La nostra umanità luogo di fede
1° Domenica di Quaresima anno C
(Dt.26,4-10;Sal.90;Rm.10,8-13;Lc.4,1-13)
Le domeniche di quaresima sono vere e proprie catechesi di fede e di vita, perché la Parola di Dio che ascoltiamo nella assemblea liturgica ha come scopo quello di farci riscoprire il senso della presenza di Dio nella nostra vita, del nostro rapporto con Lui fin dal giorno del Battesimo e soprattutto, di renderci con- sapevoli di un continuo cammino di conversione per essere coerenti con ciò che professiamo. In ordine, i temi che vengono trattati in queste cinque domeniche sono: quello della fede, della alleanza, della conversione, del perdo- no e della misericordia. Il tema della fede attraversa le letture odierne. La prima lettura presenta una professione di fede con cui Israele fa memoria del- le meraviglie operate da Dio in suo favore: Israele dice la fede narrando una storia, non con astratte affermazioni teologiche. Dovrebbe essere così anche per noi: credere è cogliere i passaggi di Dio dentro la nostra vita rendere grazie e farne memoria. A questo serve la Scrittura: per illuminare e interpretare in chiave di fede le nostre situazioni esistenziali. La seconda lettura contiene la professione di fede cristiana: professione di fede che non è un momento puramente verbale o intellettuale, ma coinvolge “bocca” e “cuore” (Rm.10,8- 10), interiorità ed esteriorità, tutta la persona nella sua corporeità. E’ la persona nella sua interezza e “con” la sua interezza che crede. Il Vangelo, infine, presenta la fede di Gesù come lotta contro il tentatore e principio di decisione e di scelta. La fede non è, se non tentata: questo dice il brano delle tentazioni di Gesù. Per poter parlare di fede, è necessario essere stati messi alla prova e aver messo in gioco nella lotta della vita, la scelta di Dio, come scelta di fiducia in Lui e di fedeltà alla sua parola. Le “tre” tentazioni di Gesù, indicano: da una parte la continua adesione al Signore nella nostra vita dall’altra la possibilità di vivere in obbedienza a Dio e alla sua Parola: si deve scegliere Il digiuno, la solitudine e il silenzio del deserto, così come il ricorso esclusivo alla Parola della Scrittura senza alcuna parola propria, sono elementi dell’essenzialità e della radicalità cercate da Gesù. Ovvero del suo abitare il proprio cuore e del suo far regnare Dio solo sul proprio cuore. Gesù vince le tentazioni custodendo la sua umanità senza scendere nel subumano e senza innalzarsi nel sovrumano. E’ la fedeltà alla Parola che lo rende forte, una fedeltà per la vita. La prima tentazione mostra Gesù che non assolutizza il proprio bisogno e non ne cerca una soddisfazione immediata. Gesù non evade dalla condizione creaturale dell’uomo per cui il pane viene tratto dalla terra con la fatica e il sudore del lavoro e non ricorrendo a espedienti magici o tecnici di manipolazione della realtà. Gesù ci insegna a non vivere la vita solo in chiave di bisogno; dobbiamo soddisfare i bisogni, ma non quasi fossero tutto; esistono infatti nella persona umana altri bisogni, che non sono solo quelli del corpo e dei piaceri corporali, ma anche i bisogni di relazione, di autenticità, di verità, di vivere in armonia con se stessi. “Sta scritto: non di solo pane vivrà l’uomo”(Lc.4,5) E oltre ai bisogni esistono anche i desideri, compreso il desiderio di Dio, compreso il desiderio di nutrirci della parola di dio, il desiderio di aver sere di Dio Nella seconda tentazione Gesù non si sottrae ai limiti spa- zio-temporali della condizione umana: Luca afferma che il diavolo gli mostrò, in un impressionante accorciamento temporale e in una smisurata dilatazione spaziale che ben esprime la vertigine e il delirio dell’onnipotenza, “in un i- stante” “tutti i regni della terra”. Gesù non cede al fascino del tutto, ma resta abitante del limite, custodisce l’unicità di Dio e la distanza da lui: “Solo al Signore tuo Dio ti prostrerai” (Lc.4,8; Dt.6,13) Nella terza tentazione Gesù non cede al fascino del prodigioso, dello spettacolare e non si sottrae ai limiti della propria corporeità. Gesù non impone la sua messianicità con gesti straordinari che costringano a dargli l’adesione. Gesù custodisce la limitatezza e la mortalità della condizione umana e si rivela il Figlio di Dio dentro la sua concreta umanità. Insomma la tentazione è vinta custodendo l’umanità, che è ciò in cui consiste l’immagine e la somiglianza della creatura con il Creatore, ed è vinta con l’obbedienza a Dio nell’umanità concreta, fragile e mortale. Gesù, per onestà verso Dio, si rifiuta di porre Dio là dove facilmente l’uomo lo situerebbe, cioè nel miracolistico, nel prodigioso, nello spettacolare, nel rassicurante, nel sacro, in ciò che si impone. Ma allora gli spazi per Dio si restringono e viene il momento in cui l’immagine di Dio viene avvolta dal buio, dal silenzio, dalla non-evidenza. Sulla croce, nella debolezza, anzi, nell’impotenza di chi è crocifisso, nel buio che avvolge la terra e nel silenzio di Dio, Gesù or- mai narra la presenza di Dio nella sua nuda persona: egli è “l’immagine del Dio invisibile” (Col.1,15). Sulla croce Gesù rivela il volto paradossale di Dio e apre la speranza della salvezza a ogni creatura, a ogni uomo. Lì, sulla croce, le tentazioni vengono definitivamente vinte.