Il coraggio di credere
30° Domenica del Tempo Ordinario anno B
(Ger. 31,7-9; sa1.125; Eb.5,21-6; Mc.10,46-52)
Più che un racconto di miracolo, il testo evangelico presenta un cammino esemplare di fede. La fede come "illuminazione" più profonda della verità di noi stessi, di ciò che siamo e della nostra vita. Questa verità si chiama"Amore di Dio" che, fatto storia nella persona di GesùCristo, ci salva; ci fa guardare con occhi nuovi, risanati, più puri la vita. "Illuminazione" che parte dal nostroBattesimo, ma deve diventare poi, cammino, esistenzaquotidiana, incontro, relazione con Colui che ha detto "Io sono la luce del mondo:chi mi segue non camminerà nelle tenebre".(Gv.8,12) Per l'evangelista Marco, infatti,il cieco guarito è il catecumeno che, dopo essersi spogliato degli abiti (simbolicamente, dell'uomo vecchio: Mc.10,50), conosce l'immersione battesimale scendendo nel buio delle acque e riemergendo da esse alla luce, che gli consente di vederci chiaramente per camminare in una vita nuova tracciata da Gesù Cristo. Il battesimo era chiamato anticamente "illuminazione": Mc.10,52) e i cristiani erano detti "gli illuminati". Come avviene questo cammino di fede? Il cammino di fede nasce dall'ascolto (Mc.10,47), diviene invocazione e preghiera (Mc.10,47-48), discernimento e accoglienza di una chiamata (Mc.10,49), incontro personale con il Signore (Mc.10,50-52a), sequela di Cristo (Mc.10,52b). Questo itinerario di fede, mette in movimento la persona, la trasforma, la rende viva; le fa compiere un percorso spirituale per cui passa dalla stasi, dalla sedentarietà, dalla rasse gnazione, dalla chiusura, proprie di un cieco, alla mobilità, alla vita, alla gioia di stare nella compagnia degli altri; dall'emarginazione alla comunione del e nel
camminare insieme, dalla cecità alla fede. Questo percorso di fede porta ad un reale incontro con il Signore risorto e questo incontro diventa la nostra salvezza. I discepoli e la folla che si situano tra Gesù e il cieco divengono simbolo della comunità cristiana che ha ricevuto dal Signore il mandato di farsi ministra della sua chiamata (Mc,10,49), ma rappresentano anche la possibilità della comunità cristiana di divenire ostacolo all'incontro degli uomini, in particolare dei più emarginati e dei più "piccoli" spiritualmente. Bartimeo, infatti, è cieco, mendicante e siede "ai lati della strada", ai margini di una via e di una vita da cui è escluso. Attendeva qualcuno che lo rialzasse, che lo invitasse a camminare e, in quelle condizioni, che lo aiutasse nel cammino, lo sostenesse. Molti, invece, lo sgridavano per farlo tacere (Mc.10,48). E così rivelano di essere loro i ciechi: credono di vederci, di sapere chi è Gesù e come devono comportarsi coloro che lo seguono, credono di difendere Gesù, di proteggerlo zittendo il cieco che grida. La vera sequela di Cristo non guarda mai solo se stessi, o solamente la propria fede, ma si fa carico anche della fede degli altri. La fede, infatti, non è mai un fatto singolo, ma comunitario. Si crede insieme, si matura insieme nella fede, ci si aiuta insieme, insieme si leggono le Scritture, insieme si fa discernimento, si celebra la Liturgia Il Battesimo ti immette nella chiesa, dentro la vita di una comunità, di una famiglia di fratelli e sorelle. E' necessario scoprire questa dimensione comunitaria della fede, non solo per l'autenticità della stessa fede, ma anche per evitare deviazioni sentimentali e devozionali della fede:, e utilizzarla come "rifugio" o "fuga" da problemi di sicurezza personale. La sequela di Cristo e l'ascolto della Parola del Signore sono autentici se non sono scissi dall'ascolto del grido di sofferenza delle persone.. Così, il sofferente, e in questo caso, il cieco, diviene il maestro che può aprire gli occhi a coloro che credono di vederci. Il Vangelo presenta molte situazioni di cecità dei discepoli: cecità per desiderio di primeggiare (cf. Mc 10,35-40), cecità per non-ascolto della Parola e incomprensione di Gesù, per chiusura nell'ostinatezza delle proprie convinzioni e durezza di cuore (cf. Mc 8,14-21, seguito dal racconto di guarigione di un cieco: Mc 8,22-26); cecità per troppo zelo (cf. Mc 9,38-40; 10,13-16; 10,48); cecità per ristrettezza di orizzonti e meschinità di visione così che si diviene scrupolosi osservanti dei dettagli della Legge dimenticando le cose davvero importanti e basilari (cf. Mt 23,23-24, dove scribi e farisei sono apostrofati come "guide cieche"); cecità perché non si ama il fratello (cf. 1Gv 2,11). La fede vera è umile, dunque, in uno stato di continua ricerca e aperta allo Spirito. Non si è credenti, ma si diventa credenti, ogni giorno, in ogni circostanza, in ogni situazione della vita. A ben pensarci, la fede non è accanto, ma dentro la crescita e la storia della persona. La fede illumina il cuore e le scelte dell'uomo, la fede ti aiuta ad andare più in profondità nei tuoi avvenimenti e a leggerli con una luce più intensa e profonda di quella della ragione (pur necessaria e importante), con la luce che viene dall'Alto; la fede ti aiuta a scoprire e a capire le parti più oscure della tua vita e ad accoglierle con pazienza e amore. Nella certezza che ogni nostra cecità, come quella di Bartimeo, è accolta e sanata dal Signore che sempre passa nella nostra vita. La fede non è mai uno zuccherino per i giorni tristi, ma è "il lievito" nella pasta per ogni nostra giornata. Soprattutto la fede diventa "formazione": perché dà alla tua vita la "forma " di Gesù Cristo. Che è la forma più bella, più nobile, più alta del nostro essere persone; è quella forma che fin dagli inizi Dio ha pensato per le creature da Lui create.(Gn.1,26)