Fucilate il Crocifisso! - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fucilate il Crocifisso!
5° Domenica di Pasqua anno C
(At. 14, 21b-27; Ap. 21,1-5a; sal.144; Gv.13,31-35)

C’è un “testamento” particolarmente importante che verso la fine della nostra vita consegniamo ai figli, ai parenti o agli amici; non  è solo quello in cui spartiamo i nostri soldi e i nostri beni, ma la trasmissione della nostra vita: come abbiamo vissuto,  i valori che abbiamo messo insieme con il passare degli anni e che rimangono nella memoria e nel cuore delle persone che ci hanno conosciuto più da vicino. I nostri esempi, soprattutto, e la nostra carità. Questo testamento può diventare una benedizione per chi lo raccoglie, se abbiamo vissuto facendo del bene, operando per la pace e la concordia in famiglia e  attorno a noi; ma potrebbe diventare fonte di duri giudizi e condanne, se abbiamo vissuto solo pensando a noi stessi e ai nostri interessi. Il Vangelo di oggi narra del “testamento” che Gesù lasciò ai Suoi discepoli, prima di andare verso l’orto del Getsemani, in quell’Ultima Cena. Così lo racconta l’apostolo Giovanni:“ Figlioli, ancora un poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,31-35). Meraviglioso testamento! Se, dovessimo fare di questo testamento la regola della nostra vita, facendo anche un po’ di violenza a se stessi per superare egoismi e pigrizie, tutti ci riconoscerebbero veri discepoli del Signore, (Gv. 13,35) perché il nostro ‘dirci’ cristiani non sarebbe parola vuota, ma testimonianza di amore e di vita. Scriveva il grande Follereau in un messaggio ai giovani, nel 1962: “Siate intransigenti nel dovere di amare. Non venite a compromessi, non retrocedete. Ridete in faccia a coloro che vi parleranno di prudenza, di convenienza, che vi consiglieranno di mantenere ‘il giusto equilibrio: questi poveri campioni del ‘giusto mezzo! E poi soprattutto credete nella bontà del mondo. Nel cuore di ogni uomo vi sono tesori prodigiosi e voi scovateli. La più grande disgrazia che vi possa capitare è di non essere utili a nessuno, che la vostra vita non serva a nulla. Siate invece forti ed esigenti, coscienti di dover costruire la felicità per tutti gli uomini, vostri fratelli, e non lasciatevi sommergere dalle sabbie mobili degli incapaci. Lottate a viso aperto. Non permettete l’inganno attorno a voi. Siate voi stessi e sarete vittoriosi”. Sembrano parole dette per noi oggi, smaliziati su tante cose, ma spesso codardi e succubi dell’egoismo quando si tratta di amare disinteressatamente il prossimo. Parole  che acquistano ancora più senso e profondità, se le leggiamo guardando Cristo crocifisso: egli è morto per amore, si è consumato amando, senza trattenere nulla per sé. E anche quando ci capita di tradirLo, come ha fatto nostro fratello Giuda,   Cristo non ci rifiuta mai il suo boccone d’amore. Giuda, infatti, esce dal cenacolo, ma porta sempre con sé il boccone che Gesù gli ha dato dopo averlo intinto nel piatto.(Gv.13,26-30) Anche quando siamo egoisti, superbi, ingrati,  Cristo non ci toglie il suo boccone d’amore. Noi ce lo portiamo dietro. Così non rimaniamo soli nel nostro  peccato, e quel boccone intinto d’amore continua a farci sentire  dentro una grande nostalgia di Lui. Il papa Benedetto XVI° nella sua prima enciclica, che ha voluto intitolare ‘Dio è amore’, scrive: “Spesso è proprio l’assenza di Dio la radice più profonda della sofferenza. Chi esercita la carità in nome della Chiesa non cercherà mai di imporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sa che l’amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la migliore testimonianza di Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare. Il cristiano sa quando è tempo di parlare di Dio e quando è giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente l’amore. Egli sa che Dio è amore. E si rende presente proprio nei momenti in cui niente altro viene fatto fuorché amare. Egli sa  che il vilipendio dell’amore è vilipendio di Dio e dell’uomo, è il tentativo di fare a meno di Dio. Di conseguenza la miglior difesa di Dio e dell’uomo consiste proprio nell’amore” (Deus charitas est,31) Allora viene da chiederci: come mai l’amore di cui Dio ci ha fatto dono ed è il testamento di Gesù, è preferito, a volte, all’egoismo che genera ingiustizie, solitudini e insopportabili sofferenze? Durante l'ultima Guerra Mondialeuna santa donna era processata dalle SS tedesche per la caritatevole assistenza prestata ai partigiani. Mentre quelli le puntavano il mitra, ella dichiarò: "Sì, erano partigiani, ma se volete fucilare il responsabile di quello che ho fatto per sollievo di molti affamati, feriti, morenti, non dovete fucilare me, ma Colui che è il vero colpevole". "Chi è?" chiesero pieni di ira. "Eccolo", e tirò fuori di tasca un Crocifisso. "Fucilate il Crocifisso. E' Lui che mi ha insegnato ad amare tutti". Non ci resta, allora, che raccogliere a piene mani il grande testamento di Gesù e vivere donando fiori e sorrisi a tutti al posto del silenzio, della  indifferenza o delle parole che, come ‘sassate’, fanno male.


Don Roberto Zambolin


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