DAL BISOGNO DI GUARIGIONE AL DONO DELLA SALVEZZA
Itinerario spirituale. Lectio Divina di Gv.6,16-35
Messaggio nel contesto:
I discepoli, dopo che Gesù si era ritirato, sono rimasti sul posto con gli altri, aspettando che tornasse.Ma non succede nulla. Così si sentono soli e abbandonati, dopo essere stati quasi…illusi. Era bello stare con Gesù, lavorare con lui, essere protagonisti tra la gente. Ora tristi se ne tornano, facendo a ritroso il cammino dell’esodo, da Tiberiade a Cafarnao.Tornano smarriti e tristi. Dove è Gesù? Non pensa più a loro? La situazione della barca che naviga tra onde pericolose e tra flutti limacciosi, rispecchia bene la situazione della notte che hanno nel cuore. Ma anche se hanno abbandonato il Signore, Lui non li abbandona: li ama e non li lascia in preda alle tenebre. Viene loro incontro come uno che cammina sulle acque, vincitore della morte, presentando così la sua identità di risorto e di salvatore e dicendo: Io sono.I discepoli lo accolgono nella barca e subito, come d’incanto,raggiungono la meta. E’ tornato il "sovrappiù", il presente-assente, il mistero che va creduto e accolto, che non viene meno alle sue promesse. Sarà lui a salvare i discepoli dall’abisso del mare e dalla paura,portandoli dalla morte alla vita. Ma è importante accoglierlo per ciò che è,riconoscerlo come Salvatore.(Gv.6,16-21) Anche la folla rimane delusa di Gesù,perché non compie più i grandi miracoli, mentre tante persone erano arrivate da Lui per questo. Le folle cercano Gesù perché hanno mangiato. Vogliono garantirsi Gesù per saziarsi, mentre non hanno capito che la vita dell’uomo, simboleggiata in quel pane,è entrare in comunione con Lui,vivere come Lui. La gente non desidera tanto Lui, ma ciò che da Lui viene. Vorrebbe quasi impadronirsi di Gesù, capire, misurare, valutare Gesù, perché non sfugga loro. Sono come i polli, che vanno dietro la massaia per amore del becchime. Sono ancora animali intenti al cibo che perisce. Ignorano il pane che non perisce, quello che mette in comunione con Dio e con gli uomini. Chiedono anche quello che devono fare per avere quel pane che non perisce…quali opere, quale buona volontà mettere perché Dio li possa ricompensare. Gesù spiega che l’opera vera non è tanto fare qualcosa, ma accogliere Colui che Dio ha mandato,sapendo interpretare nell’oggi i segni della sua presenza, leggendo il presente e il passato come luoghi nei quali Dio si è rivelato, ha fatto dono di sé e del suo Amore. Quel pane, ora sostituirà la manna, perché può davvero togliere ogni tormento di fame. Ma purtroppo Gesù ancora deve constatare che grande è la loro incredulità.(Gv.6,22-36)
Esegesi
v.16: quando fu sera…Dopo il suo dono, Gesù è scomparso,si è ritirato in solitudine, sul monte. I discepoli sono rimasti,forse attendendosi un’altra manifestazione spettacolare. Le folle avrebbero avuto il Messia e loro gli onori….Le tre tentazioni di Gesù nel deserto,per Gv., si concentrano qui, attorno al pane che dà sazietà,potere, e gloria. Sono anche le nostre tentazioni, quelle che sovente abbiamo nei confronti di Cristo.
vv. 16b-18: il mare, la barca, le tenebre, il vento.Il mare è nominato tre volte(vv.16.18.19) Le acque del mare ricordano quelle primordiali della creazione, del Diluvio, del passaggio del mar Rosso, ma nell’aspetto di morte, di distruzione. Gesù sale sul monte a contatto con il Padre, gli apostoli scendono nel mare, salgono sulla barca in balia di vento e di flutti. Tutti, in fondo, compiano la stessa traversata nella vita e ciò che ci porta è anche ciò che ci sommerge…con il desiderio di approdare, ma anche la paura di naufragare. I discepoli lontano da Gesù, sono lasciati soli con se stessi, in balia della loro fragilità e sono le tenebre.Notare che l’acqua del mare, salmastra e infeconda, si oppone all’acqua sorgiva, dolce e feconda, che disseta e dona la vita. Uscire dalle acque è nascere, entrare nelle acque è regredire nella morte.Come c’è acqua e acqua, così c’è vento e vento, spirito e Spirito. In noi sperimentiamo sempre i due spiriti: quello che apre alla vita e quello che conduce alla morte. Anche il verbo ridestarsi ha un doppio significato: è un composto della parola "destarsi" che significa risurrezione, ma può significare, come in questo caso, il ridestarsi delle forze di morte, della paura, del pessimismo, del timore, dell’ansia. Se abbandoniamo il Signore della vita, giunta la sera, siamo in balia della tenebra, dell’abisso, del vento.
v.19: vedono Gesù. Vedono Gesù solo ora, ma di fatto lui è sempre stato con loro.Presi dai timore, e da una errata consapevolezza della identità di Gesù, i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. E lo vedono camminare sulle acque. Solo Dio può camminare sulle acque. Camminare sulle acque è anche il sogno di ogni uomo, vincere la morte, avere la vita piena. Solo Gesù può dartela a sazietà, qualora tu lo cerchi come sovrappiù, come pane del cielo, come la tua manna. E Gesù si fa vicino alla barca, alla vita di coloro che invece hanno preso le distanze da Lui.
v.20: Io sono: è l’identità di Gesù. In Gv. tutto è concentrato sul vedere e riconoscere Gesù presente. Questa espressione IO SONO ricorda il nome di Dio, quello che Dio ha rivelato a Mosè (Es.3,14) e che Gesù ha acquistato con la sua Risurrezione.
vv.22-24: la folla alla ricerca di Gesù: la folla si accorge che l’unica barca sulla quale Gesù era venuto con i suoi discepoli, non c’è più. Il Maestro si è ritirato sul monte, perché temeva di essere fatto re. Altra gente giunge a cercarlo con altre barche. C’è una folla inquieta, agitata, che va alla ricerca di Gesù per vedere miracoli, prodigi. Un re di questo genere è comodo.
v. 25: quando sei venuto qui? La folla cerca di conoscere i movimenti di Gesù,vuole se non possedere, almeno controllare i suoi movimenti, vuole quasi misurare Gesù, le sue capacità. Vuole controllare la sorgente del pane.
v.26: Amen, Amen vi dico: Gesù non risponde alla loro domanda, ma a ciò che la muove. Cerca di raddrizzare l’ambiguità, di aiutare la folla a leggere il segno del pane,ad andare in profondità, oltre il semplice visibile, razionale.Si può cercare Gesù solo perché garantisce una risposta ai nostri bisogni, oppure perché nel segno del pane si vede Lui che si dona, per tutti.
v.27: Operate non per il cibo che perisce…L’uomo è chiamato a custodire, a coltivare la terra,a faticare per procurarsi il pane. Ma questo pane perisce come coloro che lo mangiano. Non dovrà essere questo lo scopo, il fine della vita dell’uomo. La vera vita dell’uomo è la comunione con Dio, questo è il pane che dura per la vita eterna(Dt.30,19). L’uomo infatti non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio(Dt.8,3)"Non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo,ma la tua Parola conserva quelli che credono in te"(sap.16,26)"Quanto sono dolci al mio palato le tue parole,più del miele per la mia bocca"(salmo 119,103). Venite e mangiate il mio pane, abbandonate la stoltezza e vivrete(Prov.9,5s). E’ la parola di Dio il nutrimento che deve rendere dolce e desiderabile il pane di ogni giorno.Il Figlio di Dio dà proprio questo cibo.
vv.28-30: che facciamo, che segno fai.. Ancora la folla non capisce, pensa che per avere questo pane che sazia eternamente debba fare qualche cosa, così Dio si compiacerà e perchè meritato, darà pane per sempre. Anche a Gesù la gente chiede: e tu che fai per essere l’inviato di Dio, come ce lo dimostri? Gesù al v.29 risponde dicendo che non c’è nulla da fare, perché la fede è dono gratuito e non conquista. Si tratta solo di aprirsi e accogliere Cristo nella sua totalità, giacchè non sono le opere degli uomini che possono saziare la fame, ma solo l’opera di Dio: colui che Egli ha mandato.
v.31. I nostri padri….la folla insiste sul prodigioso e portentoso, ma capisce che anche questo non dura. Si ferma alla dimensione razionale, a ciò che si vede, non coglie quanto è capitato come dono e come anticipazione di un altro pane, di un’altra presenza. Per questo, nel v.32, Gesù sposta l’attenzione da Mosè a Dio stesso(chiamato Padre mio), dal passato(vi ha dato) al presente(vi dà) e dai "padri" a "voi" agli ascoltatori. I successivi versetti sono la rivelazione di Gesù vero pane, vera manna, che danno la vita piena, la felicità piena, alle quali l’uomo aspira.
v.36: pur avendo visto me, tuttavia non credete. Questo capita anche a noi. I suoi ascoltatori vedono il pane della vita, di cui quello nel deserto e quello sul monte sono segno e tuttavia non credono in Lui. La loro non è semplice ignoranza del dono. Hanno visto i segni e ora ne hanno ascoltato anche il significato. Nel loro cuore persiste un impedimento a credere.Il Signore non può essere loro pane, fino a quando altri pani, continuano ad essere di fatto i loro signori. Non possono accogliere Cristo finchè il loro cuore è ingombrato da tanti altri idoli.. preferiscono la tenebra alla luce perché le loro opere sono malvagie.(Gv.3,19)
Provocazioni per la riflessione personale
Quale è la qualità della mia fede in Gesù Cristo, perché credo in Lui, quali desideri, paure, gioie, problemi mi suscita l’accostamento della sua persona sia in ordine alla mia esistenza, sia in ordine alla testimonianza da dare allo stesso Cristo.
Quali resistenze trovo in me ad una piena accoglienza di Gesù? Come faccio spazio a
Cristo nella mia famiglia,nella vita di coppia, nelle mie amicizie, nei miei innamora-
menti, sul luogo del mio studio o del mio lavoro?
So vedere Cristo anche nel mistero della vita, nei momenti di dubbio, di smarrimento,
di sofferenza, di disagio? Che cosa significa incontrare Cristo nei fratelli?
La mia esperienza di fede è prevalentemente emotiva, razionale o morale? So unificare
nella vita di fede mente, cuore e volontà, oppure vi è la tendenza a far prevalere una sulle altre?
PER IL LAVORO DI GRUPPO
Avvicinarsi a Cristo spinti dal bisogno o da qualche necessità o da qualche forma di malattia o di sofferenza è una manifestazione di fede? Potete dire qualche cosa sulla esperienza della presenza di Cristo in voi e tra voi, nella famiglia, nel lavoro, nelle relazioni d’amore? Dalla esegesi risulta che la dimensione vera di Cristo, la sua identità non è stata colta, perché la gente si è come fermata ancora alla dimensione umana di Cristo, al suo carattere di uomo eccezionale. Ciò che è mancata nella folla e negli apostoli è stata la scarsa percezione della dimensione spirituale, che è quella propria del mistero pasquale. In che senso la vita che viviamo va vissuta come mistero pasquale e pertanto in unione a Cristo? In che senso tutto questo costituisce la nostra vita spirituale? Realtà umana e vita spirituale: come si compenetrano a vicenda e formano l’unica donna|uomo di Dio?
SCHEDA COMPLEMENTARE ALLA n. 3 DELL’ITINERARIO SPIRITUALE
LE ILLUSIONI DELLA VITA SPIRITUALE
L’illusione sentimentale: è tipica di chi ritiene che per conoscere Dio basti o sia importante sentirlo dentro, sentire la forza delle emozioni o dei sentimenti verso di Lui.Il dato sentimentale viene preso come criterio di esperienza. Come sarà questa vita spirituale?
- instabile: perché i nostri stati emotivi sono instabili. Dio, come per i discepoli, rimane in balia dei nostri stati d’animo, dei nostri entusiasmi o delle freddezze.
- illusoria: rimangono fuori mente e volontà. Per cui l’emozione fine a se stessa, non determina o non determina a sufficienza un cambiamento di vita (volontà) sulla base di concrete motivazioni (mente)
- contradditoria: perché non solo non provoca una conversione dell’intelligenza e della volontà,ma neppure porta ad un vero innamoramento di Dio a dispetto della pretesa di saper amare.
L’illusione morale: subentra quando è la volontà ad essere assolutizzata(la folla). Si parte dal presupposto che per fare esperienza di Dio basta fare determinate cose, osservare un certo codice di comportamento, celebrare certe azioni di culto, fare delle mortificazioni….Come sarà questa vita spirituale?
- Non sa dire grazie. Quanto possiede è roba sua, frutto delle sue fatiche e delle sue rinunce.
- E’ incapace di riconoscere il suo limite. Questo gli appare come qualche cosa che stona con il suo narcisismo morale e con la sua pretesa di autosufficienza.
- E’ perfezionista: perfetto osservante sul piano esterno, è spesso rigido con se stesso e con gli altri e finisce con il diventare un triste osservante.
L’illusione intellettuale: e’ propria di chi si avvicina alla fede con la pretesa di razionalizzare il mistero per possederlo e ritiene che tutto sommato la vita spirituale sia una questione speculativa. Come sarà questa vita spirituale?
- Non ha il senso della trascendenza : e ancor meno il senso del Mistero. Non accetta dubbi o problemi di fede.
- Non sa abbandonarsi a Dio: Dio diventa un fatto di sicurezza, è una certezza teorica che rassicura la mente,ma lascia freddo il cuore e chiede poco alla volontà.
p. Roberto Zambolin