Fiumi d'acqua viva...
Le stranezze di Dio
4° Domenica di Avvento anno A
(Is.7,10-14;salmo 23; Rm.1,1-7;Mt.1,18-24)
Il racconto evangelico di Matteo di questa domenica, non lascia spazio a dubbi di sorta: la nascita di Gesù avviene all’interno di tutta una serie di fatti incredibili, al di fuori di ogni logica umana, dove piuttosto la regola è la “eccezionalità” dell’evento. Pensiamo al concepimento verginale di Maria, all’atteggiamento di Giuseppe che non ripudia, come sarebbe apparso più giusto ai suoi contemporanei, la donna da cui attendeva un figlio senza aver avuto alcuna conoscenza carnale di lei. Chi ne sarebbe capace oggi? E perché Maria avrebbe dovuto assecondare la potenza dello Spirito che chiede risposte di amore che sorpassano la sua comprensione? Pensiamo, poi, a come Dio concepisce l’amore: l’amore che Dio dona a tutti, buoni e cattivi, giusti e ingiusti, santi e peccatori; anzi, più ai peccatori che ai giusti, entra nella storia esponendosi al rifiuto, all’ironia, persino alla morte. Facciamoci quattro conti: ne è valsa la pena, a Dio, “da ricco che era farsi povero” (2 Cor. 8,9) per abitare la storia rischiando un sacco di preoccupazioni dalle persone di questo mondo, per tanti versi ingrato nei suoi confronti? Secondo la logica umana, no; ma secondo la logica divina, sì, anche perché l’amore, quando è vero, quando è profondo, quando è totale non ha logica. Questo amore è, indubbiamente, un bel sogno. Purtroppo l’uomo di oggi non sogna più, è diventato troppo legato a parametri numerici, matematici, contabili. E non sognando più, non sa più né stupirsi, né contemplare, né amare veramente, né pregare. Anche il Natale è diventato un fatto di contabilità: regali, negozi aperti fino a tarda ora, pubblicità natalizie, pacchi dono, viaggi e vacanze: tutto all’insegna del bambinello povero, ma che fa mettere in circolazione tanti denari. Povero Gesù, a che cosa ti abbiamo ridotto! Oggi la Parola di Dio ci chiama a riscoprire i veri segni del Natale e a cercarli fuori da ogni logica umana. Il futuro di Dio non è continuità rispetto al presente. Non c’è fedeltà a Lui che non richieda strappi e conversione; non c’è fede che non richieda la disponibilità a mutare radicalmente i propri piani di esistenza. Non c’è Chiesa che possa trincerarsi dietro la necessità di essere uguale a ieri per salvaguardare la propria identità. Giuseppe obbedisce, in ma, per amore, con un SI convinto, vero, con un riscontro nella storia. Egli accetterà la paternità, pur di fronte al Mistero e chiamerà Gesù quel bambino, come l’angelo gli aveva chiesto di fare. (Mt.1,21) La verginità di Maria, d’altra parte, è la risposta pronta e generosa a Dio che le chiedeva di accogliere in un terreno non contaminato, da dubbi, da perplessità, da calcoli personali, da garanzie, il suo figlio Gesù Cristo. C’è, nella storia, un futuro secondo ragione. E’ quello in cui tutti i tasselli della vita si incastrano armonicamente uno con l’altro, secondo la logica del prima e del dopo. Secondo le categorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi dei bilanci, in cui, alle voci in uscita, si cercano i corrispondenti nelle voci in entrata: finchè tutto non quadra. E c’è una continuità secondo lo Spirito. Quest’ultima è il vero Avvento, il totalmente nuovo, l’inaspettato, la sorpresa, la novità che solo Dio può compiere, mentre noi non abbiamo neppure il coraggio di aspettare. Per una madre, ad esempio, Avvento è amare il figlio handicappato più di ogni altro. Per una coppia di sposi, felice e con figli, Avvento è aprirsi al futuro, al nuovo di Dio mettendo in forse la propria tranquillità, avventurandosi in operazioni di ”affidamento famigliare” con tutte le incertezze che tale fecondità si porta dietro, anzi, si porta avanti… Per un giovane, Avvento potrebbe essere affidare il futuro alla non - garanzia di un volontariato, alla non- copertura di un impegno sociale in terre lontane dalla sua, affidare perdutamente la sua vita all’amore di un servizio umanitario che, se non è mai ricompensato sul piano economico, qualche volta non gratifica sul piano morale. Per una comunità parrocchiale Avvento è ’attenzione amorosa e premurosa verso le persone, più che verso i piani pastorali o le molteplici cose da fare; è Avvento di Dio non occuparsi sempre di se stessi, ma avere almeno un povero da amare come se stesso. Questi sono i segni forti del Natale che noi cristiani siamo chiamati a porre, per ricuperare in un mondo ormai pagano e attento al dio- denaro, i segni della venuta di Cristo. Questi segni esistenziali, se abbiamo il coraggio di porli seguendo le indicazioni dello Spirito che parla al cuore, portano più luce al mondo di oggi di tutte le candeline e le luminarie che si trovano in commercio in questi giorni e anche, perché no, di tante prediche natalizie che sentiremo dentro e fuori le nostre chiese.
Don Roberto Zambolin