La gioia che viene da Cristo
3° Domenica di Avvento anno A
(Is.35,1-6a.8a.10; sal.146; Gc.5,7-10; Mt.11,2-11)
Un invito alla gioia percorre tutta la liturgia odierna, fin dall'inizio: "Rallegratevi sempre nel Signore...". Lo stesso invito si coglie all'inizio della prima lettura: "Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa..." (Is. 35,19) Abbiamo grandissimo bisogno, anche noi, di sentirci rivolgere questo pressante invito a godere, a gioire, a rallegrarci. Il motivo di questa gioia è palese e costituisce il tema fondamentale dell'Avvento: "Coraggio, non temete: il vostro Dio viene a salvarvi.."(Is. 35,4). Siamo richiamati ad una presa di coscienza di un fatto che si è già verificato per noi e per tutti gli uomini: una volta per sempre Gesù si è fatto uomo per salvarci. La Chiesa ci ripete: "Sono venti secoli che Lui è venuto, con il suo dono di salvezza: l'avete conosciuto? L'avete accettato?". Forse per qualcuno ha ancora valore la domanda degli inviati di Giovanni Battista: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?"(Mt. 11,3). Da qualcuno di noi, anche di noi credenti, forse Gesù non è ancora riconosciuto pienamente come il Messia, l'atteso, il desiderato, come suo Salvatore. Il prossimo Natale ci ripete questa grande verità, centro della storia: Gesù è venuto. Il suo Sangue è stato sparso per noi. La sua vita è a nodisposizione. Il suo messaggio è stato predicato sui tetti. Potremo dire di non averlo sentito? Tutta la nostra miseria, il nostro grande vuoto, i problemi che ci angustiano, le ansie della vita, le incertezze interiori sono una grande attesa di Gesù, sono altrettante voci che chiamano il bisogno di Lui: Maranathà, vieni, Signore Gesù, il mondo e tutto il mio essere ha bisogno di Te!. In Lui il Padre ha messo il compimento di ogni buona speranza. Proprio oggi il profeta Isaia, quasi con vivi colori di una tavolozza di pittore, ci presenta il dono della speranza messianica come una gioiosa fioritura d'ogni bene, come guarigione dai mali, come gloria, stupore inaudito, felicità senza fine. E Gesù, nel brano evangelico odierno, conferma di essere tutto questo: "I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella..." (Mt. 11,5). Gesù è tutto questo per noi: è la via su cui camminiamo sicuri; è la luce che ci illumina; è la vita nuova che ci fa risorgere dal peccato. Tuttavia per accogliere Gesù bisogna essere "poveri"; vale a dire coloro che, vuoti di tutto, aspettano tutto da Gesù; bisogna non "scandalizzarsi" di Lui, cioè non vergognarci di appartenerGli, di essere suoi di fronte a chiunque, bisogna accogliere la sua parola e il suo messaggio senza cecità e sordità di cuore. E' così di noi? Sono queste le condizioni necessarie perché si realizzi la salvezza, perché per noi sia veramente Natale. Solo ai poveri, infatti, viene predicata la buona novella. Il messaggio dell'odierna liturgia è più che mai conforme alle attese del momento presente: l'uomo infatti ha sete di gioia. Tutto, oggi, rivela questa frenetica fame di felicità. La corsa dell'uomo verso tutte le esperienze, facilitate dal progresso, dal maggior tempo libero, da un più elevato tenore di vita, da una maggiore disponibilità di mezzi, ne sono una prova. Eppure, come si fa a non vedere che proprio l'uomo d'oggi è insoddisfatto, è malato di malinconia, è facilissima preda della disperazione e dell'angoscia? Dietro la facciata rumorosa, affascinante della gioia mondana, c'è una spaventosa tristezza, causata dal vuoto morale, dalla mancanza di ideali in cui si dibatte la maggior parte dall'umanità, specialmente i giovani. L'uomo d'oggi ha sbagliato la meta della sua felicità, ingannato da troppo facili promesse, da messianismi che con il tempo si rivelano deludenti e superficiali.. Il messaggio della gioia cristiana, concretizzato in Gesù, - il Gesù di ieri, di oggi e di sempre, - si pone pertanto come alternativa alle attese insoddisfatte dell'uomo."La felicità consiste nello stare con Gesù ventiquattro ore su ventiquattro". Sono parole di una donna che ha consumato la sua vita per gli altri, per i più poveri del mondo". Sono parole di Madre Teresa di Calcutta."La gioia è preghiera, la gioia è fortezza, la gioia è amore, la gioia è una rete d'amore, con la quale possiamo arrivare alle anime. Dio ama chi dona con gioia. La miglior via per dimostrare la nostra gratitudine a Dio e alla gente, è accettare tutte le cose con gioia. Un cuore contento è il risultato normale di un cuore che brucia d'amore. Ci ricorda il libro del Siracide: "Non darti in balia della tristezza, e non tormentarti con i tuoi pensieri. La gioia del cuore è la vita dell'uomo, l'allegria dell'uomo è lunga vita. Venga consolato il tuo cuore, tieni lontano la profonda tristezza, perché la tristezza ha rovinato molti e in essa non c'è nessun vantaggio. Un cuore nella gioia, limpido e sereno gusta tutto quello che mangia"(Sir. 30,22-27) Ecco Gesù è venuto perché tutto il nostro essere sia nella gioia, quella gioia che soprattutto nelle difficoltà e nel turbamento dona pace, perché su di Lui abbiamo riposto il nostro presente e il nostro futuro.