LETTURE PATRISTICHE - Tempo Ordinario
Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 2, Panegirico di san Paolo; PG 50,480-484)
Ho combattuto la buona battaglia
Paolo
se ne stava nel carcere come se stesse in cielo e riceveva percosse e
ferite più volentieri di coloro che ricevono il palio nelle gare: amava i
dolori non meno dei premi, perché stimava gli stessi dolori come
fossero ricompense; perciò li chiamava anche una grazia divina. Ma sta'
bene attento in qual senso lo diceva. Certo era un premio essere sciolto
dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1,23), mentre restare nel
corpo era una lotta continua; tuttavia per amore di Cristo rimandava il
premio per poter combattere: cosa che giudicava ancora più necessaria.
L'essere
separato da Cristo costituiva per lui lotta e dolore, anzi assai più
che lotta e dolore. Essere con Cristo era l'unico premio al di sopra di
ogni cosa. Paolo per amore di Cristo preferì la prima cosa alla seconda.
Certamente
qui qualcuno potrebbe obiettare che Paolo riteneva tutte queste realtà
soavi per amore di Cristo. Certo, anch'io ammetto questo, perché quelle
cose che per noi sono fonti di tristezza, per lui erano invece fonte di
grandissimo piacere. Ma perché io ricordo i pericoli ed i travagli?
Poiché egli si trovava in grandissima afflizione e per questo diceva:
«Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo che io non ne
frema?» (2 Cor 11,29).
Ora, vi prego, non ammiriamo soltanto, ma
anche imitiamo questo esempio così magnifico di virtù. Solo così
infatti potremo essere partecipi dei suoi trionfi.
Se qualcuno si
meraviglia perché abbiamo parlato così, cioè che chiunque avrà i meriti
di Paolo avrà anche i medesimi premi, può ascoltare lo stesso
Apostolo
che dice: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa,
ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il
Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me,
ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione»
(2 Tm 4,7-8). Puoi vedere chiaramente come chiama tutti alla
partecipazione della medesima gloria.
Ora, poiché viene
presentata a tutti la medesima corona di gloria, cerchiamo tutti di
diventare degni di quei beni che sono stati promessi.
Non
dobbiamo inoltre considerare in lui solamente la grandezza e la
sublimità delle virtù e la tempra forte e decisa del suo animo, per la
quale ha meritato di arrivare ad una gloria così grande, ma anche la
comunanza di natura, per cui egli è come noi in tutto. Così anche le
cose assai difficili ci sembreranno facili e leggere e, affaticandoci in
questo tempo così breve, porteremo quella corona incorruttibile ed
immortale, per grazia e misericordia del Signore nostro Gesù Cristo, a
cui appartiene la gloria e la potenza ora e sempre, nei secoli dei
secoli. Amen.