L'ORA DELL'OBBEDIENZA
5° Domenica di Quaresima
(Ger. 31,31-34; sal. 50; Ebr. 5,7-9; Gv. 12,20-33)
Quando Filippo e Andrea riferiscono a Gesù la richiesta di alcuni greci:“Vogliamo vedere Gesù”(Gv. 12,21) egli risponde che è giunta la sua "ora". (Gv. 12,23) Quale ora? E’ l’ora del “morire per dare la vita”, perché l’amore è vero quando genera vita; ciò è possibile a prezzo di se stessi, del proprio sangue, della personale spoliazione. “ Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se muore produce molto frutto”(Gv. 12,23) I pochi versetti della lettera agli Ebrei che leggiamo oggi, mettono in luce la drammaticità dell’ora di questo amore, quando ci riferiscono che l’ora di Gesù è stata l’ora della sua obbedienza al Padre. “Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì”(Ebr.5,9). Una frase che ci sorprende, per due motivi: può un padre (il Padre, l’Amante) chiedere ad un figlio (il suo Figlio, l’Amato) l’obbedienza a Lui fino alla morte? Ricordate lo sgomento dell’anziano Abramo di fronte alla richiesta di Dio di sacrificarGli il figlio Isacco? (Gn.22) E poi: ad obbedire impara colui che non sa cosa sia l'obbedire, e non ha mai obbedito, mentre Gesù ha sempre obbedito al Padre. Evidentemente, le cose non sono così banali, e il discorso è troppo serio, troppo decisivo per Gesù e per noi. Gesù ha imparato ad obbedire all'interno di un'esperienza drammatica. ( Quante volte è toccato anche a noi!) Di fronte ad un prezzo così alto da pagare all’amore, Cristo si trovò di fronte all'istinto di sottrarvisi. Più volte, infatti, era assalito dalla tentazione di fuggire il pericolo della cattura che vedeva avvicinarsi, oppure di allontanarsi da Gerusalemme come gli stessi discepoli più volte lo avevano esortato a fare. Più volte era tentato di far valere se stesso davanti al Padre; di far valere la sua uguaglianza con il Padre. Nell'orto degli olivi dove offrì “preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte”,(Ebr.5,7) la sua umanità gli presentò il pensiero di averla già compiuta a sufficienza la volontà del Padre; gli si affacciò il pensiero che già aveva esaurito il suo cammino di obbedienza e che andare oltre era impossibile. Sangue ne aveva già versato abbastanza, dunque poteva fermarsi, era legittimo chiedere di essere liberato dalla morte che lo attendeva. Ma Gesù non si fermò, si addentrò totalmente nel duro itinerario che l'aspettava, per esaurire l'obbedienza al Padre, certo che essa era la strada della libertà, poiché era la strada dell'amore, poiché il Padre gli chiedeva amore senza confini per tutto il genere umano, un amore provato con la fedeltà del sangue, per poi ridargli la vita con la risurrezione. Scrive Lutero: “ Il bacio di Dio è un bacio mortale. Se Dio ti ama ti uccide, perché così ha fatto con il suo Figlio”. Ricordiamo l’espressione del testo latino con la quale Gesù esala l’ultimo respiro: “Consummatum est”. Tutto è compiuto, tutto di me è stato consumato. In una situazione così drammatica, dove tutto l'umano si ribella, Cristo, che già aveva imparato l'obbedienza dalle tante cose che già aveva patito, fece il passo ultimo e decisivo per impararla. Questo passo ultimo e decisivo era necessario perché l'obbedienza al Padre si compisse. Senza questo ultimo passo, anticipato da tutti gli altri passi di Cristo, vissuti verso quel passo finale, tutta l'obbedienza di Cristo sarebbe caduta; l'umano, la paura, l'angoscia avrebbero avuto il sopravvento. Gesù non avrebbe potuto pronunciare le parole: “Tutto E' compiuto” Noi obbediamo mossi da ragioni di convenienza umana. E' obbedienza, ma diventa vera obbedienza solo quando obbediamo all'amore, avendo come prospettiva di utile l'Amore. Quando obbediamo senza rancore, senza astio. Quando non c'è niente che ci gratifichi umanamente, quando non ci sono ritorni per ciò che facciamo ma solo ed esclusivamente il servizio e l’amore. E’ difficile obbedire da umili servitori, lì dove il Signore ci ha messo, amando le persone con le quali il Signore ci ha chiamato a vivere nella dura ferialità, tra fatiche e gioie relazionali, senza mai smettere, anche in mezzo alle difficoltà e ricorrenti antipatie, di donarci. Meglio chiedere obbedienza, magari da padroni, che esercitare l’obbedienza da umili servi, quando obbedire è andare contro ogni utile umano, anche il più recondito. Lì nella situazione di dolore, quando tutto ti suggerisce di fuggire, lì si impara l'obbedienza a Dio, cioè si impara che essa è via d'amore, via di purificazione, via di libertà. Mi vengono i brividi a pensare che Gesù andò avanti sulla vita dell’obbedienza all’amore per salvare il mondo, anche se poi sono continuati i massacri delle guerre, le crudeltà efferate, le tante istituzioni fondate sul male. E quando penso che Gesù fece quel passo non solo per obbedire al Padre, ma perché altri lo seguissero su questa via dell’obbedienza per amore…Davvero Gesù non ha fatto calcoli umani prima di amare! Quanto siamo distanti noi che, prima di obbedire all’amore, guardiamo se ci torna qualche risultato senza renderci conto che possiamo salvare solo quelle persone che amiamo, fedeli, fino alla fine.