I segni della memoria vivente di Cristo
Solennità del "Corpus Domini" anno C
(Gn.14,18-20; sal.109; 1Cor.11,23-26; Lc.9,11b-17)
Nella Liturgia di oggi, prima della proclamazione del Vangelo, recitiamo un inno composto da S. Tommaso che riassume nel modo più bello il senso dell’Eucaristia. La prima strofa recita, infatti, così: “O Sacro Convito dove si riceve Cristo; si rinnova la memoria della sua passione, l’anima è riempita di grazia e ci viene dato il pegno della gloria futura.”(Trad..dal latino) Il Sacramento della Eucaristia, ricapitola (Ri-assume) tutto il senso del tempo in riferimento a Cristo: il passato perché è la memoria della sua passione; il presente: perché è fonte ininterrotta di grazia che invade la nostra vita; il futuro: è anticipazione, nel segno del banchetto eucaristico, della pienezza di amore che vivremo con Lui e con il Padre suo e fra noi, nella gloria futura. Mi limito qui a richiamare il primo aspetto, quello della memoria della passione di Cristo. Naturalmente, non della passione come evento particolare, separato dal resto della sua vita; piuttosto la Passione come sintesi di tutta la vita di Gesù perché tutte le linee del suo ministero conducono lì, al dono della vita sulla croce. Memoria dunque di Gesù, di tutte le sue parole, di tutti i suoi gesti, delle sue relazioni umane, della sua preghiera, dei suoi desideri. Non possiamo esistere come cristiani senza custodire questa memoria di Cristo. Quando essa si affievolisce e si annebbia, l’identità cristiana perde smalto e noi rischiamo di assimilarci del tutto al mondo e alle sue logiche. L’amore di Dio per noi, amore che sta all’origine della creazione e che quindi è scritto nelle fibre più profonde del nostro essere, vorrei dire negli atomi stessi e nelle molecole che compongono il nostro organismo, questo amore diventa consapevole per noi anzitutto attraverso la memoria della vita di Gesù che «Mi ha amato e ha donato se stesso per me» (Gal 2,20). Provate a immaginare quale cambiamento possa produrre nella vita di un uomo una memoria come questa. Gli psicologi ci insegnano che molti dei nostri stati d’animo, molte delle inclinazioni del nostro carattere sono comprensibili alla luce della memoria. Il rapporto che abbiamo avuto con la madre, col padre, con i fratelli nella nostra infanzia rimane come memoria che, secondo i casi, rassicura o blocca, apre alla speranza o serra nella paura. Analizzare la propria memoria è utile per prendere coscienza di sé e per aprire così la strada a una maggiore libertà nell’affrontare il futuro. Capite, allora, cosa significhi “avere in memoria” la vita di Gesù, prendere coscienza del fatto che il nostro passato è stato scritto anzitutto dal suo Amore. Ma è importante che questa memoria non sia solo un ricordo psicologico, utile certamente ma che avrebbe un’efficacia limitata; che non sia solo qualcosa che viene da noi, da nostre riflessioni o illuminazioni. Nell’Eucaristia la memoria di Gesù ci viene offerta nella forza dello Spirito Santo che dopo ave trasformato il pane e il vino in Corpo e Sangue di Cristo, rendendo così viva e attuale la memoria di quell’Ultima Cena, ci assimila, attraverso la manducazione, a Cristo stesso, diventando con Lui una cosa sola. È come se avvenisse un innesto genetico, come se nel patrimonio genetico del nostro organismo umano e spirituale venisse introdotto un gene nuovo che porta in sé, come informazione, tutta la vita di Gesù culminante nel mistero della sua passione, morte e Risurrezione. E se è vero che basta un piccolo cambiamento genetico per operare trasformazioni evidenti, allora la nostra assimilazione a Cristo può trasformare la nostra vita, con l’aiuto della fede e il dono dello Spirito, in mitezza, benevolenza, ricerca appassionata e serena della pace, fraternità, perdono delle offese. Ma c’è un altro effetto della memoria di Gesù che vorrei sottolineare: la purificazione della memoria. Tutti noi portiamo nella memoria dei ‘buchi neri’, cioè spazi che sono occupati da memorie distruttive. Chi ha avuto esperienze negative nell’infanzia, chi non ha sperimentato l’accoglienza e l’amore, chi si è sentito tradito o abbandonato, facilmente si porta dentro mutilazioni dolorose che suscitano in lui diffidenze, risentimenti, moti di aggressività. Sappiamo che tutto questo condiziona molti comportamenti: una voglia ossessiva di comandare, un bisogno di umiliare gli altri, un comportamento aggressivo o avido o indifferente sono spesso spie di una memoria cattiva che produce frutti amari e talvolta velenosi. Si tratterà di illuminare questa memoria e di controllarne gli effetti; ma si tratterà soprattutto di purificarla attraverso una memoria buona, che contrasti vittoriosamente la memoria negativa e susciti dentro di noi movimenti che conducano alla comunione e alla fraternità. Non solo: c’è nella nostra memoria il ricordo ancor più doloroso dei nostri peccati. Questi non sono solo fragilità che siamo stati costretti a subire, sono cattiverie che abbiamo prodotto noi stessi, procurando sofferenze, umiliando indebitamente. Possiamo far finta di niente o addirittura possiamo cercare di giustificare noi stessi dimostrando a noi stessi che avevamo ragione, che il torto non era nostro. Ma tutti questi sono solo palliativi, che non curano affatto la malattia, rischiano anzi di farla diventare cronica. Bisogna ‘purificare’ seriamente la memoria. Questo significa riconoscere lealmente il nostro peccato, smascherare le nostre passioni senza cercare di razionalizzarle con motivazioni accettabili. Ma significa anche, e soprattutto, accogliere dentro di noi, assimilandola bene nel nostro essere, una memoria buona, che diventi feconda e riempia i vuoti, che ci aiuti ad accettare serenamente noi stessi e faccia salire dal nostro cuore desideri autentici di amore. «Il frutto dello Spirito, scrive san Paolo, è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22); questo frutto dello Spirito è esattamente il frutto della memoria di Gesù nella nostra vita, radicata perfino nella nostra corporeità. Così l’Eucaristica diventa per noi nutrimento di fede, forza per fare il bene, coraggio per aprirci a tutti anche a chi ci ha offeso, guarigione del nostro cuore ferito e bisognoso di amore. In una parola diventa la nostra Salvezza