Lettera agli Ebrei - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Lettera agli Ebrei


Subito dopo l'epistolario paolino, è posto un lungo testo intitolato fin dall'antichità Lettera agli Ebrei. Già lo scrittore cristiano Origene nel III secolo si chiedeva: "Chi ha scritto questa lettera? Il vero, Dio solo lo sa!". Incerto è, dunque, l'autore.- anche se non manca qualche legame con Paolo, la lingua, lo stile e il pensiero sono nuovi. Incerti sono anche i destinatari, certo non Ebrei, ma piuttosto giudeocristiani, e incerte sono pure le coordinate storiche e geografiche dello scritto.

L'unica cosa certa è che siamo in presenza di un capolavoro letterario e teologico (il suo è forse il greco più elegante dell'intero Nuovo Testamento). Si tratta di una grandiosa omelia, accompagnata da un biglietto (13,22~24), al cui centro domina la figura di Cristo, sacerdote perfetto della nuova alleanza tra Dio e l'umanità. Il profilo di questa immagine centrale è tracciato ricorrendo all'Antico Testamento, alle sue pagine sui sacrifici e sulla liturgia, e alla figura di Melchisedek, il re-sacerdote che incontra Abramo (Genesi 14).

Se la parte fondamentale dell'opera è dedicata a Cristo, Dio e uomo, superiore agli angeli e solidale con l'uomo, sommo sacerdote fedele e misericordioso, un'ampia sezione è riservata anche all'impegno del cristiano, soprattutto alla fede, che è cantata nel capitolo 11 attraverso una vera e propria galleria di personaggi biblici, proposti come modelli alla comunità, destinataria di questa intensa omelia.

La meta ultima dell'esperienza di fede è, però, l'incontro pieno e definitivo con Dio, seguendo Cristo che porta la croce: la patria del cristiano non è quaggiù, ma è oltre il tempo e lo spazio. £ su questi "sentieri diritti' che dobbiamo avviarci, tenendo fisso lo sguardo su "Gesù Cristo, lo stesso ieri e oggi e sempre" (13,8).


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