LA FESTA DELLA GENTE SEMPLICE
DOMENICA DELLE PALME
(Is.50,4-7;Fil.2,6-11;sal.21; Mc.14,1-15,47)
Qualche giorno fa qualcuno mi diceva con molta verità: " Caro padre, quest'anno le palme e l'ulivo, che vengono benedetti e portati nelle case e donati alle persone care, come segno di autentica pace, quella di Dio, versano lacrime". Sono le lacrime di chi ha perso il lavoro e non sa come mantenere la famiglia, di qualcuno che ha visto fallire la sua azienda assieme alle fatiche e ai sacrifici di anni di lavoro, sono le lacrime di tanti genitori, parenti, fidanzate e fidanzati, amici che vedono le persone amate lasciare la propria casa e la propria terra, per andare a lavorare fuori, per avere un futuro; sono lacrime di sconforto di tutti noi che, particolarmente oggi, assistiamo impotenti a famiglie che si sfasciano, a maltrattamenti tra le pareti domestiche, alla banalizzazione e commercializzazione del sesso; sono lacrime per i nostri fratelli extracomunitari che muoiono senza affetti, senza dignità; lacrime per qualche risorgente forma di razzismo, lacrime, infine, causate da attentati e da violenze di ogni tipo in varie parti del mondo… Gridiamo a Dio il dono della pace, ma pare che non sentiamo la dolce voce del Padre che parla con la grande ragione che tutti noi siamo suoi figli, creati per volersi bene, dimostrandolo nella giustizia e nel perdono. Riflettendo su tutto questo, colpisce come Gesù, il Maestro che, pure essendo il Creatore di tutto e di tutti, la stessa ragione della nostra esistenza, l'origine della bellezza del creato, ami sempre vestire gli abiti della umiltà, come fosse l'ultimo di tutti. La sua grandezza è l'amore che si accompagna sempre con l'umiltà e la povertà. Così ce lo presenta S. Paolo: "Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil. 2,6-11). Gesù si trova bene tra la gente semplice, genuina, sincera nei sentimenti e nell’accoglienza. Perché La gente semplice non conosce affatto la pericolosità dell'orgoglio che a volte ama esibire le sua forma di superbia, che fa degli uomini "lo sgabello dei suoi piedi" e "oggetti delle sue ambizioni. La gente semplice è quella che ha conservato gli occhi del cuore "puri", ossia capaci di "vedere" il volto della bontà, di Dio. Per la gente semplice, che a Pasqua si era data appuntamento a Gerusalemme per la festa, Gesù era l'uomo dolce, l'amico cui potevi affidare tutto te stesso, sapendo che non ti usava, ma ti faceva crescere nella vita, nella gioia. Bastava vederLo una volta, Gesù sul proprio cammino, per accorgersi che il suo nome era uno solo "Amore senza fine". Gesù, in mezzo a tutta quella gente vuole in un certo senso anche Lui inventare la "sua" festa, che sembra fatta su misura per chi è umile e semplice, come spero siamo tutti noi. Inventa un corteo festoso. Si fa prestare un puledro per trono e lo cavalca passando fra la gente, a cui non pare vero di tributarGli la più grande gioia possibile "La gran folla, che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e ulivi e uscì incontro a Lui gridando: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele!" (Mc. 11,7-9) Nel Vangelo c'è scritto anche che questo trionfo, così ricco di gioia e di umanità, esaltava il suo "Venire nel nome del Signore", (v.9) rivelava tutto l’Amore di Dio per il suo popolo, anche per noi. Nessuno di noi si accodi a quei farisei, di allora e di oggi, che non vorrebbero che Gesù entrasse nella nostra storia, perché non amano affatto che Altri, dal Cielo, traccino il cammino della storia umana: quello segnato da un arcobaleno di pace che riconcilia il cielo con la terra e la terra nelle sue varie regioni. E dove arriva la palma che riceveremo oggi, facciamo in modo che arrivi Gesù: nelle nostre famiglie, tra i nostri amici, con il coraggio di dirci: "La pace di Dio sia con te e con tutto il mondo"! Abbracciandoci tutti, come segno di rinnovata reciproca fiducia. Quella medesima fiducia che Dio, nonostante i nostri peccati, continua a darci dopo ogni caduta e tradimento. "Nell'agonia dei nomi, amava dire Mons. Tonino Bello – sono irrimediabilmente logorati termini come progresso, ideali, destra, sinistra, civiltà, giustizia, libertà, – solamente Shalom, che vuol dire pace, non ha mai cambiato significato. La pace non è ricavata dai nostri pozzi di petrolio... E' un'acqua che scende dal cielo, e siamo noi che dobbiamo canalizzarla, perché giunga a ristorare la terra". E, di fronte alle nostre frustrazioni, sempre Mons. Bello affermava: "Ho letto da qualche parte che gli uomini sono come angeli con un'ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un'ala soltanto, l'altra la tieni nascosta forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo".