Fiumi d'acqua viva...
La via dell'essenzialità
2° Domenica di Avvento anno B
(Is. 40, 1-5. 9-11; salmo 84; 2Pietro 3, 8-14; Mc. 1,1-8)
Tutti sappiamo per esperienza che cosa significhi prepararsi ad un grande evento: la nascita di un figlio, una laurea, un matrimonio, l’essere immessi in carriera, una riunione impegnativa o altro. Preparare e prepararsi a qualche cosa di importante comporta gioia e fatica insieme, emozione e timore, attese e paura. Ma vi è un evento della nostra vita, essenziale e decisivo nello stesso tempo, alla lucedel quale essa appare in tutta la sua chiarezza ed evidenza eche ci consentirà, (qualora cisia dato di farlo, ovviamente)di poterla valutareo come“vita vuota” o come “vita ricca di significato”. E’ l’evento che la seconda lettura di questa domenica chiama “ Il giorno di Dio”, il giorno in cui i cieli e la terra di questo mondo si dissolveranno e lasceranno il posto a “cieli nuovi e a terra nuova” nei quali avrà stabile dimora la giustizia. (2 Pt. 3,13).Come non pensare a questo grande, ultimo e decisivo avvenimento della nostra vita? Come non prepararsi fin d’ora all’incontro con il Signore? Forse riteniamo che, per adesso, non ci riguarda da vicino: o perché siamo giovani, o perché abbiamo tanta salute, o perché ci vanno bene le cose, gli affari, gli affetti; ma sempre l’apostolo Pietro ci ammonisce: “ Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo“(Pt. 8) E ancora:“Il giorno del Signore verrà come un ladro” Queste espressioni ci fanno ricordare anche l’altro passo delVangelo di Matteo: “ E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?”(Mt. 6,27) . Alla fine dei giorni, che cosa raccoglierà il Signore dall’albero della nostra vita? Che cosa Gli offriremo? Quale è la strada sicura che il Signore ci ha preparato, ci ha tracciato per poterLo incontrare? La strada più certa è, innanzitutto, quella che viene dalla suaParola .Questa, infatti, contiene in sé la forza dello Spirito che ci può svegliare dai torpori della mediocrità e da una vita povera di amore, per elevarci più in alto, dove le cose della vita si vedono meglio e con più profondità, perché si colgono nella luce di Dio. Purtroppo, a volte, noi seguiamo altre strade, altre parole, ci lasciamo guidare e persuadere da altre voci più allettanti,ma che restringono gli orizzonti della nostra vita e restringono anche il nostro cuore, perché ci fanno ripiegare su noi stessi, sulle nostre sicurezze e sui nostri personali interessi e autogodimenti. Ci impediscono di respirare, di essere liberi, pienamente noi stessi e figli di Dio. Parlare di rinuncia, di dominio di sé,di sacrificio, oggi, in un tempo di libertà assoluta, è come fare discorsi“eretici”. Se chiedessimo a molti, se sentono il bisogno di un Salvatore, che cosa ci risponderebbero? Al massimo che sentono il bisogno di essere salvati dalla paura, dalla malattia, dalle negatività…ma assai difficilmente ammetterebbero di aver bisogno di una salvezza più profonda,cioè di dover essere salvati da se stessi, dall’amor proprio, dai propri errori, dal vizi annidati nel cuore. E’ necessario tornare, pertanto, ad essere “persone essenziali” come Giovanni il Battista che si nutriva di locuste e di miele selvatico e girava vestito di peli di cammello (Mc. 1,6). Essenziali nelle relazioni: quante parole astratte senza comunicazione di vissuti personali, senza calore interiore! Copriamo di parole i nostri rapporti con gli altri, perché non amiamo troppo che qualcuno ci legga nel cuore, soprattutto quando nel cuore non vi è sinceritàe trasparenza. Abbiamo bisogno di ritrovare l’essenziale nella fede: troppe sono le preghiere che non rispecchiano la nostra vita, e che rispecchiano eccessivamentei nostri bisogni, le nostre necessita, le nostre attese, il desiderio di una vita senza croce! Troppa la fede autocentrata, solo in funzione del nostro benessere fisico o psichico! Ma una fede che non entri nel sepolcro, non può essere quella della Pasqua. Non illumina, non purifica, non trasforma. Serve più essenzialità anchenella nostre cose e nelle nostre case. Troppa è la dipendenza da ciò che abbiamo, troppe le cose alle quali siamo legati ben oltre il necessario di quello che ci possono servire. Se tenessimo alla vita spirituale, e alla crescita umana e cristiana della nostra persona almeno un terzo di quello che teniamo alle cose che ci occupano quotidianamente mente e cuore, in breve tempo diventeremmo santi… Le parole deserto, solitudine,vita spirituale,vita interiorenon ci metterebbero più tanto disagio perché si riempirebbero di contenuti nuovi, di speranze nuove, di nuove attese. Soprattutto si riempirebbero del desiderio e della voglia di incontrare Dio e di godere della sua presenza. E’ proprio questa la conversione richiesta nel tempo di Avvento: più essenzialità, in cambio di maggiore libertà!
Don Roberto Zambolin