Fede e ipocrisia - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fede e ipocrisia
32° Domenica del Tempo Ordinario anno B
(1Re 17,10-16;sal. 145; Eb. 9,24-28;Mc. 12,37-44)

La scena evangelica si apre con una singolare notazione: “La grande folla lo ascoltava volentieri”.(Mc. 12,37) Perché? Gesù toccava il cuore della gente perché l’amava a tal punto da dare la sua stessa vita per loro.  Il vero dono non è il dono di qualcosa, ma è il dono di sé, il dono del cuore. Si può dare anche poco in termini di cose, (come la vedova del Vangelo) ma quanto si è donato può valere molto in termini di generosità e di affetto. Purtroppo oggi contano più  le cose che possediamo, che  le persone che trascuriamo…Chi ne fa la spesa, soprattutto, di questa mancanza di attenzione e di accoglienza, sono i più poveri, i più deboli, gli ultimi, facilmente  sottomessi da chi ha più potere,  come gli scribi e i farisei. Di loro, infatti, Gesù dice che “divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere”. (Mc. 12,40) Le case delle vedove sono quelle di chi non ha nessuno che li difenda. Ancora oggi sono molte le case di vedove e di orfani non difesi, a volte si tratta di paesi interi. Quanti sono costretti a dichiarare: “non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e moriremo”!(1Re 17,12) In tante case e in tante terre non c’è da mangiare per il domani. Non c’è futuro. Senza andare molto lontano, tanti qui da noi perdono il lavoro  e sono costretti al precariato, a vivere giorno per giorno di ciò che capita…. Chi  si preoccuperà di questi poveri? Chi si prenderà cura delle persone più disagiate?  Chi volgerà loro almeno uno sguardo? Gesù guarda queste persone, e vede in loro una generosità che non vede nei ricchi e negli egocentrici. Le guarda con affetto, come ha guardato la vedova che gettava la sua offerta nel tempio. Gesù la vede mentre si avvicina e pone nelle mani del sacerdote due soli spiccioli. Nessuno, ovviamente, vi fa caso. Non è di famiglia nobile o di casa reale per attirare l’attenzione, non appartiene al mondo delle persone ricche o famose per essere notata. Non è nessuno. Se qualcuno dei passanti l’ha vista l’avrà anche giudicata male. Cosa ha dato? Solo due spiccioli! (Mc.12,42) Nulla, rispetto alle sostanziose offerte che i ricchi ostentavano. Ma quella donna, insignificante agli occhi dei più e magari anche disprezzata, è guardata con affetto e ammirazione da Gesù. Solo da lui. Neppure i discepoli si accorgono di lei. Possiamo immaginare Gesù che al vedere la scena chiama gli amici perché rivolgano l’attenzione a quella vedova. Ai discepoli, distratti o attenti solo a ciò che fa impressione, Gesù insegna a guardare con amore e attenzione anche le cose più piccole. Con la solennità dei momenti importanti – ben diverso è il giudizio degli uomini! – Gesù dice: “In verità, io vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.(Mc.12,44) Non ha trattenuto per sé neppure uno dei due spiccioli. Ella, a differenza degli altri e di tutti noi, ha amato Dio con tutta la sua anima e tutte le sue forze, sino a dare tutto quello che aveva.  Ma il Vangelo, intende mettere  in guardia dall’attaccamento a se stessi e ai beni, soprattutto le persone credenti, coloro che hanno a che fare con Dio e con le cose di Dio. E’ concreto per costoro il rischio della ipocrisia, di trattare anche Dio come una cosa. Invece di servire Dio facendosi servi dei fratelli, essi si servono della dimensione religiosa per essere serviti e riveriti. Gesù, sulla scia dei profeti dell’A.T., ricorda che si può essere pii e omicidi, religiosi e impostori, zelanti e crudeli, devoti e lussuriosi. Costoro fanno della propria fede una sorta di esibizione indecorosa: essere visti dagli uomini, primeggiare, curare l’esteriorità sono i contrassegni di queste persone che dimenticano la dimensione più interiore e profonda della vita di fede: l’amore di Dio che va riversato a piene mani e soprattutto a pieno cuore sui fratelli.  Dicono di credere, ma di fatto il loro orizzonte è ateo, pagano, non attaccati a Dio, ma a se stessi, al proprio “ego” e alle proprie gratificazioni e comodità; difficili da mettersi in questione e difficili persino da convertirsi. Per loro decisivo è lo sguardo degli uomini, non di Dio. Gesù chiede a tutti noi  una fede-dono, una fede accoglienza, una fede amore disinteressato, una fede che ci fa diventare amici dei poveri, dei più disgraziati, dei più peccatori, amici dei senza Dio; non una fede che ci fa andare a braccetto con i ricchi, i potenti, con le persone più influenti. Una fede che splende dentro  l’umiltà della propria vita e la  povertà del nostro prossimo.

Don Roberto Zambolin


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