Essere in Gesù Cristo
( Atti 6,1-7; Sal.32;1Pt.2, 4-9;Gv.14,1-12)
5° Domenica di Pasqua
“ Non sia turbato il vostro cuore” ( Gv. 4,1), risponde Gesù ai discepoli, smarriti per la sua partenza. Infatti sono presi da turbamento e, quasi, da un senso di abbandono: che cosa sarà di loro quando il Signore se ne sarà andato? Fin dagli inizi, la Chiesa porta con sé una domanda che costituisce, poi, il motore della sua azione evangelizzatrice: che fare in questo tempo, tra la partenza del Signore e il suo ritorno? Come annunciarLo, come renderLo presente perché il mondo creda? E’ proprio vero che il Signore è assente? Certamente no. Gesù non ci ha lasciati soli, ma ha dato inizio ad una nuova presenza, che si concretizza nell’amarci “come” Lui ci ha amato. Ci dona il suo Spirito, che ci fa vivere in Lui. Il suo andarsene non è una morte che decreta la fine di un bel sogno: è un compimento, inizio di una presenza eterna, per sempre. Ora può essere ovunque, senza condizionamenti di luogo e di tempo. “Ecco, io sono con voi sempre, fino alla fine dei tempi”. Questa partenza di Gesù, dunque, è feconda, perchè nel Battesimo nasciamo a figli di Dio e alla vita fraterna come doni dello Spirito. Certo non mancano i pericoli che i discepoli incontreranno in questa attesa lunga del ritorno di Gesù. Per questo Egli dice ai suoi: “ Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. E’ una illusione pensare di far fronte alla complessità della vita credente solo con la nostra buona volontà o con la semplice memoria delle belle parole dette da Gesù. E‘ necessaria la fede, molta fede. E’ necessario lasciare lavorare Dio dentro di noi, lasciare che Dio, giorno dopo giorno, attraverso le vicende lieti e tristi della vita, gli ostacoli non previsti, le prove e le tentazioni che incontriamo, formi in noi la persona nuova. Gesù non può essere facilmente sostituito da surrogati. Infatti, se Egli è la “via”, l’unica via che porta al Padre, le “deviazioni” sono numerose; se la “verità” esige la sincerità della ricerca e il lasciarsi mettere in questione, la “menzogna” germina spontaneamente; se la “vita” in Cristo cresce con lentezza, la “morte” dell’anima può venire improvvisa, causata da scelte stolte e superbe, piene di ausosufficenza e di temerarietà. Ma nulla, che sia meno di Cristo e delle sue proposte, può colmare il cuore dell’uomo e l’amaro che tante esperienze della vita ci lasciano in bocca, già è un segnale che siamo fuori strada. Oltre alla difficoltà interiori, vi sono poi quelle legate alla vita di comunità. Il cap.6 degli Atti degli Apostoli, mette in luce un dissidio presente nella comunità dovuto a favoritismi e a privilegi, dei quali godevano alcuni a differenza di altri. L’umanità dei discepoli di Cristo che si esprime in gelosie, discordie, desiderio di primeggiare, fa sempre capolino nella esistenza di ognuno, e rischia di essere una contro testimonianza del Vangelo di Gesù. Vi sono, inoltre, difficoltà esteriori. L’ambiente ostile, la cultura lontana mille miglia dalla Parola di Dio, non aiutano certo a camminare sulla retta via, a cercare la verità, a promuovere la vita. L’evangelista Giovanni è preoccupato di tutto questo, preoccupato che la sua comunità perda il fervore delle origini, si scoraggi e abbandoni la fede. Per questo Egli polarizza l’attenzione dei credenti attorno a quelle tre parole: Via, Verità, vita” riferendole a Gesù Cristo con quella espressione forte e chiara: IO SONO. La frase di Gesù è netta, senza sfumature. Gesù non indica a Tommaso e ai suoi discepoli comportamenti, norme, cammini spirituali. Indica se stesso. Gesù vuole dirci che per noi egli è esempio, il modello, il vero luogo nel quale entriamo nella stessa vita di Dio, raggiungendo così l’autenticità della nostra esistenza. Il resto, la vita facile, le verità che vorremmo sentirci dire, le mille vie che ogni giorno abbiamo davanti, sono altro. Siamo come circondati e immersi da questo altro…e come sempre Gesù è chiaro e lapidario: Io Sono la via, la verità e la vita! Come vivere tutto questo alla luce della Pasqua? Essere in Cristo via verità e vita è essere nella morte, per vivere nella risurrezione. Essere nella morte purificando e allontanando da noi le vie storte, quelle che ci portano al male. Le vie che sono vie di odio, di egoismo, di ricerca di se stessi. Queste vie non portano a Cristo, perché solo l’amore porta a Lui. Sono vie di menzogna che alla fine portano solo alla perdizione di sé e pertanto alla morte. Per essere nella Risurrezione, dobbiamo percorrere vie nuove che sono quelle della gratuità, della solidarietà, dell’amore verso Dio; della contemplazione e della carità operosa. Si capisce Gesù, vivendoLo. Si ama Gesù servendolo nei piccoli e nei poveri. La via che porta a Cristo è la medesima via che porta con passione e dedizione all’uomo: la via della carità che è, contemporaneamente anche la via della verità e quella della vita.