I DUE DI EMMAUS E NOI
3° Domenica di Pasqua
(At. 2,14.22-33; Sal.15; 1Pt.1,17-21;Lc.24,13-35)
«Rimani con noi, Signore, perché si fa sera» (cfr Lc 24,29). Fu questo l'invito accorato che i due discepoli, incamminati verso Emmaus la sera stessa del giorno della risurrezione, rivolsero al Viandante che si era ad essi unito lungo il cammino. Carichi di tristi pensieri, non immaginavano che quello sconosciuto fosse proprio il loro Maestro, ormai risorto. Sperimentavano tuttavia un intimo «ardore» (cfr ivi, 32), mentre Egli parlava con loro «spiegando» le Scritture. La luce della Parola scioglieva la durezza del loro cuore e «apriva loro gli occhi» (cfr ivi, 31). Tra le ombre del giorno in declino e l'oscurità che incombeva nell'animo, quel Viandante era un raggio di luce che risvegliava la speranza ed apriva i loro animi al desiderio della luce piena. «Rimani con noi», supplicarono. Ed egli accettò. Di lì a poco, il volto di Gesù sarebbe scomparso, ma il Maestro sarebbe «rimasto» sotto i veli del «pane spezzato», davanti al quale i loro occhi si erano aperti. Sulla strada dei nostri interrogativi e delle nostre inquietudini, talvolta delle nostre cocenti delusioni, il divino Viandante continua a farsi nostro compagno per introdurci, con l'interpretazione delle Scritture, alla comprensione dei misteri di Dio. Quando l'incontro diventa pieno, alla luce della Parola subentra quella che scaturisce dal «Pane di vita», con cui Cristo adempie in modo sommo la sua promessa di «stare con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (cfr Mt 28,0)” ( Mane nobiscum Domine, di Giovanni Paolo II) Non sappiamo come Gesù abbia aiutato i due di Emmaus a capire il testo biblico. Certo, la Scrittura non cambia, ma noi che la leggiamo, sì. Per questo la comprensione della Parola di Dio è sempre diversa da una fase all’altra della nostra vita. La vita cambia, le situazioni evolvono, e noi non possiamo limitarci a ripetere il dato di fede, ma dobbiamo sempre di nuovo interpretarlo, incarnarlo e viverlo, anche perché la situazione esistenziale dei due discepoli di Emmaus assomiglia molto, a volte, alla nostra. Quante volte anche a noi è capitato di sentirci stanchi, delusi, dal nostro vivere quotidiano, assillati dai problemi, provati da lutti e da malattie, quasi schiacciati dal peso degli avvenimenti che ci circondano e vinti dalla paura di non potercela fare da soli! Dobbiamo riconoscere che spesso, anche noi siamo una umanità dalle “speranze perdute” , soprattutto quando dobbiamo far fronte al nostro cuore inaridito, al “silenzio di Dio”, alla fatica di vivere, alla sfrontatezza del male in tutte le sue dimensioni: personali, familiari e mondiali. C’è una risposta o una via d’uscita a tutto ciò? Il Vangelo di oggi ci suggerisce un rimedio efficace: fare la strada con un terzo Viandante, mettendoci in ascolto della sua Parola e facendoci attenti ai suoi gesti. Il Signore, infatti, si affianca a noi nel cammino di tutti i giorni e non ci lascia mai soli. Trovare momenti quotidiani, anche piccoli, di preghiera famigliare e personale diventa indispensabile per superare le difficoltà ed aprirci alla speranza. Inoltre ripensare, fare memoria, riportare alla mente gli avvenimenti più importanti in cui abbiamo saputo cogliere la presenza del Signore, ci dà la consapevolezza del suo amore e la certezza che Egli è sempre presente e ci fa sperare anche “contro ogni speranza”. Aprirsi agli altri, farsi carico dei loro problemi, cercare di risolverli insieme, costituisce una vera e propria scuola di umanità che fa crescere nell’amore reciproco, e fa fare un salto di qualità alle nostre relazioni che diventano improntate all’ascolto e alla ricerca del bene comune. Un’altra caratteristica che il brano del Vangelo ci ricorda è la “condivisione. “ Lo riconobbero nello spezzare il pane”. Il gesto semplice e quotidiano dello spezzare il pane nelle nostre case, come è il pasto, deve diventare davvero espressione di fraternità, memoriale del gesto sacramentale eucaristico. Condividere il nostro “pane” significa usare di quello che abbiamo e quello che siamo, non solo per noi, ma per tutti quelli che nella nostra vita ci diventano “prossimi” e che il Signore ci fa incontrare, sapendo che le uniche cose che non perderemo mai sono quelle donate con amore e per amore. Partecipare alla mensa eucaristica diventa un preciso impegno che ci assumiamo verso il mondo, nella ricerca di una giustizia e di una più equa distribuzione delle risorse della terra. In questo modo anche la nostra famiglia potrà essere segno del Signore risorto e potrà testimoniare il “lieto annunzio” al mondo che potrà così ritrovare la speranza perduta. Sì, segni di Dio nel mondo ce ne sono a non finire, ma tutti devono essere letti e interpretati alla luce della fede e della carità. Perché Dio è Amore. Così la nostra realtà famigliare, anche se piccola, può diventare un grande segno della Sua presenza e della Sua fedeltà