I verbi della nostra fede - Il Mondo di Aquila e Priscilla

Vai ai contenuti
Fiumi d'acqua viva...

I VERBI DELLA NOSTRA FEDE
Gn12,1-4a; salmo 32; 2Tim.1,8b-10; Mt.17,1-9
2° Domenica di Quaresima

La Quaresima è conversione del cuore e della mente alla nostra fede battesimale, è ritornare a vedere la vita con gli occhi di Dio, a fare la volontà di Dio, a dire di Si’ al Signore. Ci fa da guida, in questa domenica, la figura di Abramo, nostro padre nella fede (Rm.4), colui che nella adesione al Signore ha preceduto tutte le grandi figure dell’A.T., compresi Mosè ed Elia dei quali parla il Vangelo di oggi, e la cui obbedienza anticipa quella di Cristo al Padre, soprattutto nel grande mistero della passione, morte e risurrezione. La trasfigurazione di Gesù, narrata nel vangelo di oggi, si colloca esattamente in mezzo a due annunci della passione, fatti da Cristo ai suoi apostoli. L’itinerario di fede, pertanto, che ci viene indicato dalla Parola di Dio di questa seconda domenica di quaresima, è scandito da quattro verbi: lasciare, andare, salire, contemplare.
Lasciare:
è il primo passo. Se qualche cosa di nuovo deve nascere nella nostra vita, qualche cosa deve morire, deve andare perduto. Si tratta di lasciare, innanzitutto, il peccato e tutto ciò che porta ad esso. Forse certe situazioni e certi legami che ci fanno indugiare nella via del male non sono facili da abbandonare, ma almeno dobbiamo avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, senza giustificazione alcuna. Si tratta di fare chiarezza dentro di noi e nei rapporti con le cose e le persone, dicendo: questo sì e questo no, questo è bene e questo è male, questa è una situazione che va risolta, lasciata. Con decisione. E poi mettersi a lavorare. Cambiare se stessi, distaccarsi da tutto ciò che non è secondo Dio, a volte, comporta un vero e proprio lavoro di ristrutturazione della persona Dio ci accompagnerà in questo lavoro di ri-creazione, che può essere la nostra pasqua personale, la risurrezione di noi stessi: la morte del nostro uomo vecchio, perché rinasca quello nuovo.(Ef.4,17-24) Se manca la disponibilità al distacco, alla separazione, la disponibilità a perdere se stessi, il cammino di conversione stenterà a partire.
Il secondo verbo è partire
. La fede è un cammino, è un lasciarsi condurre dove Dio vuole. Infatti Abramo parte senza sapere dove andare, mettendo tutta la sua certezza nel Signore. Essere cristiani significa essere dei viandanti, persone sempre in cammino anche perché non abbiamo qui la nostra vera dimora (Ebrei 11,13-14). E quando si cammina si incontra di tutto. Innanzitutto non è un cammino, quello della fede, ad una sola velocità. A volte le difficoltà ci costringono ad andare piano, a dire con umiltà: “Io credo in te, Signore,ma Tu aumenta la mia fede”(Lc.17,5) A volte la strada sulla quale camminiamo conosce le notti del viandante, il buio delle gallerie, i timori della solitudine. A volte incontriamo dubbi, difficoltà, situazioni paradossali, che possono farci dubitare dell’amore e della bontà di Dio. E’ stato così anche per Abramo, per esempio, quando Dio gli ha chiesto di immolargli il figlio Isacco.(Gn.22) A volte la nostra fede è lotta, è scontro e allora richiede pazienza, preghiera, costanza nell’attesa, soste di meditazione. E’ stato così anche per Gesù. Ricordiamo quel: “ Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”Mt.27,46) E’ stato così anche nei momenti in cui gli apostoli cercavano i primi posti, o tentavno di impedire la missione stessa di Gesù, o non riuscivano a capire le parole del maestro, o si scandalizzavano di Lui. Chissà, forse Gesù avrà anche dubitato della riuscita della sua missione quando tutti lo hanno abbandonato nel momento cruciale della passione… Anche Gesù ha attraversato il buio della fede, la notte oscura della fedeltà di Dio. Gesù conduce Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor e si trasfigura di fronte a loro, proprio per questo motivo: perché nell’ora della prova non si scoraggino, perché di fronte ai suoi ripetuti annunci di passione e morte non perdano la fede in Lui; soprattutto per far loro comprendere che la sua gloria di “figlio di Dio” è comprensibile solo dentro il mistero del “perdere la vita”.
E siamo così al terzo verbo: salire
. Il cammino di chi crede, arriva ad un punto in cui la strada è in salita. E’ il momento della fatica vera, della croce, che ti porta in alto. La croce è la forma concreta, reale, dell’amore. La croce è l’amore libero da ogni forma di finzione. E’ l’amore non a parole, ma con i fatti e nella verità. Le croci che incontriamo nel cammino di fede, che è poi lo stesso del cammino della vita, ci formano sempre di più all’amore libero da ogni ricompensa, contraccambio. Il fine ultimo della croce è proprio quello di farci partecipi della stessa santità di Dio,dello stesso modo di amare di Dio. E’ attraverso la croce che il Signore ci rende simili a sé, ci purifica fino a farci vivere solo per Lui. La luce della trasfigurazione che fa dire a Pietro: “ Signore è bello per noi stare qui”,(Mt.17,4) è il frutto della sofferta salita sulla montagna, della perseveranza nelle prove, sostenute dalla forza e dalla promessa del Signore che non delude e alla fine rivela il suo volto. Solo l’ascesi, cioè la salita, ti può portare alla contemplazione del vero volto di Dio, ti può portare nella nube,(Mt.17,5) cioè dentro il suo mistero di Amore: e lì, nella nube, puoi capire chi sei, Chi ti ha generato, perché vivi, lo scopo vero della tua missione. Senza ascesi rischi di chiuderti in te stesso, di vedere solo il tuo cielo,di avere uno sguardo miope, troppo corto… Chi non ha sofferto, chi non ha faticato, che si rifiuta di salire, non potrà mai capire che cosa significa risorgere, non potrà provare l’intima gioia di una vita trasfigurata, trasformata perché donata per amore.
E infine contemplare.
E’ la meta della fede. E’ vero che il volto di Dio, faccia a faccia, possiamo contemplarlo solo quando arriveremo nel suo mondo, nel quale anche per noi è stato preparato un posto. Ma fin da ora possiamo contemplare il volto di Dio, se abbiamo la fede obbediente di Abramo, se entriamo in dialogo con Mosè ed Elia, cioè con le Scritture, cercando in queste la luce, l’orientamento della nostra vita, il volto di Cristo, rifiutando la mediocrità. Il tempo di quaresima, forse, è troppo poco, per portare a termine il percorso tracciato da questi quattro verbi.. A mala pena riusciremo a lasciare qualcosa…Ma è tempo preziosissimo, almeno, per mettere un po’ di ordine nella nostra vita, per disegnare il quadro di riferimento entro il quale la nostra fede e la nostra realtà di persone devono muoversi, se vogliamo dare un senso non solo al nostro dirci cristiani, ma più semplicemente al nostro essere persone degne di questo nome nella verità


Don Roberto Zambolin


Stampa Ritorna


Copyright © Il Mondo di Aquila e Priscilla By Salvo Massa
Torna ai contenuti