LA CROCIFISSIONE DI GESU’ CRISTO
Prima parte
LECTIO DIVINA DI GV. 19,16b – 22
( Gesù Nazareno, re dei Giudei )
1. Il Messaggio del brano
Il racconto della crocifissione di Gesù che l’evangelista Giovanni ci descrive
in modo essenziale (sono solamente due versetti:17 e 18 ) ma anche solenne, ha
al suo centro il cartello della condanna: Gesù, il nazareno, il re dei Giudei,
viene proclamato re, intronizzato sulla croce assieme a due compagni, uno alla
sua destra l’altro alla sua sinistra. La carne di Gesù, debole, fragile,
offerta alla vista di tutti per amore, diventa salvezza di ogni carne
peccatrice, perché tutti siamo peccatori. Gesù posto nel mezzo è il re che
salva, e gli altri due, accanto a Lui, siamo tutti noi.
La scena del pretorio descritta immediatamente prima (vv.13-16a) anticipa e
spiega meglio il senso di questa regalità che avviene sul Golgota. Confrontiamo
i due testi:
Gv. 13 – 16a
Pilato fece uscire Gesù
verso il luogo detto Lithostrotos,
in ebraico Gabbata.
Egli lo fece seder nel tribunale.
Pilato disse:” Ecco il vostro re”.
Essi Gridarono:” Levalo, levalo”
Gv. 16b-19
Gesù uscì dalla città
Verso il luogo detto Calvario
In ebraico Golgota.
Esi lo crocifissero nel mezzo
Pilato scrisse: “Il re dei Giudei”
Esi dissero: “Non scrivere…”
In questi testi, Gesù viene fatto sedere rispettivamente sul trono di Pilato e
presentato da costui; nell’altro viene fatto sedere sulla croce e presentato
dal cartello; nel primo Pilato dice:Ecco il vostro re”, nel secondo scrive: “
Il re dei Giudei”.
Inoltre: mentre gli altri evangelisti riferiscono la scritta sulla croce solo
con un breve cenno, Giovanni lo fa subito dopo la crocifissione con una lunga
discussione attorno allo “scrivere” che termina con l’espressione: “Quello che
ho scritto, ho scritto”.(Gv.19,22) Nei pochi versetti che riguardano il
cartello, il verbo scrivere ricorre per ben sei volte. Pilato, può sembrare
strano, diventa così profezia di Dio, che porta a compimento in modo definitivo
la Scrittura. In quel Corpo inchiodato sulla croce, prende carne quanto vi è
scritto nella Parola: nel crocifisso c’è tutto l’amore di Dio offerto per noi,
c’è tutta la storia dell’amore di Dio che è il contenuto più vero della storia
biblica.
Il libro del crocifisso è la spiegazione più profonda di tutto ciò che Dio ha
scritto. La Scrittura è la parola di Dio che annuncia un Amore senza rimpianto
e senza pentimento. “ Quello che ho scritto, ho scritto”, dice Dio; e fa un
certo effetto sapere che a riferirci questo è Pilato. Veramente chi fa la
storia del mondo non sono i potenti. I potenti non si muovono, ma in ultima
analisi…vengono mossi. Dirà giustamente Gesù a Pilato: “Tu non avresti alcun
potere su di me, se non ti fosse dato dall’alto”(Gv.19,11) Pilato siede nel
tribunale, dove è stato fatto sedere anche Gesù, per condannare e giudicare,
Cristo viene fatto sedere sulla croce, per amore e per la salvezza di tutti,
perché il giudizio che viene da essa non può che essere un giudizio di
misericordia e di grande accoglienza. Se Pilato dall’alto del suo trono giudica
secondo la legge, senza guardare al cuore; spesso per vile interesse e senza
pietà,o lavandosi le mani …Gesù dall’alto della croce giudica il cuore di ogni
uomo, ma questo giudizio è in vista della conversione e della salvezza
dell’uomo; e soprattutto non si lava le mani, ma si coinvolge intimamente nella
realtà e nella complessità della vita umana, perché è mosso dall’amore, dal
dono di sé . Quale differenza tra il nostro modo di giudicare, spesso dall’alto
delle nostre certezze e della nostra sapienza… Nel giudicare dalla croce, Gesù
mette in gioco se stesso, la sua piena adesione al Padre, il suo abbandono a
Lui. E’ la morte perché altri abbiano la vita. Per questo San Paolo dice con
forza: “Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi, se non Gesù Cristo e
questi crocifisso”(1Cor.2,2)
Non dimentichiamolo: la scienza della Scrittura è la scienza del crocifisso. La
Scrittura viene assimilata e gustata per essere trasformata in vita che si
spezza, che si dona, che si offre. Oggi Parola e Crocifisso saranno l’uno
l’autentica interpretazione dell’altra!
2. Approfondimento del testo
v.16b: ricevettero Gesù. (para-lambàno) Nel Vangelo di Giovanni questo verbo
ricorre anche nel “prologo” (v.1,11): “Venne fra la sua gente, ma i suoi non
l’hanno accolto” e poi nella disputa fra Pilato e i Giudei che lo prendono, non
per accoglierlo, ma per ucciderlo (cfr.18,31 e 19,1.6) I suoi e coloro che non
lo vogliono, sono accomunati dallo stesso rifiuto di Gesù. Gesù, invece, non si
rifiuta a nessuno, ma si consegna. Gesù viene ricevuto perché si consegna
.Anche chi rifiuta Gesù, si ritrova fra le mani Gesù. Gesù è il pastore bello
che dà la vita per le sue pecore e per quelle che non sono del suo
ovile.(Gv.10,11-17) Lui si consegna e si fa ricevere da tutti, con la sua
libertà, la sua umiltà, il suo desiderio di amare fino alla consumazione di sè
v.17: portando per se stesso la croce: Giovanni ci presenta Gesù che solleva e
porta la croce di sua spontanea volontà. A differenza degli altri evangelisti,
Gv. non parla né del Cireneo (Mc.15,21) né delle donne che lo accompagnano (
Lc.23, 27-31) Gesù si carica del “patibulum”, della traversa sulla quale il
condannato stendeva le braccia.. Esso contiene e rappresenta tutto il peso del
dolore, della sofferenza del mondo. Su quel “patibulum” vi è tutta l’umanità
nella sua fragilità e nella sua peccaminosità. In questo senso, “Essendosi
addossato le nostre sofferenze e caricato dei nostri dolori, egli è uomo dei
dolori che ben conosce il patire”(Is.53,1-4). La sua è conoscenza umana,
spirituale, teologica e..vocazionale. La parola “eautò” potrebbe anche tradursi“per
se stesso”(a suo vantaggio): in questo caso non significa tanto il vantaggio
che può ricavare Gesù dalla manifestazione della potenza della sua divinità, ma
il vantaggi a nostro favore nello spogliare e stesso, e diventare uno di noi,
fino alla morte e alla morte di croce.(Fil.2,7-8) Il vantaggio di cui parla
Giovanni è il libero compimento della volontà del Padre. Questo suo “ fare
tutto da solo” rivela anche la unicità della sofferenza di Gesù e il valore del
dono della sua vita: è data per tutti noi. “ Come Isacco portò la legna
dell’Olocausto, così Gesù porta la croce (Origene). La porta “come un re il suo
scettro, segno della sua gloria, della sua sovranità universale su tutti. Come
un guerriero vittorioso il trofeo della sua vittoria.(Tommaso D’Aquino) “ Sulle
sue spalle riposa la sovranità”(Is.9,5)
- uscì: Giovanni sottolinea molte volte che la passione non è subita da Gesù, ma ad essa si offre come atto di obbedienza al Padre e atto d’amore verso i fratelli. La libertà di Gesù è radicata nell’amore. La risposta di Gesù a quanti Lo prendono è il dono di sé in maniera libera, personale, responsabile, rimettendo il futuro della sua vita nelle mani del Padre. Per questo Gesù non è condotto via (Mt.27,31; Lc.23,26), né portato (Mc.15,22) al Golgota, ma esce e va per sua libera decisione, come esce dalla città per andare nel giardino(Gv.18,1), come uscì per andare incontro alle tenebre (18,4), come uscì dal pretorio con le insegne regali (19,5) E’ un uscire per consegnarsi a tutti. Per questo è venuto nel mondo. Infatti prima di tutto Gesù è uscito dal Padre (16,28;17,8); è uscito da Dio(8,42;13,3;16,27.30)
- verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota: Golgota significa altura,rilievo,collina. Il monte è il luogo sul quale Dio parla e si manifesta. Il luogo per eccellenza è Gerusalemme, città santa, faro delle nazioni, posta in alto, sede del grande re, del Dio della gloria, alla quale molti popoli andavano per la festa. Sull’altura del Golgota, Cristo sarà la nuova Gerusalemme, il nuovo Tempio di Dio. Nell’amore di Gesù ognuno di noi può incontrare il Santo dei Santi,il cuore di Dio santuario del suo amore, al quale noi abbiamo accesso non una volta all’anno, ma sempre grazie al sangue di Cristo. Ora in Cristo, elevato da terra, posto sul Golgota, Dio fa risplendere la sua gloria e la sua regalità. Questo Tempio di Dio non è fatto di mattoni, ma di carne e sangue, è il Corpo di Gesù. I discepoli del Crocifisso sono le membra di Gesù, la sua Chiesa. Solo donando totalmente se stessa dal Golgota, come ha fatto il suo capo, fino alla consumazione di sé, la Chiesa può essere faro e luce, città posta in alto, sale che dà sapore, luce che illumina ogni uomo. Più la Chiesa scende in basso, più sarà la chiesa di Pilato, del potere, espressione di un’altra regalità. Più la Chiesa presenta se stessa in una gioiosa nudità, più sarà la Chiesa del suo Signore,crocifisso e risorto.
v.18: dove crocifissero Lui: I discepoli all’inizio della sequela chiedono a
Gesù: “Dove dimori?”(1,38) Ora vedono dove dimora il re di Israele, il Figlio
di Dio benedetto: sulla croce. Quello è il luogo ove il Figlio dell’uomo ha
finalmente dove posare il capo. Il Figlio dell’uomo non può avere né tana, né
nido, né casa, né altro luogo posto in basso per reclinare il capo; sia perché l’amore
non cerca la propria sicurezza né quella di salvare se stesso, ma anche perchè
l’amore va manifestato, va testimoniato, va espresso.“Figliuoli, non amate a
parole, ma con i fatti e la verità”(1Gv.3.18) Quando Gesù reclina il capo sulla
croce, è il momento in cui l’umanità è attraversata da una luce nuova,
sconvolgente. Gesù deve stare in alto, solo dall’ alto può reclinare il capo,
perché tutti vedano quanto Dio ci ha amato e quale passione d’amore nutra per
l’uomo La croce, pertanto, nella sua dimensione verticale e orizzontale, è la
congiunzione degli opposti: cielo e terra, oriente e occidente. Cristo sta nel
mezzo del mondo, della vita, della storia. Segno di comunione, unisce le
diversità, alto e basso, congiunge le distanze, le separazioni. Nello stesso
tempo unisce Dio con l’uomo e l’uomo con Dio e gli uomini fra loro. E’ per
eccellenza il segno della Comunione e della Riconciliazione nell’unico amore
del Padre .Per questo dall’albero della croce nasce la vita. Non c’è vita senza
comunione e riconciliazione, senza l’incontro delle diversità. Se non fosse il
luogo privilegiato in cui Dio ha abbracciato l’uomo, l’uomo Dio e gli uomini si
abbracciano fra loro, il Golgota sarebbe rimasto luogo del Cranio, luogo dei
morti, luogo del tormento di quanti hanno abbandonato Dio, luogo della
sofferenza di Dio stesso e non l’inizio della Risurrezione e della vita nuova.
Dove sei? Sono le prime parole di Dio ad Adamo (Gen.3,9) La sua
ricerca,iniziata nel giardino,termina sull’albero della croce. Qui Dio trova
l’uomo. Qui la Sposa del cantico dei cantici, incontra finalmente Dio suo sposo
che da sempre la cerca con amore appassionato (Adamo, dove sei?). Allora la
croce diventa il talamo nuziale in cui Dio e l’uomo si incontrano in un
rapporto d’amore ricco e fecondo. Come ricorda il Concilio, la Chiesa nasce lì,
da questo amore appassionato, consumato sulla croce . Lì sono generati i figli
di Dio. Dal costato di Cristo esce acqua e sangue: sono i sacramenti che fanno
la Chiesa: il Battesimo l’inizio e l’Eucaristia la pienezza. La croce è dono, è
nuzialità mistero d’amore, di unione e di comunione.
accanto a Lui altri due, di qua e di là e Gesù nel mezzo: il re,
intronizzato sulla croce, non è solo. Accanto a lui vi sono altri due compagni,
come Lui. E’ interessante notare come la descrizione di Giovanni, non ponga in
rilievo Gesù rispetto agli altri due. Non sono altri da lui, ma altri due, che
sono nella sua stessa condizione. Due è l’inizio della molteplicità. Chi
rappresentano allora questi due? Gesù ha detto un giorno:” Voglio che dove sono
anch’io anch’essi siano accanto a me, affinché contemplino la mia
gloria”(17,24) Tutti siamo chiamati a condividere con Gesù la nostra fragilità
e la nostra debolezza fino alla morte. Quei due rappresentano tutti noi, nella
nostra povertà, nella nostra miseria e nell’ora della nostra morte. Ma nel
peccato, nelle sconfitte e nelle delusioni non siamo soli, siamo in compagnia
di Gesù, perché Lui ha voluto essere accanto a noi, a voluto consegnarsi a noi.
Per questo S.Paolo dice che se moriamo,moriamo con una morte simile alla
sua…..Essere “per sempre con Lui” è il sommo desiderio dell’uomo, suo destino
di gloria (1Ts.4,17) Lui diventa la nostra vita, il nostro futuro, la nostra
risurrezione. C’è Lui in mezzo a noi, in mezzo alle nostre morte e sofferenza.
Lui non si vergogna di stare in compagnia di ciò che noi siamo. Per questo si è
fatto umiliazione, peccato, agnello condotto al macello. Davvero la fede in
Cristo la apprezziamo e la cogliamo nella sua genuinità e nella pienezza della
luce, quando abbiamo perduto tutto. Abbiamo ancora troppe sicurezze, per capire
i misteri dell’amore di Dio.. Per capire, dobbiamo salire sulla croce e
sperimentare che Cristo sta in mezzo a noi e ci abbraccia quando noi non
abbiamo più nulla. Ma questi due rappresentano anche tutti i crocifissi della
storia: i poveri, gli affamati, gli afflitti, i perseguitati, quanti sono come
Cristo, anche senza conoscerlo (Mt.25,35-40.42-45) Quello che avremo fatto a
loro l’avremo fatto a Cristo che sta in mezzo a loro. Questi due rappresentano
anche quanti seguono Cristo e amano come Cristo, sentendo su di sé il peso
dell’amare. Non si può amare, se non con passione, la persona amata. E la
passione per l’altro fa gioire, ma fa anche molto soffrire, perché amare è
caricarsi “il patibulum”, caricarsi dell'altro, è mistero di accoglienza e di
rifiuto, è consumare l’amore, spesso nella solitudine del distacco e della
lontananza, sapendo che l’mata/o sarà trasformato quando tu le avrai dato la
vita. Ma questo amore , che costituisce la tua gloria assieme a quella del
Figlio è dono che viene da Dio. L’uomo è chiamato ad uscire, a offrirsi, a
fidarsi di Dio.L’amore, quello semplicemente umano e quello più profondamente
spirituale, è sempre un Mistero. E Mistero è l’altro nome di Dio.
Una annotazione: Giovanni, dei due posti accanto a Gesù, l’uno da una parte e
l’altro dall’altra, non dice che sono briganti (Mc.15,27; Mt.27,38) o
malfattori (Lc.23,33.39).Tutti noi, infatti, rappresentati da quei due, abbiamo
peccato, anzi abbiamo molto peccato. E questo risulta ancora più evidente se ci
confrontiamo con Colui che pur non avendo commesso peccato, sta nel mezzo. Ma
Giovanni non chiama quei due briganti, perché la luce che viene dal crocifisso
che dona la vita per amore,ci fa vedere le persone sotto un’altra luce, ce li
fa vedere come fratelli, nella povertà della loro esistenza, ma nella verità
della loro identità. Chi è più bisognoso è anche più bisognoso d’amore. Infine
non sono chiamati briganti perché l’amore è più forte della violenza e
dell’odio. Quando si contempla a che punto Dio ci ha amati guardando il
crocifisso, non abbiamo né tempo né voglia per pensare che quei due sono
briganti….anzi forse lo sono meno di noi che di Cristo abbiamo conosciuto e
sperimentato quotidianamente la presenza e la provvidenza. Infine Giovanni non
dice che sono briganti o malfattori, perché è bello pensare che in punto di
morte, tutti diventiamo finalmente innocenti. Infatti non potremo più nuocere.
Anche Cesare e Pilato assieme ai loro soldati, Anna e Caifa con i loro servi,
non saranno più in grado di nuocere. La morte ci pone tutti vicini a Lui,
l’unico giusto che giustifica, il Pastore bello delle pecore che è venuto a
darci la vita in abbondanza(10,10) Non importa come moriamo, importa sapere che
qualunque sia la nostra morte, Cristo è accanto a noi, è solidale con noi e noi
con Lui. Sarà Lui a presentarci al Padre. Nell’ora della sofferenza e del
dolore, della morte e della precarietà non sarà né il vanto, né il ricordo
delle nostre capacità, delle nostre sicurezze, delle nostre affermazioni, delle
nostre concupiscenze ad attiraci le attenzioni degli uomini e quelle di Dio.
Gli uomini, lo sappiamo bene, ci dimenticano presto; ma ciò che attira su di
noi lo sguardo di Dio saranno proprio le nostre debolezze,ciò che non siamo
stati, ciò che non siamo e, forse, ciò che non riusciremo mai ad essere.
Accanto a Gesù crocifisso, sono proprio i malfattori a fare comunione con Lui,
a condividere la sua stessa sorte. Così anche ogni nostro limite, compreso
quello della morte da malfattori, diventa comunione con Lui. La possibilità di
vivere insieme da fratelli e sorelle, di vivere insieme come comunità del
risorto, non nasce dalla consapevolezza di ciò che siamo, ma da quella di ciò
che non siamo e dalla accettazione personale e reciproca di questo non poter
essere. Se non si parte dalla convinzione che tutti proveniamo da una sponda di
peccato e che viviamo insieme per fare esperienza di vita nuova come dono del
risorto,noi rendiamo vana la croce di Cristo e nell’ora del Golgota saremo
paurosamente soli.
v.19 Pilato scrisse: Prima disse: “ Ecco il vostro re”(v.14);qui “scrisse” che
Gesù è re. Pilato, senza saperlo, dice e scrive la Parola, anzi la compie. La
storia è davvero nelle mani di Dio e non dei potenti. Stessa situazione nel
titolo ove è scritto il motivo della condanna. Caifa, capo dei sommi sacerdoti,
nel suo rifiuto di Cristo aveva profetizzato la morte di Gesù come salvezza del
popolo(11,51) Ora Pilato, capo politico, profetizza,lui pagano e in avversione
al popolo di giudea, la regalità universale di Gesù. Per ben sei volte nei
versetti dal 19 al 22 ricorre il verbo “scrivere” Richiama ovviamente la
Scrittura. Quanto è scritto nel Libro è pienamente comprensibile nella lettura
di un altro libro: il crocifisso. Questo è la chiave di lettura della
rivelazione. Chi voglia conoscere l’amore di Dio e chi vuole conoscere l’uomo
che ama in Dio, non può partire che dal crocifisso. Il crocifisso è la nuova
Scrittura da leggere e da vivere, da masticare bene e da assimilare. Tutto ciò
che è stato scritto, lì si è compiuto.. la croce diventa così il distintivo
dell’amore di Dio per l’uomo perduto. La croce è la distanza infinita che Dio
ha posto tra se stesso e ogni nostra immagine di Lui! “ Bisogna che il Figlio
dell’uomo sia innalzato!(3,14) Per questo Paolo dice di non conoscere altri se
non Gesù Cristo e questi crocifisso(1Cor.2,2). In Lui sono nascosti tutti i
tesori della sapienza e della scienza(Col.2,3); in Lui abita corporalmente
tutta la pienezza della divinità (Col2,9)
Il titolo: Gesù, il Nazareno, il re dei giudei
Gesù: Gesù significa: “Il Signore salva”. Gesù sulla croce realizza il suo
nome. E’ il Signore e solo Lui che salva l’uomo. Tutta la Scrittura che è la
storia della nostra Salvezza,
diventa pienamente comprensibile
Il Nazareno: “Da Nazareth, puo’ mai venire qualcosa di buono? “ (Gv.1,46)..da
Nazareth è venuto Tutto!
Il re dei giudei: Gesù viene dalla santa radice, tutte le grandi figure del
mondo giudaico richiamano Lui e portano a Lui, come tutti i maggiori
avvenimenti della storia giudaica trovano piana spiegazione e compimento nel
mistero pasquale; ma Egli è re né alla maniera dei re giudaici, né alla maniera
di Pilato. Rifiutato, accoglie, non servito, serve; figlio di Dio si lascia
umiliare e crocifiggere come l’ultimo degli uomini. Strano modo di essere re e
di essere Dio…..La sua croce rappresenta insieme l’odio del mondo e l’amore
incondizionato di Dio, che vince il male con il bene. Questo è il suo modo di
essere re.
v.20: era vicino alla città il luogo dove fu crocifisso Gesù: Il luogo della
crocifissione era fuori della città, come il luogo dove fu catturato Gesù
(18,1) Il giardino degli Ulivi e il Calvario sono posti l’uno di fronte
all’altro e Gerusalemme, la città santa nel mezzo: città di lotta, di scontri,
di lutti, di dolore, di morte, allora come oggi. Le esecuzioni capitali sono la
messa in scena della morte e della condanna in luoghi ben visibili a tutti,
dove tutti possano accorrere e vedere , ma nello stesso tempo fuori dalla città
per non contaminarla. In questi luoghi di infamia, non contaminati dal culto
sacro e dalle tradizioni religiose, Cristo salva l’uomo e fa risplendere la
gloria di Dio, la pienezza dell’amore di Dio! Che strano questo Dio che per
farsi conoscere e incontrare sceglie i luoghi più disdicevoli per sé e quelli
meno ovvi……C’è da riflettere sul nostro apostolato, e sul senso della missione
della Chiesa, sulla nostra realtà pastorale. Dobbiamo fare in modo che l’uomo
incontri Cristo:ma dove? Dove lo predicheremo, lo testimonieremo, lo
celebreremo? In quali luoghi, con quale popolo?
era scritto in ebraico, greco e latino: la nuova Scrittura, il libro del
crocifisso è leggibile in ogni lingua. Come è leggibile in ogni lingua l’odio e
l’amore, il possesso e il dono di sé. E’ scritta in ebraico, lingua
del culto perché esso e quanti lo presiedono non presumano di salvarsi dicendo
: “Tempio del Signore, Tempio del Signore, Tempio del Signore è questo” ma
perché il culto abbia una aderenza alla vita; è scritta in latino,
lingua dei dominatori, perché i potenti si convincano che non è con la forza
che si salva il mondo, ma con l’amore libero e gratuito da ogni forma di
possesso; è scritta in greco lingua dei sapienti,
perché la sapienza della croce confonde la stoltezza dei sapienti secondo la
carne.
3. Alcuni spunti per la riflessione personale e la condivisione
Ogni relazione d’amore è consegnare il mistero di se stessi, della propria vita
e della propria storia, al mistero della vita e della storia dell’altro. E’
consegna e accoglienza reciproca, fatta in modo libero e volontario. Amare non
è prendere, catturare, impadronirsi dell’altro, ma un consegnarsi all’altro.
Essere discepoli di Cristo, è consegnare a Cristo la propria vita,perché possa
essere plasmata dal suo mistero di morte e di risurrezione. Quali fatti,
circostanze, avvenimenti, aspetti di me e della mia vita, vedo contrassegnati
dalla Pasqua di Cristo? Come mi consegno? Gioie e fatiche del consegnarsi
all’Amore.
Ogni consegna di sé, richiede un esodo da sé, una uscita da sé, per entrare
nella volontà del Padre. Come esco da me, per entrare in ciò che Dio ha in
serbo per me…
Gesù porta da solo, a mio vantaggio, tutto il “patibulum” della mia fragilità e
della mia peccaminosità….
Croce e riconciliazione delle diversità, nella croce Dio incontra me e io lo
incontro, croce luogo di solidarietà tra noi peccatori; croce e non giudizio,
croce e solitudine, croce e comunione con i più poveri, croce e mistero della
morte, croce nel rapporto tra odio e amore, croce e debolezze personali,croce e
coerenza di vita….
4. Per continuare la meditazione:
Salmo 22; Lc.24,26s.44-47; 1Cor.2,1ss; Gal.6,14-16; Fil.2,5-11;3,17-21;
Ef.2,13-22; Ap.5,9-14
p. Roberto Zambolin