La bellezza che viene dalla croce - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

La bellezza che viene dalla croce
2° Domenica di Quaresima anno C
(Gen.15,5-12.17-18;sal.26;Fil.3,17-4,1;Lc.9,28b-36)

Il dolore, la delusione, il senso del vuoto d’animo, la disperazione e tutto quello che volete, è come se lasciasse la sua impronta sul viso di tutti. Facile leggervi quel che uno sta vivendo, sempre che abbiamo occhi per leggere l’anima di chi ci sta vicino. Non si può nascondere l’anima. Quando incontro qualcuno o, ancor più, quando qualcuno viene a trovarmi per esporre i suoi problemi, soprattutto se angosciano, è come se quello che dicono fosse scritto sul volto. Inutile nasconderlo o fingere. Almeno tra amici. Così come a volte si legge la grande gioia o la grande bontà, che è in una persona. Il volto si illumina: “si trasfigura”. Ho nei miei ricordi “volti trasfigurati”, che facevano e fanno trasparire, senza che loro se ne accorgano, il bello che vivono. Di alcuni di essi porto un ricordo indelebile. Come quello del grande Giovanni Paolo II. Quando incontrava qualcuno, e soprattutto i bambini, o viveva eventi come le Giornate Mondiali della Gioventù, si veniva rapiti da quel volto radioso, come se vivesse in Cielo. Ho avuto il dono di celebrare due volte con lui la S. Messa, nella sua cappella, in Vaticano. Mi distraeva o coinvolgeva il suo volto: immerso totalmente nel Mistero che viveva. Così come il volto trasfigurato di mia madre, quando mi abbracciò nella ordinazione sacerdotale. Chi di noi vive l’esistenza in pienezza di fede e carità conosce questi momenti di “trasfigurazione”, a volte per la gioia, a volte per il dolore. Questo lo considero un grande dono del Padre. Il Vangelo di oggi ci racconta appunto “la Trasfigurazione” di Gesù sul monte Tabor. Posso immaginare il volto di Gesù, che non conosceva certamente il buio delle nostre debolezze, ma che doveva essere sempre “bello come il sole”, quando parlava alle folle, che si lasciavano catturare dalle Sue Parole illuminanti e dal Fascino della Sua Persona, fino a dimenticare stanchezza e fame, al punto da commuoverLo. Ora è in  cammino verso Gerusalemme, ove non avrebbe trovato solo la bellezza della città santa, ma anche il rifiuto della Sua persona: proprio lì lo attendeva la sua prossima morte in croce, il suo “esodo” del quale parlava con Mosè ed Elia. Credo che anche in Gesù, il pensiero di quello che lo aspettava, velasse il viso di grande tristezza, accolta però con serenità, perché sapeva che sulla croce, avrebbe dato la sua vita, come supremo atto di amore al Padre, per farci tornare figli. Ma sapeva anche che quella morte avrebbe scandalizzato i suoi, che si sarebbero sentiti traditi, come ingannati. Voleva quindi rassicurarli, far vedere loro quale sarebbe stata la meta, il traguardo, la gioia e la bellezza che li attendeva, assieme a Lui, perché diventassero così capaci di sopportare la fatica del cammino. Perché questa è la storia di ogni uomo, molto simile a quella dei discepoli, se non a volte peggiore: abbandonare Dio, quando si fa buio nella vita. Ci sono delle parole che nel Vangelo ascoltiamo molto volentieri, ma non certo la parola della “croce” La parola della croce ripugna ai nostri desideri e ai nostri progetti. Per questo arriva, forte, l’invito di Dio dalla nube: “Ascoltatelo!”. Ascoltatelo! Ascoltatelo! Anche se va contro i vostri desideri, contro le vostre logiche troppo umane, anche se non riuscirete mai a capire fino in fondo il mistero di una morte offerta per amore, come quella del chicco di grano che per dare molto frutto deve marcire e morire sotto la terra. A nessuno di noi,infatti, piace marcire e morire nelle relazioni amorose; o amare nel nascondimento e nella incomprensione degli altri, magari nella ingratitudine della stessa persona amata. A tutti, al contrario, piace veder riconosciuti i propri atti di carità, vedersi e sentirsi gratificati e contraccambiati quando amiamo il prossimo. Vedersi rifiutati proprio da coloro che si ama è troppo difficile da sopportare. Gli apostoli, eccetto Giovanni, sono stati ingrati con Gesù: lo hanno lasciato solo sotto la croce, con la madre e alcune donne…Nemmeno una parola di consolazione per loro. Sono scappati e basta. Eppure il cuore di Gesù non ha cessato un istante di palpitare per loro e dopo la sua risurrezione,Lui stesso è andato a cercarli, perché il vero amore fa sempre il primo passo, anche nell’usare misericordia. Troppi, anche tra i discepoli di Cristo, si lasciano sedurre dall’inganno del mondo, che cerca di farci credere che la vera nostra “trasfigurazione” stia nel possesso dei beni della terra, nei comportamenti trasgressivi, nel mettere i piedi in testa agli altri, nella superbia, nella idolatria di se stessi,del proprio corpo, paghi solo di apparire cristiani e non di “esserlo veramente”. Ma si può mai confrontare  la bellezza, la serenità, la pace di una persona  che si è avvicinata a Cristo, magari dopo un faticoso cammino di conversione, con la smorfia che è in tanti per la delusione e l’amarezza che provano dopo un momento di superficiale felicità? Ha proprio ragione S.Paolo, che nella lettera ai Filippesi scrive “Molti, ve l’ho detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo: perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi: grande sarà la loro perdizione” (Fil 3,4-1


Don Roberto Zambolin


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