Fiumi d'acqua viva...
Dove abita Dio?
4° Domenica di Avvento anno B
(2Sam.7,1-5.8-12.14.16; sal.88;Rm.16,25-27;Lc.1,26-38)
Quandonoi parliamo di “ Storia della salvezza” oppure di “ Dio che viene a salvarci”, noi intendiamo dire che Dio va alla ricerca dell’uomo e procura all’uomo tutto ciò che gli è utile e per la sua vita umana e per la sua vita spirituale. In tutto noi siamo invitati a riconoscere l’amore di Dio per noi e l’iniziativa di Dio nei nostri confronti senza peraltro che noi lo meritiamo. I nostri discorsi rischiano di essere sterili, quando si concentrano solo sulle opere delle nostre mani, su ciò che l’uomo fa o su ciò che è chiamato a fare per trovare Dio. La storia biblica, infatti, ci testimonia che le cose non stanno così: fu Israele “ad essere scoperto da Dio”. Per questo nel testo della prima lettura di oggi, non sarà Davide, ma Dio stesso a costruirsi una casa. La storia di Davide, infatti, è quella di un uomo di successo, in continua ascesa, fino ad essere eletto re. La vittoria su concorrenti e nemici, la conquista di Gerusalemme e l’iniziale organizzazione di uno stato forte e stabile, dovettero infondere, in lui,una straordinaria consapevolezza dei propri mezzi e, negli altri, riverenza e timore. Davide, allora, volendo costruire una casa al Dio nomade,che finora, nel simbolo dell’arca aveva peregrinato assieme al suo popolo, intendeva rendere Dio più presente, più vicino all’uomo e forse anche ringraziarlo per come gli erano andate le cose. Ma il voler costruire una casa a Dio, potrebbe essere anche una tentazione subdola: l’uomo ha bisogno di toccare sempre ciò che lo rassicura; ha paura del mistero perché questo sfugge alle sue possibilità; vuole garantirsi l’assistenza dell’Onnipotente, riducendolo alla propria misura, costringendolo entro i propri parametri e limitandone, in qualche modo, la libertà di azione. Davide rappresenta questa tentazione, che si annida in ogni credente: richiudere Dio nei recinti delle istituzioni e del sacro, per poterne in qualche modo disporre. Vogliamo essere signori di tutto, ma proprio questo non è possibile fare con Dio. E anche quando Dio si rassegna ( per così dire) conil successore di Davide, Salomone, a lasciare costruire un tempio, tuttavia rimane sempre il Dio sommamente libero, che non può essere rinchiuso nelle opere delle mani dell’uomo, come attesta la bella preghiera che il sovrano stesso rivolge a Dio, nel giorno solenne della dedicazione del Tempio: “ Ecco i cieli dei cieli non possono contenerti,tanto meno questa casa che io ti ho costruito”(1Re 8,27) Per questo motivo,la liturgia di questa quarta domenica di Avvento, è tutta incentrata sulla nuova relazione che Dio instaura con l’umanità. Dio boccia il desiderio di Davide di costruire un grande santuario. Il Signore più che essere inquadrato nello spazio sacro di un tempio, edificato in concorrenza con i monumentali santuari pagani delle altre nazioni, ama essere presente nella realtà che più è vicina all’uomo, cioè il tempo e la storia espressa nella dinastia davidica dalla quale sarebbe uscito il Messia. Alla casa materiale che Davide vuole progettare per il suo Dio, si sostituisce la casa fatta di pietre vive, cioè di persone. Al tempio Dio preferisce il tempo in cui l’uomo abita pienamente con Lui. Questa pagina del secondo libro di Samuele ci guida alla scoperta del messaggio evangelico, presente in una delle pagine più belle e più celebri di Luca: l’annunciazione. Maria appare simbolicamente la nuova Sion, la città che al suo interno ospitava il tempio. In lei la presenza divina è però piena e definitiva. Sul colle di Sion della Gerusalemme storica,si ergeva il segno vivo della presenza di Dio, il Tempio tanto amato dagli Ebrei dove aleggiava la presenza di Dio. Con l’incarnazione del Cristo, Maria diventa la nuova Sion al cui interno non c’è più il tempio di pietra e di legno di cedro come quello di Salomone, ma il tempio perfetto della carne del Cristo. “ Il verbo si fece carne e pose la tenda in mezzo a noi”, afferma il prologo di Giovanni. Nel grembo di Maria si rivela in pienezza la presenza di Dio attraverso il Figlio. Su di lei, perciò, “ si stende l’ombra dell’Altissimo”. E’ in questa donna di Nazareth che cielo e terra si incrociano in modo supremo, presentando al mondo Gesù Cristo vero uomo e Dio. L’uomo ha ora un fratello che con lui condivide la fragilità e la sofferenza della carne: “ Non cercate mai nel Cristo il volto di un solo uomo, ma cercate in ogni uomo il volto del Cristo”. Tante volte come chiesa e come singoli ci siamo chiesti che cosa voglia dire essere segno e presenza viva di Gesù oggi. La risposta che più ci sembra di dare è quella di riuscire, per quanto ci è possibile,a costruire relazioni rinnovate e gratuite con le persone che quotidianamente incontriamo nel nostro cammino. L’essere capaci di questa novità in una società come la nostra basata sul profitto, sul consumo e sull’immagine, vuol dire essere portatori di un nuovo stile di vita che si basa più sull’essere che sull’avere. Riuscire ad “ ascoltare” i nostri vicini di casa, a condividere con loro i piccoli e grandi problemi di tutti i giorni, mettersi al servizio dei nostri figli in modo gratuito, farli sentire quanto sono importanti per noi, al di là dei loro successi o insuccessi, ricercar sempre il dialogo e la relazione positiva, essere costruttori di dialogo e di unità, riuscire a sottolineare le cose positive dell’altro più che quelle negative e avere un atteggiamento di perdono e accoglienza reciproca. Quando siamo riusciti a vivere come persone o come famiglia anche solo alcuni di questi atteggiamenti è allora che siamo stati pietre vive e anche noi abbiamo detto il nostro sì a Dio come Maria. In questo modo abbiamo cantato il nostro magnificat. Davvero Dio si incarna tutti i giorni nella nostra vita quando gratuitamente riusciamo a compiere anche piccoli gesti come donare un sorriso o un bicchiere d’acqua. La nostra fraternità è la casa di Dio.
Don Roberto Zambolin