NATALE : DIO CON NOI
"Maria partorì il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia"(Lc.2,7). La straordinarietà del Natale è tutta racchiusa in questa breve espressione evangelica: non solo stupisce il fatto che Dio divenga uomo, dunque uno di noi, rinunciando ai suoi privilegi e alla sua superiorità, ma ancor più meraviglioso è il fatto che Dio, per incontrarsi con noi, assuma la nostra debolezza e la nostra fragilità, e assuma in particolare quelle dei più poveri. Le fasce, infatti, non solo ci ricordano la povertà del luogo dove Gesù è nato, ma anche il lenzuolo di lino bianco in cui è stato avvolto il suo corpo crocifisso; e la mangiatoia nella quale è stato deposto, ricorda il suo sepolcro dove è stato posto dopo che è stato tolto dalla croce. Il travagliato e faticoso pellegrinaggio al quale Maria e Giuseppe sono stati sottoposti da un editto di Cesare Augusto, anticipa già le fatiche e le sofferenze della "Via crucls" di Gesù e ci rivela che tutta la vita di Cristo è stata sotto il segno della precarietà, della povertà, della debolezza, spesso causate dalla cattiveria e dalla ingiustizia degli uomini. "Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo" (Lc.9,58). Pertanto il mistero della natività, non allude solo all'eventounico e non ripetibile della nascita di Dio nella carne, ma a tutto il mistero della vita di Gesù, che ha condiviso in tutto la nostra condizione umana. Inoltre, Maria che partorisce il Figlio di Dio, ci ricorda anche il mistero più universale e comune ad ogni uomo: quello del suo nascere. Il nascere, così come poi il morire, sono esperienze che Dio, in Cristo, ha condiviso. E la Scrittura, dopo averci ricordato il parto di Maria, chiama beate le mammelle che hanno allattato Gesù (Lc.23,29). Anche l'arte cristiana non avrà alcun imbarazzo a raffigurare una Maria gravida, col ventre ingrossato, che allatta il Figlio al proprio seno. Nella narrazione evangelica della notte di Natale, ascoltiamo che Maria, come fa una madre dopo il parto, con tutta la gioia e l'amore possibile, compie i gesti materni di cura della vita con tenerezza grande. E' utile, al riguardo, ricordare che il verbo greco tradotto con adagiare (anaklìno) esprìme l'atto di alzare in alto, suggerendo così il gesto di Maria: dopo aver fasciato il piccolo, lo ha sollevato davanti a sé, per guardarlo in faccia, in una comunicazione personalissima e intensa, prima di coricarlo nella mangiatoia. Il Natale è la festa della vita, della vita di ognuno di noi, del mistero della vita di ciascuno, che deve essere curata e salvaguardata da tutto ciò che può nuocerla: fisicamente, psicologicamente, spiritualmente. La vita umana, ha grande valore e dignità innanzitutto perché Dio-Amore sta all'origine di essa e lo stesso Figlio di Dio l'ha scelta per sé per incontrarci. Pertanto, ognuno di noi, per quanto si ritrovi tra le mani una vita umanamente e spiritualmente povera, non deve disprezzarla, ma amarla con la stessa tenerezza e dolcezza con le quali Maria ha accolto Gesù, perché noi siamo stati generati innanzitutto dall'Alto. Ma il mistero della nascita umana ci invita a prenderci cura con amorevolezza anche della vita degli altri, soprattutto delle vite più fragili. Quanta gente fragile incontriamo nella nostra esistenza: persone fragili come noi e persone fragili accanto a noi: giovani e meno giovani. Persone malate, depresse, in conflitto con se stesse e con gli altri; famiglie con difficoltà di ogni genere; gente disperata che ha rinunciato a vivere. Poveri materialmente, ma anche poveri sazi di tutto! La gioia del Natale è la gioia di chi ha capito che nella propria vita è racchiuso un grande tesoro dal quale possiamo sempre attingere speranza, consolazione e impegno. E questo tesoro si chiama: Dio con noi.