Esercizi-testo2 - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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DAL BISOGNO DI GUARIGIONE AL DONO DELLA SALVEZZA
itinerario antropologico: Lectio Divina di Gv. 6,1-15

 
Messaggio nel contesto: il capitolo 6° di Gv. costituisce uno dei gioielli del suo Vangelo.Il dibattito che si svolge tra Gesù e la folla,i giudei e i discepoli, si sviluppa in un mirabile crescendo di domanda e di risposta che illuminano sempre di più l’identità e il mistero di Cristo. I brani evangelici di Gv. sono testi sovente lunghi e incalzanti, nei quali Gesù, di solito, prende l’iniziativa per portare alla luce la realtà dell’uomo, i suoi bisogni, i suoi desideri, i suoi limiti, le sue povertà, le sue attese…E tutto questo in un processo che potremmo definire "a spirale" durante il quale, dopo aver percorso il primo anello,ci fa percorrere un altro cerchio ma a livello superiore.La persona, in questo modo,approfondisce meglio se stessa e il Maestro, purifica o rinforza le sue convinzioni,fino ad arrivare alla professione di fede in Cristo, Signore della vita, della storia e Salvatore del mondo. E il tutto accompagnato da una ricchezza di simboli che mentre portano l’uomo a riflettere sull’essenziale, lo spingono ad elevarsi fino al piano della fede( luce-tenebre; pane, acqua). Così, mentre l’uomo cerca i beni di ogni giorno per la sua vita materiale,gli viene ricordato che Cristo è il pane di vita, l’acqua viva, la luce che illumina il mondo.

 
Esegesi:

vv.1-4: Gv. colloca l’episodio nel tempo di Pasqua e presenta una grande folla che segue Gesù in un passaggio che va oltre il mare, fino al monte. Esodo di Gesù (Pasqua e dopo queste cose) ed esodo dei discepoli e della folla camminano parallelamente. Per Gesù l’Esodo è definitivo,per la folla è ancora " nella storia " e ha alla base una esigenza di liberazione(v.2).Da notare il v.3:Mosè sale sul monte, dove furono date le dieci parole di vita. Ora Cristo è la Parola che si fa carne, che si fa pane, che si fa banchetto, che si fa rivelazione del volto di Dio(Is.25,6-10). Nel suo Esodo, nel suo itinerario umano che porta verso Dio, l’uomo ha bisogno non solo di pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. L’uomo è invitato a riflettere sull’ambivalenza dei suoi bisogni la cui ripetizione e insoddisfazione, lo portano ad un gradino più alto. Bisogni che spesso si moltiplicano e ai quali l’uomo non riesce a dare risposta.E’ importante partire dai bisogni e dai limiti,e cogliere la lettura simbolica della vita.

v.5: alzati gli occhi..nei testi paralleli si dice che Gesù alzò gli occhi al cielo (Mc.6,41;Mt.14,19;Lc.9,16); qui invece li alza sulla folla. Gesù non leva gli occhi al Padre perché sempre li ha rivolti verso di Lui,ma verso i fratelli perché si è posto più in basso di loro: si è fatto più piccolo e servo di tutti.Da dove compreremo:si richiama l’origine del pane, in modo provocatorio. La domanda di Gesù richiama quella di Mosè(Nm.11,10-15). Tra gli uomini, poi, tutto è oggetto di compravendita ad eccezione delle cose essenziali: la vita,l’amore, il pane condiviso. C’è pane e pane.(Is.55,1) Come c’è pasto e pasto: l’animale consuma il suo pasto da solo, alla greppia,l’uomo è fatto per mangiare abitualmente attorno alla mensa,con i fratelli.

v.6: diceva questo per tentarlo…anche qui vi è qualche richiamo all’Esodo.In Nm.11,13 Mosè tentava il Signore,perché non sapeva come procurare il pane ed era sfiduciato,qui il Signore tenta il discepolo per fargli capire che Lui è l’alternativa al pane che si compra, il dono di sé, della sua vita. E la provocazione viene dalla risposta di Filippo:vi è un divario tra le necessità e le nostre possibilità;e da quella di Andrea, i beni di qualcuno, finchè non vengono donati,non creano comunione.Il Signore parte comunque dal cibo dei poveri, da qual poco che si possiede, ma si dona.

v.9: c’è un ragazzino qui.. all’origine del dono per tutti c’è un ragazzino insignificante. Ragazzo in greco significa pure servo. Questo piccolo ha messo il suo pane a servizio degli altri, di un bisogno, di una necessità.E’ immagine di Gesù piccolo e servo, ma grande nell’amore che dà tutto se stesso. Il pane d’orzo è il pane dei poveri. Due pesciolini sono il companatico del bambino. Quanto egli ha, sufficiente solo per lui, per quel giorno. Ma una volta donato, diventerà cibo per tutti. Si può anche notare che i 5 pani e i due pesciolini costituiscono il numero7,la pienezza della creazione, della vita.

vv.10-11: Disse Gesù. Quanto detto trova compimento in Gesù. Lui dona, Lui si spezza, Egli è il buon pastore che ci guida per pascoli erbosi. Quel fate adagiare gli uomini, sta a significare che si sta verificando qualche cosa di grande, di solenne: l’uomo ha bisogno di essere servito da Cristo, ha bisogno di pane, ma molto di più della vita di Gesù per le sue difficoltà e le sue povertà. E infatti vi è poi un sovrappiù che avanza.

vv.12-13: radunate…il sovrappiù:il sovrappiù è ciò che va oltre la sazietà materiale, che va radunato e conservato.Radunare(gr.synàgo) richiama la sinagoga, l’assemblea, la comunità. La manna raccolta in sovrappiù del bisogno quotidiano, si corrompeva e periva(Es.16,4-20) solo quella raccolta il sesto giorno, nel giorno di sabato si conservava e solo quella posta nell’Arca si conservava sempre. E’ importante allora sì il pane quotidiano anch’esso dono, ma la presenza e l’incontro con Cristo pane che ci porti nell’intimità con Dio. Lì il Signore ci svelerà i suoi segreti e la sua volontà. Per questo Gesù ordina di radunare il sovrappiù.

vv.14-15: Gli uomini allora…pur avendo capito il segno di Dio, non hanno capito però il significato e hanno ridotto a bisogno anche la loro sequela di Gesù. Gesù si ritira sul monte. Ritirarsi, in greco,anachorèo(da cui anacoreta), significa separarsi,andando in alto, in una regione superiore. Gesù non si serve del pane per asservire a sé gli uomini, a differenza degli uomini che tentano di asservire Dio a se stessi per la propria gloria.


 
Provocazioni per la riflessione personale
La vita di ognuno di noi è come un esodo: bisogno di liberazione, fatica di purificazione, libertà che nasce dell’incontro, dalla comunione e dall’intimità con Dio.
Ripensando alla mia vita, alle mie difficoltà, alle mie ferite, alle mie sofferenze: ho già
iniziato l’esodo che mi porta ad una libertà interiore? In quale fase della vita mi
sembra di trovarmi oggi a livello di maturità umana e spirituale? Da che cosa mi devo
ancora liberare? Purificare? Che cosa mi impedisce la piena libertà di amare Dio?
La vita ha anche un carattere simbolico che per noi credenti significa osservarla con
con gli occhi della fede: vi è un significato che va dato, compreso, nutrendoci
abbondante della Parola di Dio, ritirandosi sul monte, coltivando l’umiltà davanti a
Dio e ai fratelli, e donando le risorse della nostra povertà.
La vita di fede è un cammino: non è tranquillo possesso, suscita domande più che dare
risposte, si nutre dell’esperienza e dei bisogni insoddisfatti di essa, soprattutto
valorizza i limiti e la creaturalità della persona.


 
Ripensando alla mia vita, alle mie difficoltà, alle mie ferite, alle mie sofferenze: ho già iniziato l’esodo che mi porta ad una libertà interiore? In quale fase della vita mi sembra di trovarmi oggi a livello di maturità umana e spirituale? Da che cosa mi devo ancora liberare? Purificare? Che cosa mi impedisce la piena libertà di amare Dio?

PER IL LAVORO DI GRUPPO
Prendo coscienza della mia situazione di Esodo, singolarmente o in coppia. In questo cammino che mi conduce al monte di Dio non sono solo(folla), ma ho bisogno ogni tanto di sedermi ad ascoltare il Maestro;sono soprattutto sotto lo sguardo di Gesù, che si mette al mio servizio, che mi lava i piedi. Non parto da zero,nella mia povertà mi trovo dei doni che vanno accolti e valorizzati,soprattutto riconosciuti e messi in circolazione. Nel condividere la vita più che nel trattenerla,sta il senso della nostra esistenza,spesso il superamento delle nostre difficoltà,la testimonianza d’amore. Devo fare proprio come Gesù, mistero di vita che si spezza e si dona per tutti in modo generoso e abbondante. Nessuno deve andare via da me senza avere ricevuto qualche cosa che sfami la sua fame e la sua sete di amore e di accoglienza. Tutto questo mi deve spingere a seguire sempre più profondamente il Figlio per poter essere come Lui. Lui è il sovrappiù di cui ho bisogno. Per questo devo avere a cuore di ritagliarmi spazi di intimità e di comunione con Lui, perché la ricerca di Cristo e la mia fede in Lui non sia solo bisogno di guarigione per me,ma sorgente di carità per tutti.


 
SCHEDA COMPLEMENTARE ALLA N. 2 DELL’ITINERARIO ANTROPOLOGICO

Preghiera:
Signore,Tu mi conosci e mi ami…
Davanti a Te è la mia vita.
Non ti sono nascoste le mie debolezze ed i miei sforzi.
Ora te li voglio narrare tutti, con calma, con ordine…
Non dal momento della mia ragione,ma dal momento della mia chiamata.
Vedrai,Signore,che ho sempre bisogno della tua pazienza,
della tua misericordia, del tuo perdono.
Guidami, Signore, correggimi, ammaestrami;
rendi il mio animo attento alla tua venuta,
il mio cuore aperto alle tue richieste.
Signore, sono contento del mio nulla,
del mio essere un granello di sabbia ed una goccia d’acqua:
solo così posso sprofondare nel mare del tuo essere,
nel mare del tuo Amore. Amen


 
Dal libro del Siracide:
"Chi è l’uomo?E a che può servire? Quale è il suo bene e quale è il suo male? Quanto al numero dei giorni dell’uomo, cento anni sono già molti. Come una goccia d’acqua nel mare e un granello di sabbia, così questi pochi anni in un giorno dell’eternità. Per questo il Signore è paziente con gli uomini, e riversa su di essi la sua misericordia. Vede e conosce che la loro sorte è misera, per questo moltiplica il perdono. La misericordia dell’uomo riguarda il prossimo,la misericordia del Signore ogni essere vivente. Egli rimprovera, corregge,ammaestra,guida come un pastore l suo gregge.Ha pietà di quanti accettano la dottrina e di quanti sono zelanti per le sue decisioni".(Sir.18,7-14)

Dalla lettera enciclica di Giovanni Paolo II " Redemptor Hominis"(cap.II n.10)
"L’uomo che vuole comprendere se stesso fino in fondo,non soltanto secondo immediati, parziali,spesso superficiali, e persino apparenti criteri e misure del proprio essere deve,con la sua inquietudine e incertezza,e anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire,entrare in Lui con tutto se stesso, deve appropriarsi ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso. Se in Lui si attua questo profondo processo,allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio,ma anche di profonda meraviglia di se stesso.Quale valore deve avere l’uomo davanti agli occhi del Creatore se ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore,se Dio ha dato il suo Figlio, affinché egli, l’uomo,non muoia, ma abbia la vita eterna".

Dal libro delle Confessioni di S.Agostino( L.I,c.5)
"Chi mi farà riposare in Te, chi ti farà venire nel mio cuore ad inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali, e il mio unico bene abbraccerei:Te. Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinchè io parli. E cosa sono io stesso per Te,si che Tu mi comandi di amarti e ti adiri verso di me e minacci, se non obbbedisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve l’assenza di amore per Te? Oh, dimmi, per la tua misericordia, Signore Dio mio,cosa sei per me. Di’ all’anima mia: la salvezza tua io sono. Dillo che io loda. Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore. Aprile e dì all’anima mia: la salvezza tua io sono. Rincorrendo questa voce io ti raggiungerò, e tu non celarmi il tuo volto. Che io muoia per non morire, per vederlo".

p. Roberto Zambolin
 
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