LE FERITE DEL RISORTO
3° Domenica di Pasqua
(At. 3,13-15.17-19; sal. 4; 1Gv. 2,1-5°; Lc. 24,35-48)
Ancora una volta il Vangelo deve sottolineare l'incredulità degli altri apostoli, dopo quella di Tommaso, dinnanzi alla Risurrezione di Cristo. Gli amici più stretti stanno parlando di Lui, si riferiscono tra loro le varie apparizioni, potremmo dire che sono ormai quasi convinti della sua risurrezione, tanto che dicono: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone" (Lc 24, 34). Eppure, appena Gesù entra in mezzo a loro pensano sia un fantasma, una figura astratta, irreale, una sorta di immaginazione. Si spaventano, persino, e fanno fatica ad accoglierlo. Ebbene, bisogna partire proprio da questa non accoglienza, per comprendere l'odierna pagina evangelica e confrontarci. Anche noi pensiamo, tante volte, che il Vangelo sia una specie di fantasma, ossia che si tratti di parole astratte, lontane dalla vita, belle, ma impossibili a vivere; ci entusiasmiamo del Vangelo ma, in fondo, ne abbiamo anche paura perché pensiamo che sia troppo esigente, che chieda sacrifici, che proponga rinunce, che pretenda una vita poco felice. Ne consegue che con incredibile facilità le depotenziamo e le infiacchiamo nella loro radicalità perché non ci disturbino troppo. Ma Gesù torna; torna ogni domenica e dopo il saluto di pace mostra loro le mani e i piedi, segnati ancora dalle ferite dei chiodi; non propone una lunga e dotta disquisizione teorica sulla risurrezione, e neppure si mette a fare teorie sulla fede. Gesù mostra la realtà concreta del suo corpo risorto, ma ancora ferito. L'evangelista sembra però indicare una via per superare questa distanza; una via non astratta, ma molto concreta, molto umana. Potremmo chiamarla “la via dell'incontro con le sue ferite.” Gesù per vincere i dubbi dei discepoli, dice loro: "Guardate le mie mani e i miei piedi; sono proprio io! Toccatemi e guardate".(Lc. 24,39) Le ferite sul corpo, senza dubbio ci dicono che il Gesù di Pasqua è lo stesso Gesù del Venerdì santo, ma la loro permanenza nel corpo del Signore risorto richiama anche la realtà del dolore e del male ancora presente in questo mondo. La risurrezione certo è avvenuta. In tutto il bene che si fa nel mondo, spesso nascosto ai più, ma che costituisce il tessuto quotidiano di tante persone “anonime”; nei tanti gesti di carità gratuita e di sacrifico fatto per amore; nella scelta di tante persone che scommettono su Cristo la propria vita e il proprio futuro ( sono sposi, semplici persone, presbiteri, religiose/i) in tanti cristiani perseguitati, e in tanti che continuano a sperare, e a credere ancora più di prima, nonostante le prove della vita, possiamo cogliere i segni della Risurrezione di Cristo, all’opera nel mondo. Ma ancora deve essere compiuta, integralmente, per tutti. E' iniziata con Gesù, il capo del Corpo, si potrebbe dire; ma ci sono tante parti di questo unico corpo che hanno ancora ferite aperte: sono i poveri, i malati, i carcerati, i torturati, i condannati a morte, i paesi in guerra, i colpiti dalle disgrazie del terremoto in Abruzzo, dalla varie forme di violenza. E l'elenco può continuare ancora più a lungo. Dietro questo invito di Gesù ci sono oggi milioni e milioni di bambini, di vedove, di orfani, che continuano a attendere aiuto e che dobbiamo "guardare" e "toccare". Sì, vedere e toccare! Questi sono i verbi della risurrezione: accorgersi di chi ci sta accanto e soffre e non passare oltre come fecero quel sacerdote e quel levita. La vittoria sulla nostra incredulità inizia da questo incontro affettuoso con il corpo ancora ferito di Gesù. Immediatamente dopo, nota l'evangelista, Gesù "Aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture".(Lc. 24,45) Già durante la giornata, la gran parte di essa, Gesù l'aveva passata spiegando le Scritture ai due discepoli di Emmaus che se ne stavano tornando a casa tristi e rassegnati. Eppure essi conoscevano le pagine dell'Antico Testamento, e avevano anche più volte ascoltato la parola di Gesù. Ma fu necessario che i discepoli ascoltassero nuovamente il Vangelo e si lasciassero toccare il cuore. Non basta ascoltare una volta o alcune volte le Sante Scritture. Il credente deve riscoprire la gioia di frequentare ogni giorno le Sante Scritture. Ogni domenica Gesù torna e parla a ciascuno di noi, come fece con i due di Emmaus, perché la sua Parola possa essere la linfa della vita di ogni discepolo e dell'intera comunità che lo può così riconoscere, con la fede nella Parola, nello spezzare del Pane.