LA VERA TENTAZIONE
1° Domenica di Quaresima
Gen.2,7-9; 3,1-7; salmo 50; Rm.5,12-19; Mt.4,1-11
La parola “tentazione” è da tempo caduta in disuso, sia nel vocabolario verbale che in quello esistenziale. Si è persuasi che ogni idea che si presenta, ogni impulso che si avverte, ogni stimolo che da fuori o dentro si fa sentire, può essere soddisfatto perché, si dice, questo costituisce il nostro benessere, la migliore carta di identità con la quale ci presentiamo agli altri, in una parola la nostra felicità. Pertanto, si pensa, è veramente donna e uomo chi riesce pienamente a soddisfare se stesso. Realizzazione di sé è uguale a soddisfacimento di sé. E’ proprio vero? O non rischiamo, di sentirci, di fatto, al di sotto delle nostre capacità? Non rischiamo di stabilire rapporti fra noi basati sulla concorrenza, su chi è più bravo, su chi arriva prima, su chi ha più soldi, su chi sa essere più furbo, anziché sulla fraternità e sulla solidarietà reciproca? E da dove derivano le gelosie e le discordie e tanti intrallazzi causa di ingiustizie e di soprusi, al vertice e alla base, se non dalla lotta per chi deve dominare, imporsi, primeggiare in tutto? La visione cristiana della persona parla di tentazione nel senso che le proposte che insorgono nell’uomo devono essere valutate., misurate, giudicate per essere poi accettate o respinte. E per un cristiano il criterio di valutazione non rimane la morale soggettiva o quella che gira nel mondo al momento, ma la Parola di Dio che è “ viva, efficace, più tagliente di una spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v’è creatura che possa nascondersi davanti a Lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto”(Ebrei 4,12-13) Per questo motivo, Gesù risponde al diavolo per tre volte: “Sta scritto!”(Mt.4,4.7.10). Il diavolo del quale si parla anche nella prima lettura, tratta dal libro della Genesi, significa propriamente divisore (dal greco:dia-ballo) perché, essendo la sorgente di ogni male, si oppone al Bene che è Dio e pertanto divide, separa l’uomo da Dio. In quale modo? Con quale tentazione? Facendo balenare nella mente e soprattutto nel cuore di Adamo ed Eva che Dio non è poi così buono come sembra. Si’, è vero, ti ha dato la vita e con la vita tante cose belle; ti ha dato una dignità, ti ha dato la libertà, ma poi ponendoti dei limiti non ti ama veramente perché ti impedisce di essere autonomo, di autorealizzarti. L’uomo, insomma, misurandosi con la legge di Dio e con l’insegnamento di Cristo percepisce la proposta evangelica come dei “bastoni fra le ruote” una sorta di ostacolo alla piena espressione di sé. Abbiamo bisogno di farci grandi, di realizzare in pienezza tutte le nostre possibilità, e abbiamo l’impressione che la presenza di Dio ce lo impedisca, che i comandamenti di Dio siano un limite posto alla nostra esistenza. In realtà, se ci pensiamo bene, è vero proprio il contrario. La continua ricerca di sé, non aiuta la persona ad essere se stessa, ma continuamente divisa in se stessa, scissa tra le proprie aspirazioni e ciò che in realtà riesce ad essere; pertanto non armoniosa, non unificata. E questo porta alla distruzione dell’uomo stesso. Dio ha dato i comandamenti perché le sue creature possano continuare a vivere e rinnovarsi e non morire; perché possano essere suoi veri figli, e non distruggersi con le proprie mani. Facciamo fatica a capire questo. Quando Dio ci fa andare bene ogni cosa e fà quello che desideriamo noi, allora è il Dio amico; quando ci chiede di accogliere la sua Parola, di vivere la vita come vocazione, di entrare nei suoi progetti, allora è il nemico che attenta al nostro benessere. E non raramente Lo molliamo. La trasgressione di Adamo ( che è all’origine di tutte le trasgressioni, di tutti i nostri peccati, delle nostre infedeltà) nasce dalla mancanza di fiducia nell’amore di Dio per noi. Quella fiducia che, invece, Gesù di Nazareth ha custodito, scegliendo di rimanere figlio di Dio, obbediente alla volontà del Padre e non alla logica mondana. La vera grande tentazione è questa: abbandonare Dio, per scegliere unicamente se stessi. In fondo il possesso delle cose, il voler trasformare in pane, cioè in risposta immediata ai nostri bisogni, tutto ciò che ci circonda, non è radicata in questo culto di sé? Pensiamo al sottile desiderio di possedere le persone, di far sì che dipendano da noi, di avere in pugno gli altri, i regni del mondo, adorando satana, cioè utilizzando anche vie non lecite per ottener questo come la violenza, l’inganno, la falsità, le raccomandazioni mafiose; pensiamo anche quante volte noi proviamo a tentare Dio stesso, quasi volerlo possedere, chiedendogli miracoli che confermino la sua esistenza e la nostra fede in Lui, senza l’umiltà necessaria che ci porta a riconoscere che Dio è Dio e noi siamo sue creature. Un proverbio dice: l’orgoglio e la centralità di sé sono una mala pianta che muore mezz’ora dopo la nostra morte. Non è vero, questo, anche per ciascuno di noi?