La preghiera di Gesù
2° Domenica di Quaresima anno C
(Gen.15,5-12.17-18;sal.26;Fil.3,17-4,1;Lc.9,26b-36)
Il tema che dà unità alle tre letture di questa domenica è quello della "Alleanza". Nella prima lettura tratta dal libro della Genesi, Dio stipula un’alleanza con Abramo, promettendo una discendenza "numerosa come le stelle del cielo" (Gen.15,5) a lui che era anziano e senza figli. L’Alleanza dice innanzitutto una cosa: che Dio non è uno spettatore muto o passivo delle vicende dell’uomo, ma è relazione, rapporto di vita, apertura al futuro spesso impensato e imprevisto. L’Alleanza ci ricorda che è Dio stesso il motore che fa camminare la vita e che Dio fa sempre il primo passo verso di noi. E’ Lui a prendere l’iniziativa di incontrare ed entrare in relazione con le creature da Lui create, come avviene appunto in Abramo. A questa iniziativa di "alleanza", A-bramo risponde con la fede (I lettura). Gesù è il vertice della "Alleanza", il culmine, non solo perché in Cristo Dio stringe un rapporto di alleanza con tutta l’umanità, ma anche perché è lo stesso Figlio a vivere con intensità unica, fino al-la fine, l’alleanza con Dio. La preghiera di Gesù, in cui Gesù stesso si consegna pienamente al Padre e il Padre si dona al suo Figlio, è l’ambito più significativo di tale rapporto di Amore. Ecco perché l’episodio della Trasfigurazione, avviene in un contesto di preghiera: Gesù, pregando, si fa presente a Dio stesso e Dio dalla nube (lo Spirito che li avvolge) si fa presene al Figlio". Questi è il Figlio mio, l’Eletto, ascoltatelo"(Lc.9,35) Le parole del Padre indicano ai cristiani la via attraverso cui accedere all’Alleanza e alla comunione con Lui: ascoltare il Figlio. (Vangelo) Paolo, infine, pone l’accento sul compimento finale dell’alleanza quel-la che sarà alla fine dei tempi, quando Dio stesso "trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al corpo glorioso di Cristo"(Fil.3,20) e parla di attendere questa cittadinanza nei cieli con una degna condotta di vita, quasi vivendo già da risorti; a differenza, invece, di coloro che hanno come dio il loro ventre e si vantano di cose di cui invece si dovrebbero vergognare. (II lettura). Ecco che cosa è la preghiera: è essenzialmente una relazione di ascolto del Figlio che ti comunica il Padre, te lo fa incontrare, nella nube dello Spirito santo. Secondo Luca, infatti la trasfigurazione di Gesù avviene nel contesto della sua preghiera, nel mistero del suo colloquio intimo e indicibile con il Padre. "Mentre pregava, l’aspetto del suo volto divenne altro" (Lc9,29). Attenzione: non un altro volto, ma un volto altro. La preghiera è per Gesù spazio di accoglienza in sé dell’alterità di Dio: se il volto è il luogo essenziale, diciamo "più evidente e visibile" della identità di ciascuno di noi, allora la preghiera incide sull’identità personale e dal tuo volto, dalla tua vita, pregando, traspare che tu sei di un Altro. Il divenire altro del volto di Gesù dice che ormai il suo volto narra l’invisibile volto di Dio. La preghiera agisce su colui che prega e pregando fa emergere, a lui innanzitutto e per gli altri, la bella identità profonda, quella che si porta dentro: essere fatto a immagine e somiglianza di Dio (Gen.126) In altre parole lo spazio della preghiera ti fa prendere coscienza di chi sei veramente, ti porta sempre più in alto, dà dignità alla tua persona e ti invita ad elevarti, mentre il rischio di essere totalmente immerso nelle cose della vita, pur importanti, è quello di farti vedere ciò che tu non sei. La preghiera è comunicazione di Dio a Gesù mediata dalla "conversazione" di Mosè e Elia con Gesù stesso. La successione "Mosè ed Elia" rispecchia l’espressione "Mosè e i Profeti" che in Luca indica la Scrittura, la Torah e i Profeti (.Lc.16,29;31,24-27)). Ovvero, la preghiera di Gesù appare essere essenzialmente ascolto della Parola di Dio attraverso la Scrittura, ma un ascolto che diviene conversazione con la stessa Parola. La Parola di Dio, che è luce sui passi dell’uomo, trasmette luce e illumina chi la ascolta (Lc.9,29). Del resto, "ascoltare" significa far abitare l’altro in noi, farsi dimora dell’altro. Nella preghiera Gesù trova conferma al proprio cammino, ormai orientato verso la passione, morte e resurrezione (Lc.9,22)), e lo coglie in continuità con la storia di salvezza condotta da Dio con il suo popolo. In effetti, Mosè ed Elia parlavano con lui del suo "esodo" (Lc.9,31,letteralmente) che avrebbe compiuto a Gerusalemme. Non a caso, poco dopo, si specifica che Gesù rivolgerà con risolutezza il suo volto e i suoi passi verso Gerusalemme (Lc.9,51)). La preghiera illumina e orienta le decisioni esistenziali. L’ascolto della Parola di Dio e la preghiera, mentre confermano Gesù nel suo essere Figlio in rapporto al Padre, gli danno forza per affrontare l’ostilità degli uomini. La sua solitudine ("Gesù restò solo" :Lc.9,36) è segno di colui che nella preghiera è riuscito grazie allo Spirito ad entrare in intima comunione con il Padre La maniera in cui i discepoli riescono a vedere la trasfigurazione di Gesù è la vigilanza, la lotta contro il sonno che appesantisce il corpo e toglie lucidità. E si assiste anche al mutamento dei discepoli che passano da un parlare insensato (Pietro che "non sapeva quello che diceva": v. 33), all’ascolto ("Ascoltate lui": v. 35) e infine al silenzio ("Essi tacquero e non annunciarono niente a nessuno": v. 36). È il silenzio che custodisce il mistero dell’evento a cui hanno assistito, è il silenzio il grembo in cui la Parola viene compresa, interiorizzata; è il silenzio l’alta montagna in cui quella Parola si trasfigura pienamente nel "Verbo di Dio" il Cristo Signore.