voce che grida” perché le persone possano accoglierLo degnamente. Ilcompito che lo Sposo ha affidato a Giovanni è talmente grande e nobile, e il modo con cui Giovanni svolgeil suo ministero è cosi libero da ogni forma di esaltazione di sé, diautocompiacimento, di ostentazione, che il Battista merita l’elogio di Gesù steso:“In verità vi dico che tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il battista. MalaSperanza che il Battista annuncia è affidata al nostroimpegno, alla noresponsabilità, alla disponibilità a mettere in questione la nostra vita, sia quella morale che religiosa. In una parola , solo convertendoci alla Parola e a Colui che nella Parola viene annunciato, proclamato e incontrato possiamomantenere viva lasperanza della nostra liberaLa fede non è spirtualismo consolatorio , ingannevole sicurezza sulla base di una appartenenza e di una religiosità solo professata, ma è impegno sempre nuovo e reale a portare “frutti di conver”. Anzi, l'essere figli di Abramo, non è né un privilegio, né una carta di credito, ma un ulteriore motivo per una fede più genuina, più incarnata nella vita. Altrimenti uccidiamo la speranza che,il cambiamento radicale di mentalità (metanoia) viene operato dalla stessa Parola di Dio, che è come una scure posta alla radice della nostra vita.Abbatte l'albero vecchio chenon dà frutto, perché possano spuntare germogli di vita nuova, nuovi stili di vita.
Certamente non c'è da farsi illusioni: quando denuncia situazioni di ingiustizia, diprivilegio, di emarginazione, o presenta un Dio scomodo perché non fatto aimmagine e somiglianza di chi non vuole cambiare nulla di sé e sentirsi comuncon la coscienza apposto, allora il profeta divide e provoca tensioni. E l'evangelista lo mette subito in rilievo, mostrando da una parte il popolo che accorre confessando il proprio peccato e dall'altra i farisei e i sadducei, con i quali entra subito in polemica, perché bloccati sul formalismo religioso, che fiper svuotare la carità, la misericordia, l'accoglienza verso tutti. A chi, oggi, è affidato il compito di non uccidere la speranza? Chi è chiamato a predicare la conversione dei cuore e della vita? Chi deve compiere il lavoro di “Preparare la via del Signore e raddrizzare i suoi sentieri”? (Mt3,3) La Chiesa, innanzitutto. E’ l'amica dello Sposo, anzi è di più: è la Sposa. Ella deve predicare al mon“ascoltino o non ascoltino”(Ez 2,5), che solo da Dio e da nessun altro può venire la salvezza e che questa va preparata da tutti, soprattutto da chi ha compiti di governo nazionale e internazionale: con fatica a volte, facendo ogni sforzo per abbassare i colli e le montagne dell'ingiustizia, della disuguaglianza, dei conflitti fra i popoli; tener viva la speranza non è accumulare per sè, ma faticare con sudore per svellere, asportare, promuovere, assestare, riconciliaconsapevoli che ogni persona è amata da Dio e “comperata a caro prezzo dal sangue di Cristo”(1Cor.7,23) E la Chiesa deve svolgere questa sua Missiosenza trionfalismi, ma con grande umiltà, libertà, essenzialità; infatti anche se Cristo l'ha posta sul monte Sion perché sia luce e forza di attrazione verso di Lui per tutti i popoli, essa rimane comunque il popolo infedele che deve esrichiamato dalle sue terre di schiavitù alla libertà della terra promessa, per strade nuove e diritte che la parola di Dio apre e illumina. E poi ogni cristiano e ognipersona di buona volontà,è chiamata a non far morire la Speranza:usando attenzione e accoglienza, soprattutto per gli ultimi, i poveri, i piccoli (sal. 71). Guai a noi quando andiamo di fretta, non ascoltiamo o peggio sentiamo gli altri, a partire da quelli di casa nostra, come coloro che ostacolano la nostra affermazione e la realizzazione personale, intralciano gli impegni di lavoro, oposcurano le nostre possibilità di carriera e di successo! Cerchiamo di vivenel quotidiano la carità tra noi, con tutte le sue caratteristiche di pazienza, benevolenza, mitezza... (Col. 3,12) Nelle nostre relazioni in famiglia impariamo il coraggio del perdono reciproco per rendere trasparante la novità e la forza della salvezza di Dio. Dobbiamo sottrarci alla tentazione di sentirci giusti perché ci diciamo cristiani e frequentiamo la chiesa. Non siamo migliori dei pubblicai e delle prostitute, se mentre ostentiamo la fede, teniamo nascosti con cura i nostri peccati...Essere cristiani non è una dichiarazione di appartenenza, è una questione di coerenza e di autenticità. Al lavoro, dunque.
Don Roberto Zambolin

Copyright © Il Mondo di Aquila e Priscilla By Salvo Massa
Torna ai contenuti