NOI E I MAGI
EPIFANIA DEL SIGNORE
( Is. 60,1-6;Sal. 71;Ef. 3,2-3. 5-6; Mt. 2,1-12)
Epifania: festa gioiosa della famiglia e in particolare dei più piccoli, un poco amareggiata dalla consapevolezza che è l’ultima della lunga serie delle feste natalizie. Festa ormai quasi esclusivamente consumista (come tutte, ahimè, le feste natalizie), in cui le tradizioni legate al cristianesimo (Gesù Bambino, i Magi) si sposano con tradizioni popolari dal significato ambiguo: la befana, per metà cara vecchietta, per metà strega dispettosa e vendicativa. Così sfugge il vero senso della festa. Vediamo. Di fronte a Gesù, appena nato, atteso da secoli di profezie, ognuno è come costretto a fare una scelta, a schierarsi con Lui o contro di Lui. In rapporto al Bambino, infatti, si di-stinguono tre gruppi di persone, che lo cercano e vogliono rendergli omaggio: gli scribi, che conoscono il luogo della sua nascita, ma non se ne interessano; per loro quel Bambino si riduce ad un dato cronologico, ma non viene attivata né una ricerca più profonda, né un cammino di fede. Erode, che si sente minacciato dalla nascita di questo Bambino e perciò vuole eliminarlo; e i Magi, che vengono da lontano; lontani da Lui anche interiormente, perché non possiedono né la conoscenza delle Scritture, né la fede in esse. Costoro, però, sono spinti dalla ricerca della verità e dalle inquietudine per qualche cosa di più profondo del semplice vivere di pu-ra cultura e conoscenza o di solo sapere scientifico…; sanno bene che la conoscenza, se è vera è innanzitutto umile, aperta al nuovo, al mistero, all’imponderabile e all’imprevedibile. Essa, se dice come sono fatti i cieli, non dice però come si va in Cielo, né la vastità di esso….Ecco allora che i Magi, gente dotta ma umile, esperti nelle scienze, ma aperti al Mistero sanno che da soli non possono arrivare alla piena conoscenza di quel Bambino; e si lasciano guidare da una Stella un po’ particolare, molto luminosa e molto diversa dalle altre, alle quale non sanno resistere. E poi chiedono, si informano, vagliano una quantità di dati. Quella stella inten-samente luminosa, che essi seguono con cura per arrivare a Betlemme è la Sacra Scrittura. “Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce al mio cammino”(119,105) Non scartano quella stella perché non fa parte del loro bagaglio culturale, ma aperti alla novità e alla profondità del mistero della vita, semplicemente e con fedeltà la seguono. Le vie del cuore, infatti non sono sempre quelle della ragione. E se le stelle, gli astri del cielo erano ben conosciuti dalla loro ragione, i Magi sono attenti anche alle vie indicate dal cuore. E Cristo, stella luminosa, apparsa all’orizzonte dell’umanità, per portare il fuoco dell’Amore, è una via che parla profondamente e intensamente al loro cuore. Erode, invece, è personificazione di quanti sono legarti al potere: così pieni di sé, di autosufficienza, che gli altri sono solo dei concorrenti da eliminare. Erode è colui che ha ucciso l’amore. Gli Scribi, poi, conoscono le Scritture, le interpretano in modo corretto, ma non fanno un passo avanti nella fede, svuotata come è a causa del loro formalismo e del ruolo che occupano e che ostentano. E’ inquietante quello che il Vangelo dice circa l’atteggiamento degli scribi: pur riconoscendo quel Bambino come il re dei Giudei e come il Messia, rimangono indifferenti, senza alcun interesse per Lui. Dobbiamo riflettere: la Scrittura può essere letta, conosciuta, ascoltata cinquanta, cento, mille volte, ma senza che questo trasformi la nostra vita, senza che nulla cambi dentro di noi, senza che noi diamo l’assenso del cuore alla Parola di Dio. Non raramente i più lontani da Dio si mostrano più sensibili e più attenti alle cose di fede, degli stessi cristiani, di coloro che vivono una fede ormai stanca, senza alcuna ricerca o profondità né di mente, né di cuore. La fede che ci è data in dono, deve diventare continuamente ricerca di Cristo, domanda attorno a Lui, soprattutto incontro con Lui e suo prolungamento con la nostra vita. La fede si nutre di domande più che di risposte, la fede è un consegnare a Dio la nostra vita, è mettere davanti al Re, come hanno fatto i magi, il tesoro più prezioso che possediamo: noi stessi, la nostra esistenza, il nostro futuro. La fede cresce in noi anche a motivo delle provocazioni dei vari Erode che incon-triamo nella nostra esistenza e che vorrebbero, quasi, uccidere la vita nuova di Cristo, il Vangelo del Signore che può salvare le nostre anime (Gc.1,21). C’è l’Erode del denaro e quello del potere che ci fanno sentire superiori a tutti capaci di tutto; c’è l’Erode dell’orgoglio e dell’invidia che creano distanze e barriere anziché vicinanza e fraternità; vi è l’Erode del sesso che riduce il corpo a merce e a puro sfruttamento della corporeità delle persone. Ognuno riconosca il proprio Erode… Chi ha incontrato Cristo, non ha nulla a che vedere con queste cose, con la mentalità pagana(1Cor.12), ma fa splendere su tutto la luce e l’intelligenza della Parola.