Dio ti guarisce con l'amore - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Dio ti guarisce con l'amore
5° Domenica di Quaresima anno C
(Is.43,16-21;sal.125;Fil.3,8-14;Gv.8,1-11)


Che Dio abbia tra le sue caratteristiche quella di fare cose nuove, è proprio una buona notizia: "ecco" - è scritto nel rotolo di Isaia - "faccio una cosa nuo-va".(Is.43,19) Del resto è un aspetto proprio del suo rapporto con il mondo, con la vita, di generare novità:e bellezza. Dio è autore di novità: la novità della creazione, che unisce insieme armonia e stupore; la sua capacità, amando, di far nascere novità anche là dove la terra è informe e deserta,Gen.1,1) e ancora di più di far nascere creature nuove, persone nuove, cambiandole dall’interno, dal cuore. Chi accoglie l’amore di Dio si ritrova con una vita non inaridita, ma più feconda, più gioiosa, più ricca di speranza, più verdeggiante. Dio è la vera novità. Soprattutto la più grande novità di Dio è stata quella di averci dato Gesù Cristo morto e risorto, di averci fatto dono della sua Pasqua Al penulti-mo capitolo del libro dell'Apocalisse, laddove è sognata la città del futuro, a colui che siede sul trono, a Dio, sono attribuite queste parole che durano all'in-finito: "Ecco io faccio nuove tutte le cose".(Ap.21,5) E' bello anche ascoltare, come abbiamo fatto oggi, che Dio va oltre. Oltre le cose pur grandi, prodigio-se, del passato. Oltre - dice il lontano discepolo di Isaia - oltre quell'evento che è rimasto nella memoria collettiva, quasi come insuperabile, quello di un po-polo che trova, insperato, un sentiero in mezzo alle acque possenti, sfuggendo a carri, cavalli, ed eserciti, lontano dalla schiavitù dell'Egitto. Dio va oltre: non pensate più alle cose antiche. Oggi fa una cosa nuova, oggi apre strade nel de-serto, immette fiumi nella steppa.(Is.43,19) Ebbene, mi piace pensare che in quell'alba nel tempio - è scritto di Gesù, infatti, che all'alba si recò nel tempio (Gv.8,2) - la donna sorpresa in adulterio sentì sulla sua pelle - ed era intenerita - la verità di quell'antica parola: Dio fa una cosa nuova, apre strade nel deser-to, immette fiumi nella steppa. "Proprio ora germoglia, non ve ne accorge-te?".(Is.43,18) Lei ora se ne accorgeva, qualcosa stava germogliando nella sua vita. In quella vita che agli occhi degli altri e ai suoi stessi occhi sembrava va-gabondaggio nel deserto, ed ora si apriva una strada. In quella vita che, agli occhi degli altri e ai suoi stessi occhi sembrava regno dell'aridità, dura steppa, ora sentiva il gorgogliare dell'acqua, l'acqua che zampilla per la vita eterna. Acqua nuova era il rabbì di Nazaret, il suo silenzio, i suoi occhi non induriti a condanna, la sua voce: "Neanche'io ti condanno".(Gv.8,10) Dio fa una cosa nuova. Nuova anche rispetto al Libro, anche quello sacro, il più sacro, nel quale, scrivendo a suo nome, a volte abbiamo fatto scivolare alcune nostre du-rezze: "Mosè nella legge ha comandato di lapidare donne come que-ste".(Gv.8,5) E Dio no. Fa una cosa nuova rispetto al Libro. Perché sia salva-guardata l'anima profonda della legge, che non era a condanna ma a salvezza, parola data non per uccidere, ma per far vivere. La donna lì in mezzo. Tra gli accusatori, gli uomini delle pietre, da un lato, e Gesù, colui che salva, dall'al-tro. Era come se fosse in mezzo a due mondi distanti all'infinito, l'infinito del-la durezza e l'infinito della tenerezza: la pietra e il cuore di carne. "Toglierò" - era scritto - "dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne" (Ez. 11, 19). Gli uomini di pietra facevano ancor più di pietra il cuore della donna, l'uomo dal cuore di carne suscitava germogli inaspettati, apriva strade, im-metteva acque. La Quaresima è l'incontro con il figlio dell'uomo che zittisce le condanne che sanno di ipocrisia, perché circoscrivono l'orizzonte della legge all'unico peccato della donna, quello sessuale, quello dell'adulterio, quasi esi-stesse solo quello: "Chi di voi è senza peccato?". "Se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi".(Gv.8,9) Ed è sconcertante notare che l'hanno portata, la donna, nel tempio. E che loro siano i difensori della legge e della religione, gli osservanti. E' sconcertante notare come proprio tra gli osservanti si annidi la razza dei lapidatori. Tutto quello che sanno imma-ginare e proporre è lapidare, coprire di pietre. E' sconcertante e dovrebbe in-terrogarci profondamente: come chiesa, può succedere anche oggi che l'uomo, la donna smarriti del nostro tempo si trovino in mezzo e percepiscano la chie-sa dall'altra parte, non dalla parte del Signore, una chiesa delle pietre: di pie-tra lo sguardo, di pietra il giudizio, di pietra la condanna. Una chiesa pietrifi-cata. Ciascuno di noi oggi dovrebbe interrogarsi sulla qualità della sua testi-monianza: testimoniamo la chiesa di pietra o la chiesa di Gesù? Se da un lato la donna sentiva la durezza della voce, dall'altro sentiva il silenzio che l'acco-glieva, la voce che la difendeva, lo sguardo che la risollevava, la risuscitava. Non c'è rimasto una parola che è una, scritta da Gesù. E' emozionante pensare che l'unica sua scrittura fu nella sabbia. Che cosa abbia scritto il Signore è ri-masto segreto. Ma certo nel tempio, in quell'alba, era come se avesse scritto che Dio fa cose nuove, che fa il perdono, apre vie nel deserto, immette acque nella steppa, e anche a chi è caduto molto in basso non nega mai la possibilità di rialzarsi.


Don Roberto Zambolin


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