Incontrare per sempre Dio - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Incontrare per sempre Dio
( Is.25,6-10; salmo 22; Fl.4,12-14.19-20; Mt. 22,1-14)
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I brani biblici di questa domenica, ci fanno respirare tanta speranza e tanta gioia. La prima lettura, infatti, ci proietta oltre questo mondo e ci fa cogliere, nella fede, ciò a cui siamo destinati: incontrare per sempre Dio, in una comunione d’amore che abbraccia tutti gli uomini. Chissà quante volte ci chiediamo: che cosa vi sarà alla fine di questa vita? Continuerò a vivere o scomparirò nel nulla? Finirà tutto di me, oppure entrerò in una nuova vita? Anche noi cristiani, pur celebrando la Pasqua del Signore tutte le domeniche, e pur alimentando la nostra fede nella Risurrezione, siamo continuamente assillati da questi interrogativi. Oggi Isaia ci ricorda, e lo fa anche Gesù con la parabola del banchetto degli invitati alle nozze, che nostro comune destino è l’Amore, nel quale troveremo ogni sazietà spirituale, e in cui ogni ben-essere, di ogni genere, verrà saziato. Ma attenzione: questa speranza, non è una “speranza passiva”. Pensare al nostro incontro finale con Dio come all’ingresso in un mondo di serenità e di sicurezza, dove il Signore si cura dei suoi figli per sempre, non significa poltrire nella fede e nella carità. Non significa essere garantiti in tutto, e nemmeno credere sinceramente. E’ necessario che la Speranza venga alimentata dalle opere buone, quaggiù, e dalla carità. In altre parole, potremmo davvero capire che cosa è il banchetto pieno di speranza che il Signore ci ha preparato, se noi già fin d’ora rendiamo il mondo capace di sperare di più. Dovremmo, quasi, quaggiù, lavorare per costruire la speranza di lassù. Se aiuteremo i poveri a stare meglio, se riusciremo a farli sorridere, se miglioreremo i rapporti fra di noi, se saremo più giusti, onesti, trasparenti, se accetteremo con serenità i travagli e i momenti gioiosi della vita, senza brontolare continuamente o senza troppo deprimerci, capiremo allora qualche cosa di quello che significa “Risurrezione dai morti” e ci prepareremo meglio ad essa. Se, anziché essere strumenti di discordia o fomentarla, saremo donne e uomini di riconciliazione, se sapremo essere pazienti nelle tribolazioni cercando sempre il bene, senza essere “profeti di sventura” che dicono che va sempre male ogni cosa, capiremo, allora, che cosa vuol dire prepararsi ad un banchetto di speranza futuro, quello che il Signore ci ha preparato e che Isaia ci descrive attraverso il banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. (Is.25,6) Infatti, quello a cui parteciperemo, sarà un banchetto di nozze un po’ diverso da quello ai quali partecipiamo in questo mondo. Se, essere invitati ad un matrimonio, è sempre un bel momento, perchè si condivide la gioia di qualcuno a cui si vuol bene, si vedono amici e parenti persi di vista, però capita, anche molto spesso, che facciamo di tutto per schivare qualcuno che ci è antipatico; oppure che andiamo, quasi esclusivamente, per fare una bella mangiata o fare mostra dei nostri eleganti vestiti, magari scollati, esaltati da un tacco alto o da spille dorate, o da orecchini nuovi; per non parlare del costo di certi abiti, del quale ci lamentiamo, ma dei quali ci teniamo a fare grande sfoggio…. E’ buffo, vedere come, a volte, curiamo così tanto l’apparenza, da sembrare dei manichini di una lussuosa boutique…Il banchetto di nozze imbandito dal Signore per i suoi figli, ha tutt’altri connotati: è la partecipazione di gente che si è voluta bene, indipendentemente dalla simpatia e dai conflitti, che si è riconciliata con Lui e fra di loro, che ha fatto di tutto per servire il prossimo, che non ha disprezzato la croce del sacrificio e del dono di sé per amore dei fratelli, che si è vestita dell’essenziale per servire la carità: e cioè dell’abito della bontà, della mansuetudine, della dolcezza, della fraternità, della solidarietà. Insomma di tutte quelle cose semplici che rendono la persona amabile davanti a Dio e a tutti. In quel banchetto non vi saranno vicini e lontani, simpatici e antipatici, buoni e cattivi, ricchi e poveri. Chi si presentasse con un abito diverso, verrebbe cacciato fuori (Mt.22,13). L’amore di Dio, infatti, ricolma tutti di tutto, cosicché, ogni distinzione, viene abolita. Quelle persone del Vangelo che rifiutano l’invito del re al banchetto del suo figlio, banchetto pieno di ogni ben di Dio, lo fanno con le scuse più diverse, forse apparentemente buone, ma che rivelano, in realtà, un profondo egoismo: quello di curare le proprie cose. E’ gente che cerca solo ciò che fa comodo a se stessi, anziché ritrovare le ricchezze di sé amando gli altri; sono coloro che preferiscono essere serviti che servire, che preferiscono circondarsi di cose e di apparenze, anziché rivestirsi di amore, di sobrietà, di opere di bene Non si crede più nell’al di là, perché ci si è troppo persi e attaccati alle cose di qua, con conseguente dose di ansia e di infelicità, tra l’altro. Dice un salmo. “L’uomo nella prosperità non comprende è come gli animali che periscono”(Sal..49,13). Con una differenza sostanziale: che l’uomo, a differenza degli animali, ha la libertà e dovrebbe usarla per volare in alto; a volte, però, preferisce il fango alle stelle. La vita non è facile, per nessuno, e ognuno ha i suoi affari e i suoi affanni. Abbiamo anche valli oscure da attraversare, ma, spesso, invece di affidarci alla Parola, diamo ascolto ai consigli dei sapienti del momento. Ci capitano situazioni che fanno piangere? Invece di rivolgerci alla misericordia consolante del Padre, teniamo le nostre tristezze trasformandole in abitudini. Abbiamo situazioni interiori che ci tolgono la pace e la serenità? Cerchiamo ogni forma di divertimento e distrazione per non pensarci e per mettere tutto questo da parte, anziché rivolgerci al Signore e chiedere che ci mandi qualcuno che si metta accanto a noi e, in suo nome, ci conforti e, possibilmente, ci guarisca. Abbiamo in casa problemi di relazione? Scegliamo la via più facile, quella di abbandonare tutto e tutti e, con le scuse più varie, rifarci una vita…Insomma, ci diamo da fare per farci passare ogni appetito, ignorando ciò che davvero ci toglierebbe la fame per sempre. Forse se fossimo un po’ più umili, se ci circondassimo di meno cose, se fossimo un po’ più poveri, e se avessimo un pizzico di più di vigilanza, di prudenza, di discernimento; se fossimo un po’ meno cristiani di facciata e forse, anche, un po’ più atei… sarebbe meglio: capiremmo che cosa significa avere fame e sete di Dio e che cosa significa cercare gli altri perché noi non possediamo tutto. Ma tant’è: “ L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”. (Sal.49,13)


Don Roberto Zambolin


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