Il palcoscenico dei ciechi - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Il palcoscenico dei ciechi
4° Domenica di Quaresima anno A
(1Sam.16,1.4.6-7.10-13; sal. 22; Ef. 5,8-14; Gv 9,1-41)


C'è una bella piccola poesia di Trilussa, che ci aiuta ad entrare nel meraviglioso racconto del cieco nato guarito da Gesù.
"Quella vecchietta cieca, che incontrai la notte che me persi in mezzo ar bosco, me disse: Se la strada nun la sai te riaccompagno io, chè la conosco. Se ciai la forza de venimmo appresso de tanto in tanto te darò una voce fino là in fonno, dove c'è un cipresso, fino là in cima dove c'è la Croce. Io risposi: Sarà, ma trovo strano che me possa guidà chi nun ce vede. La cieca allora, me piiò la mano e sospirò: Cammina. Era la Fede!".
Fa impressione davvero come molti oggi siano nella condizione di quell'uomo che, pur vedendo, si era smarrito, nella notte, nel bosco. Non riescono a vedere il grande male che c'è in loro e attorno a loro. Nella Bibbia, nel racconto della Genesi quando satana cercò di ingannare Adamo ed Eva, fece la proposta di mangiare il frutto dell'albero del bene e del male, che Dio aveva proibito di toccare...lasciando però a disposizione tutto il meraviglioso Eden. Era poca cosa quell'albero rispetto a tutto il giardino! Ma, il serpente, il più astuto, 'suggerisce' che quell'albero abbia il potere di farli diventare 'dio', senza più 'bisogno di Dio'. In altre parole il demonio accecò i nostri progenitori, che si lasciarono sedurre dalla superbia della centralità di se stessi, ma poi si accorsero di essere nudi! (Gen. 3,1-10) Pare che questa cecità sia molto diffusa. Una cecità che ispira l'odio, la violenza, la stessa guerra. Una cecità che crea inaudite e ingiuste ricchezze e condanna alla morte per fame e sfruttamento milioni di fratelli. Una cecità che fa credere bene lo stesso male. Una cecità tipica di chi si svende al piacere, al denaro, al potere. Una cecità che oscura ogni bellezza del cuore, sfigura ogni somiglianza con Dio, rendendoci tremendamente 'nudi' a noi stessi e agli altri. L'ira, ad esempio, rende ciechi e non permette di valutare le conseguenze delle parole e dei gesti violenti che si compiono; l'odio impedisce di vedere i diritti al rispetto ed all'amore che hanno gli altri; la lussuria, il sesso sfrenato, nascondono la pain cui si sprofonda, a rovina propria ed altrui; l'invidia impedisce di vedere le qualità del prossimo, mentre la superbia nasconde ai nostri occhi gli errori e le deficienze proprie. Anche l'amore può velare la vista; ad esempio, l'amore materno e paterno inteso non nel retto modo, può portare ad una educazione o troppo severa, o troppo permissiva, che non costruisce il vero bene dei figli, ma provoca danni. Siamo poi "figli delle tenebre" quando dissipiamo i beni immensi dello spirito e della mente, talvolta anche quelli del corpo, per un breve spazio di vita scapestrata, o semplicemente per desiderio di avventura. A differenza dei figli di Dio, "i figli della luce" vivono della Sua bellezza e amore, e, per questo, sanno vedere la bellezza dei fratelli, la nudità dei poveri che ricoprono con la carità e la misericordia. Non conoscono l'odio, ma vivono la solidarietà. Abbiamo mai fatto attenzione agli occhi di chi sa amare? Di chi conosce la bellezza del bee sa valorizzare ogni dono di cui Dio ci ha circondati, dalla natura al cielo? Di chi sa darti una mano quando cadi? Di chi, come la 'vecchietta cieca' ti sa condurre alla Croce? Sono occhi che risplendono della stessa bellezza di Dio. Questi fratelli e sorelle, seguendo la via della 'vecchietta cieca', acquistano quella 'meravigliosa vista' che permette di 'vedere' tutto il bene, a cominciare da Dio ed i fratelli. Ben diversa la situazione di coloro che la Sapienza biblica condanna: "Hanno occhi e non vedono; hanno orecchie e non sentono, hanno piedi e non camminano; hanno mani e non palpano".(Sap.15,15) Il problema grave, allora, descritto molto bene dal brano evangelico di oggi non è il cieco. Sono gli altri. Per Gesù, guarire il cieco risulta relativamente facile: è una persona umile, consapevole della sua fragilità (il fango richiama la sua origine di creatura) alla sincera ricerca della luce necessaria per vedere meglio se stesso e il mondo. Egli sa che se anche ha a disposizione tutto ciò che vuole, mancandogli la vista gli manca tutto e non solo non può capire il giusto valore delle cose, ma neppure le può gustare. E sa che quell'uomo Gesù lo può illuminare, nel profondo; può rendere luminosa tutta la sua persona, corpo e spirito, perché l'essere umano è uno. E si fida; e si affida. Purtroppo il palcoscenico del mondo è affollato di numerosi ciechi, che dicendo di vederci bene di fatto hanno la presunzione.. di accecare gli altri. Con voi oggi prego Dio con queste parole del grande S.Agostino: "Signore Gesù, conoscermi e conoscerTi, non desiderare altro che Te. Odiarmi e amarTi: agire solo per amor Tuo, abbassarmi per farTi grande, non avere altri che Te nella mente. Morire a me stesso per vivere di Te. Tutto ricevere da Te. Rinunciare a me stesso per seguirTi, desiderare di accompagnarTi sempre. Fuggire da me stesso, rifugiarmi in Te per essere da Te difeso. Temere per me e temerTi per essere fra i Tuoi diletti. Diffidare di me stesso, confidare solo in Te: voler obbedire a causa Tua: non ata null'altro che a Te. Essere povero per Te. Guardami e Ti amerò; chiamami perché Ti veda e goda per sempre di Te".


Don Roberto Zambolin


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