Il grande dono della compassione - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Il grande dono della compassione
6° Domenica del Tempo Ordinario anno B
( Lv.13,1-2.45-46; sal.31,1-2.5.11; 1Cor.10,31-11,1;Mc.1,40-45)


I testi biblici di oggi ci presentano Gesù nel suo rapporto con tutto ciò che deturpa l'uomo e ne offusca la sua dignità di persona amata e creata da Dio. Il lebbroso era proprio l'espressione più concreta e vivente di tutto ciò. La prima lettura presenta la condizione del lebbroso secondo la Bibbia e il vangelo narra l'incontro di Gesù con un lebbroso. Il lebbroso rappresenta la persona emargi- nata per eccellenza.Colpito da una malattia sentita non solo come ripugnante, ma anche come dovuta a un castigo divino per i peccati commessi,vive la con- dizione più infamante e disperata in Israele. Egli è un "morto vivente", a cui sono interdette le relazioni famigliari e sociali, affettive ed erotiche, politiche e religiose. Egli è "come uno a cui suo padre ha sputato in faccia" (Nm 12,14). Alla sofferenza fisica si aggiunge la sofferenza morale e spirituale per l'emarginazione sociale, per l'allontanamento dalla famiglia perché la sua pre- senza è portatrice di possibile contagio, per il suo essere impuro e considerato peccatore. Il lebbroso è ad uno stesso tempo vittima e anche colpevole. Questo sguardo che gli altri portano su di lui, egli stesso arriva ad assumere su di sé: egli stesso grida la sua impurità affinché chi lo sente possa evitarlo (Lv 13,45- 46). La sua identità è quasi espropriata dalla sua malattia: egli è "l'immondo". Se ci mettiamo anche per poco nelle dinamiche mentali e affettive del lebbroso, possiamo capire il travaglio interiore di questa persona: sensi di colpa, com- plesso di inferiorità,chiusura in se stesso, depressione, bassa stima di sé..Egli non solo viene condannato dagli altri, ma anche si autocondanna. Ebbene,Gesù accetta di incontrare colui che tutti evitavano, mostrando così che l'impurità e la sporcizia più grandi sono quelle di chi rifiuta di sporcarsi le mani con gli altri e per gli altri. Forse la difficoltà di accostare gli immondi è data, in noi, dalla paura di far uscire le nostre personali impurità che ci metterebbero disagio e vergogna. Meglio tener nascosti i nostri peccati e non confrontarci con quelli degli altri; oppure parlarne sì, ma in conversazioni da cortile o da salotto: meno impegnative per noi¼ Gesù tocca l'emarginato, senza paura, violando ogni regola convenzionale e superando il tabù sacrale. Che uno lo abbia toccato,lo abbia accolto, lo abbia riconosciuto non per ciò che ha ma per ciò che è, significa che lui stesso può riprendere contatto anche con sé, che il suo isolamento non è senza speranza. Le misure di autodifesa della società sono vinte grazie alla compassione, che è il rifiuto radicale dell'indifferenza al male. La compassione è il rifiuto di abbandonare l'altra/o alla solitudine della sua sofferenza. "Il do- lore isola assolutamente ed è da questo isolamento assoluto che nasce l'appello all'altro, l'invocazione all'altro¼ Non è la molteplicità umana che crea la socia- lità, ma è questa relazione strana che inizia nel dolore, nel mio dolore in cui faccio appello all'altro, e nel suo dolore che mi turba, nel dolore dell'altro che non mi è indifferente. È la compassione¼ Soffrire non ha senso,ma la sofferen- za per ridurre la sofferenza dell'altro è la solo giustificazione della sofferenza, è la mia più grande dignità (Emmanuel Lévinas). E Gesù lo guarisce. La guari- gione trova anzitutto nel malato il primo e più potente alleato. Il lebbroso trova lo slancio per andare oltre le barriere innalzate dalla società; non si chiude nell'autocommiserazione, ma si slancia verso colui che egli crede che possa guarirlo. "Se vuoi, tu puoi". La guarigione inizia quando so di poter contare su un "tu" che mi accoglie e vuole anche lui il mio bene. La guarigione, prima an- cora di essere sparizione di sintomi, è ritrovamento di relazione, di preziosità agli occhi di un altro. Ma la guarigione che Gesù opera ha un prezzo: guarito il lebbroso, ecco che Gesù non poteva più entrare pubblicamente nei villaggi, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti (cf. Mc 1,45). Ovvero, Gesù si trova nella si- tuazione che era prima del lebbroso. Gesù guarisce ma al prezzo di una perdita, dell'assunzione della situazione dell'altro. Gesù prende su di sé la sofferenza dell'altro e appare come il Servo sofferente che ha assunto e portato le nostre infermità. Il testo latino di Is 53,4 parla del Servo come di un lebbroso: "Nos putavimus eum quasi leprosum ("Noi lo considerammo come un lebbroso"). Il testo diventa vera e propria rivelazione di Gesù Cristo: la miseria del lebbroso divie- ne la miseria del Crocifisso disprezzato e reietto dagli uomini,dove l'unico sen- za-peccato occupa il posto dei peccatori, di coloro che sono nella vergogna e nell'umiliazione. La potenza della guarigione è la potenza del Risorto, che apre ogni sepolcro: quello della morte fisica innanzitutto, e di ogni altra forma di morte. Ma la risurrezione e la guarigione richiede da parte di ciascuna/o il ri- conoscimento della propria creaturalità e l'accettazione delle nostre debolezze, senza metterci o lasciarci mettere maschere e perbenismi di alcun genere.


Don Roberto Zambolin


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