LA GLORIA CHE VIENE DALLA CROCE
DOMENICA DELLE PALME O DEI RAMI D’ULIVO
(Is. 50,4-7; salmo 21; Fil.2,6-11; Lc. 22,14-23,56)
Gesù oggi è esaltato dalle folle per “i prodigi che avevano veduto”(Lc.19,37) Sarà questo osannare di folle, tutto questo vociare festante di gente, la grande manifestazione attesa da Israele circa il Messia? Saranno tutti questi tributi di stima, di onore, di accoglienza popolare il segno che ciò che Gesù dice e fa viene da Dio? “Quali segni fai perché possiamo credere in te”(Gv.6,30) Forse anche i suoi discepoli non vedevano l’ora che il loro Maestro fosse esaltato, e avranno pensato: “ Ecco il trionfo, ecco che vince! Finalmente, dopo di Lui tocca anche a noi…” Illusi. La cosa, infatti, si è messa male, molto male. Il popolo di Gerusalemme condannerà a morte Gesù, conferendo la libertà ad una persona che oggi verrebbe considerata un terrorista, un certo Barabba. E saranno le stesse folle che prima gridavano: “ Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore”(Lc.19,38), a strillare subito dopo: “Crocifiggilo” (Lc.23,21). E se oggi, durante l’ingresso trionfante nella città santa, Gesù sarà attorniato da tanti discepoli e molti fans…, sulla via del calvario sarà solo a sostenere la croce, aiutato e sorretto da un uomo della campagna, scortato da soldati violenti e da alcune pie donne che provano una grande pena. Dice don Primo Mazzolari. “ Ecco che un nuovo Simone, un povero Simone venuto da Cirene, impresta le sue spalle a Cristo, in luogo di Simone, l’eletto. Certe nostre falle, la Provvidenza le chiude con il cuore dell’ultimo, perché questa è la verità: gli ultimi saranno i primi”( La via Crucis del povero, pag.76) Gesù è accolto, atteso, osannato dalla maggior parte della gente finché fa comodo: vede in Lui uno che può buttare fuori l’occupante romano, che può rispondere alla voglia di dominio dei capi: scribi e farisei soprattutto, ma non solo loro, volevano un re forte, dotato di carisma e ascendenza sulla gente, capace di compiere azioni meravigliose per sconfiggere altri uomini che rappresentavano i loro nemici. Tutta questa festa attorno a Cristo è, pertanto, una festa molto ambigua, sospetta, carica di attese personali, di interessi, di aspettative politiche alle quali Gesù non ha risposto, perché Lui non è un re di questo mondo (Gv.18,36) ed è venuto a portare per tutti un fuoco di amore (Lc.12,49) e non la violenza. Per questo è stato subito deposto, messo da parte, rifiutato, ucciso. Il Vangelo ci dice chiaramente che la condanna di Cristo è la condanna scandalosa di un innocente. Per tre volte Pilato afferma che Gesù non ha commesso nulla di male: Lc.23,13.15.22. Molta gente che è stata beneficata da Gesù, che è stata da lui amata, ha certamente e ipocritamente taciuto. Ignavia, paura, vergogna, complicità, interesse, convenienza, conformismo: sono tanti i motivi che spingono il cristiano a tacere quando dovrebbe parlare oppure dovrebbe dire parole dense dello scandalo evangelico e non parole allineate, che non scomodano più. E sia chiaro che le parole evangeliche non scomodano solamente chi le ascolta, ma anzitutto chi le pronuncia. Perché pongono quest’ultimo nella condizione di minorità, di povertà, di abbassamento propria del suo Signore. La gloria umana che tutti rincorrono e accarezzano attorno a Gesù appare, durante la passione, per ciò che è: menzognera, violenta e prevaricatrice. La gloria umana, quella che mette al centro se stessi usando gli altri è fatta solo di un mucchio di parole e di falsità. Ciò che è importante nella vita è se stessi, mai quello che gli altri ti vogliono far diventare. Per un credente la cosa più importante è essere se stessi in Cristo. E che siamo sulla buona strada, al riguardo, lo dice la croce che ogni vero discepolo, che in tutto voglia seguire il suo Signore, deve portare.(Mt.16,24) Croce che viene dal di dentro, innanzitutto: perché essere di Cristo significa vincere se stessi e quella voglia di apparire, di dominare, di godere ad ogni costo che tutti prende; croce, poi, che il mondo ti impone, perché il mondo non accetterà mai alcuna persona che proclami la morte di sé perché fiorisca l’amore. Questa è per il mondo stoltezza.(1Cor.1,18ss) Ma la stoltezza del mondo è la forza del credente perché Dio rivela la sua gloria proprio nella debolezza, nella croce.(1 Cor.3,19) Per cui Paolo dirà: “ Quando sono debole, è allora che sono forte!”(2 Cor.12,10) La croce, pertanto, è il frutto della obbedienza, non servile ma amorosa, che il cristiano ha per Gesù crocifisso: come il Maestro, sa che per amare bisogna svuotare se stessi, (Fil.2,8) per riempire il vuoto del proprio “io” con un amore che abbraccia gli ultimi, i poveri, i peccatori, coloro che non ce la fanno, i senza Dio. Il discepolo di Cristo sa che la sua gloria, quella vera, quella che nasce dalla fede, può venire solo dalla Risurrezione frutto di un marcire e un morire densi di amore e di dono di sé. “ Se il chicco di frumento caduto in terra non muore, rimane solo. Se muore porta molto frutto”(Gv.12,24)