La rivoluzione d'Avvento
I Domenica di Avvento anno A
(Is.2,1-5; Rm.13,11-14a; sal.121; Mt.24,37-44)
Il messaggio della Parola di questa prima domenica di Avvento lo possiamo sintetizzare con l'esortazione inglese "wake up": Svegliatevi! Viviamo, infatti, narcotizzati dal benessere ed intontiti dalla pubblicità. Le nostre capacità critiche si sono annacquate nel conformismo. Molti, come aveva previsto Chesterton, non credendo più in Dio, finiscono per credere a tutto. I nostri piedi non ci conducono al monte del Signore, come auspicato dal profeta Isaia,(Is. 2,3) piuttosto ci portano verso orizzonti dove c'è abbondanza di spade e penuria di vomeri e le lance rimangono tali e non si trasformano in falci.(Is. 2,4) Il tempio del Dio di Giacobbe raramente costituisce la meta del nostro desiderio. Wall Street, Las Vegas, Mantecarlo, i Tropici, le Maldive… sono le mete agognate. L'Afganistan, l'Iraq, le Coree ci dicono che siamo super esercitati nell'arte della guerra.(Is. 2,4b) Siamo sommersi di cose all'esterno, ma all'interno siamo dilaniati da svariate paure che cerchiamo di esorcizzare con la frenesia del vivere. Abbiamo essiccato le radici della memoria del passato che ci alimentavano di educazione e di valori e ci ritroviamo senza identità ben definite. Il nostro futuro non è colorato di speranza, ma gravido di inconfessate incognite e timori.. Questo ci schiaccia sul presente che, incapaci di dilazionare le nostre voglie nel tempo, bruciamo nell'ottica del "tutto e subito". Abbiamo conquistato il mondo, in cui corriamo il rischio di perderci e di distruggerlo. A volte si ha l'impressione di vivere nel crepuscolo della rassegnazione piuttosto che nell'aurora di un domani migliore. Ha ragione Paolo quando dice che “La notte è avanzata”.(Rm. 13,12) La notte, si sa, è abitata da inquietudine. Non bastano la scienza, la tecnica e la medicina a seminare fiducia. Attraverso i superacceleratori di particelle siamo vicini a spiegare le origini del nostro universo ed a penetrare i misteri dell'antimateria. La tecnologia ha rivoluzionato la nostra vita, ed internet ha fatto saltare il nostro modo di relazionarci, portando tutto ciò che è lontano vicino, ma, nello stesso tempo, ci ha allontanato l'uno con l'altro nell'ambito delle nostre stesse famiglie. Via internet dialoghiamo con tutto il mondo: solo con coloro con cui condividiamo l'esistenza siamo delle mutrie. In questo contesto la Chiesa fa sue le parole di Paolo:"La nostra salvezza è vicina; il giorno è vicino; indossiamo le armi della luce; comportiamoci onestamente; piantiamola con gozzoviglie e ubriachezze, con impurità e licenze, con contese e gelosie; rivestiamoci di Gesù e non seguiamo la carne nei suoi desideri". E' un bel progetto di cammino d'Avvento, capace di rimettere in movimento il nostro mondo interiore impoverito e svuotato, di convertirci, e di ridarci speranza affrontando, con fatica forse, ma con entusiasmo per quello che potrebbe diventare la nostra vita, un serio cammino di “ricostruzione di noi stessi”. Ma, ci ricorda la Parola di Dio di questa domenica, la serietà del nostro impegno è proporzionale alla fede che riponiamo nel Figlio dell'uomo che viene. In queste ultime settimane abbiamo seguito, con interesse e partecipazione, le estrazioni del SuperEnalotto capace di coagulare intorno a sé attese e speranze svariate Chissà se il Bambinello di Nazareth scatenerà dentro di noi lo stesso coinvolgimento esistenziale. Tutto dipende da che cosa aspettiamo da Lui. Siamo sicuri che rivestirci di Gesù sia, per noi, più importante di vincere una barca di milioni di euro? Crediamo veramente che la pace, la giustizia, il perdono, l'onestà del vivere ci possono arrivare solo dal mistero dell'Incarnazione realizzata nel silenzio, nella semplicità, nell'umiltà di un ambiente povero di cose, ma ricco di persone capaci di dare e ricevere amore nella più radicale gratuità? Tutta la nostra vita è un avvento, un' attesa gioiosa ed impegnata, una vigilia di festa, un attesa di eternità ..da vivere ogni giorno nella carità di Cristo. Un sacerdote filosofo di Bologna, Padre Olinto Marella fu l'uomo più povero e più ricco del mondo. Non possedeva un soldo e provvedeva al mantenimento di 500 "figli" della miseria. Diceva d'aver sempre passato le sue giornate ad attendere soltanto. Attendere chi? "Dio che passa e aiuta", rispondeva. Piovesse, nevicasse, tirasse vento o si soffrisse il caldo, Padre Marella stava seduto col suo cappellaccio rovesciato sulle ginocchia a raccogliere elemosine per la sua Opera: di giorno davanti a una chiesa, di sera davanti a un cinema o a un teatro, proprio come fanno i barboni, i nostri fratelli senza fissa dimora in tutto assimilato a loro...Non domandava nulla. Aspettava in silenzio e diceva "Il mendicante di Dio non deve importunare: chi vuole aiutarmi, sa quel che deve fare senza che io glielo chieda". Dopo la sua morte, nel luogo dove egli ha aspettato pazientemente per 30 anni, anche dieci ore al giorno, hanno messo una lapide: è "l'angolo dell'attesa di Padre Marella". Facciamo in modo che l'ambiente in cui viviamo e lavoriamo, diventi per noi il "luogo di attesa" di Gesù e di Maria, e quello diventerà per noi l'anticamera del Paradiso.