Mangiatene e bevetene tutti!
Solennità del SS Corpo e Sangue di Cristo anno C
(Gn14,18-20; Sal. 10; 1Cor 11,23-26; Lc 9, 11b-17)
Il mistero del Corpo e del Sangue del Signore è il cuore della nostra fede. Infatti l’Eucaristia, ci ricorda il Concilio Vaticano II è “fonte e culmine di tutta la vita della chiesa” Pertanto questo Mistero, che celebriamo del resto ogni domenica, nella cultura e nella vita della nostra gente ha bisogno…. di spazi più aperti. Infatti ha subìto una sorta di restrizione. Una restrizione già era avvenuta nel nome della festa: "Corpus Domini", il Corpo del Signore, e si era cancellato il Sangue. Oggi diciamo: Festa del Corpo e del Sangue del Signore. Ma un'ulteriore restrizione era avvenuta facendo dell'Eucaristia una "cosa" da ricevere. “Vado a prendere l’ostia”o “vado a fare la comunione” dicono ancora molti e sembra che l’Eucaristia sia solamente questo. E nella prassi, talora, capita proprio così: gente che arriva a metà messa, e oltre, e va co-munque a prendere l’ostia e ..a fare la comunione, sorvolando e non ponendosi il problema dell’incontro previo con la mensa della Parola di Dio E così si cancella la verità del banchetto, della Cena, che è fatta di Parola e Pane.. Quando Gesù co-mandò: "Fate questo in memoria di me", intendeva dire: "Fate una cena che renda presente, fino alla fine dei tempi e dappertutto, questa che stiamo celebrando, attualizzazione della mia passione, morte e risurrezione. Gesù, dunque, non ci ha consegnato un’ostia… ma una Cena! E, venendo meno l'immagine della Cena, avveniva un'altra restrizione: ognuno andava a prendere il suo pezzo di pane, e poi andava a mangiarselo per suo conto. Strana cena dove, tanto più ti sentivi devoto, quanto più cancellavi la presenza degli altri. Gli altri disturbavano. Dico "strana cena", perché ve la immaginate una cena, vi immaginate un pranzo, dove nessuno alza gli occhi sugli altri? Immaginate che festa! E ancora una volta ecco che la Parola di Dio, la Bibbia, allarga la visione, ci porta fuori dall'angustia delle nostre restrizioni. Un prima apertura della visione della Cena avviene, se noi leggiamo attentamente senza scivolare via, dandole pertanto tutto il peso che merita, l'episodio di Melchisedek, re di Salem, che offre pane e vino e benedice il Dio Altissimo, e benedice Abramo. Noi scivoliamo spesso su questo episodio e andiamo dritti al mistero dell'Eucarestia, come se quel gesto fosse una semplice prefigurazione dell'Eucaristia, un’ immagine della Eucaristia: l'Eucaristia cancella e sostituisce tutto. Immaginate invece quali spazi apre la riflessione biblica su questo episodio: una ritualità vera, è diffusa al di là dei confini del popolo di Dio. Melchisedek è un sacerdote pagano e compie un gesto che appartiene al sentimento religioso universale: offre pane e vino a Dio, benedice e condivide il pane e il vino non solo con il suo popolo, ma anche con Abramo e la sua gente. E la Bibbia - ecco lo straordinario- non legge questo gesto di una ritualità pagana come gesto senza senso, come gesto senz'anima, come gesto vuoto, ma come gesto abitato, abitato da una benedizione. La benedizione del sacerdote pagano sale al cielo. Proprio quella benedizione data offrendo pane e vino, sale al cielo, ha accesso a Dio, l'Altissimo Dio: "Benedetto sia il Dio Altissimo". E quel gesto, gesto di un sacerdote pagano, è colto come vero gesto di benedizione per Abramo, il padre dei credenti. Pensate alla carica rivoluzionaria di questa pagina, che ritiene segno visibile della grazia invisibile, il gesto benedicente di Melchisedek, re di Salem. Penso che qualcuno oggi avrebbe qualche perplessità a vedere, che so io, il Papa o un Vescovo benedetti da un rappresentante di altra religione. E invece è bellissimo vedere l'Eucarestia dentro questa ritualità diffusa, aperta, direi universale: quella di un'offerta del pane e del vino, che suona come una benedizione a Dio, benedizione per tutta l’umanità. E vedere il pane spezzato e il vino versato, memoriale del Figlio di Dio che si è consegnato “per tutti”, credenti e non credenti, fino all'atto estremo dell'amore, la morte di croce, vedere il pane e il vino dell'Eucarestia dentro questo rituale di benedizione. Nel pane e nel vino benediciamo il Dio Altissimo, nel pane e nel vino siamo da lui, il Dio Altissimo, benedetti. Vorrei ora sfiorare, ma solo brevemente, il Vangelo di Luca: i pani e i pesci moltiplicati. Anche a proposito di questo brano sarebbe facile scivolare via, dicendolo prefigurazione dell'Eucaristia. Ma il brano ha una consistenza in sé, dice -senza possibilità di fraintendimento- questo sguardo di Gesù lontano -lontanissimo- dalle nostre false distinzioni "corpo/anima": amare l'anima e non amare i corpi. Secondo queste false distinzioni -che sono quelle dei discepoli- Gesù potrebbe congedare le folle: aveva nutrito la loro anima, no? Ebbene no, per Gesù non esistono anime e corpi, esiste la persona. Il lezionario, purtroppo, oggi omette la frase introduttiva all'episodio, dove si parla di Gesù che accoglie le folle, "accoglie" è il verbo. Il pane è il segno di un Gesù, che accoglie ciascuno di noi, nella sua totalità. Prendere il pane del Signore, pane dell'accoglienza, vuol dire aprirci ad accogliere l'altro, non per un pezzo d'anima, ma come persona, nella sua totalità. "Accoglietevi gli uni gli altri" - scrive Paolo ai Romani - "come Cristo ha accolto voi" (Rm 15,7).