Dio ha detto pace. E noi?
Natale del Signore
(Messa della notte: Is. 9,1-6; Sal.95; Tt.2,11-14; Lc.2,1-14; Messa dell’aurora:Is.62,11-12; Sal.96; Tt. 3,4-7; Lc.2,15-20; Messa del giorno: Is.52,7-10; Sal.97; Eb.1,1-6; Gv.1,1-18)
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli li ama.” Con la nascita di Gesù, Dio ha dichiarato pace agli uomini – per sempre. Dio non nutre ostilità alcuna contro di noi; nemmeno rimane indifferente di fronte alle sofferenze e alle tribolazioni che accompagnano la nostra storia. Dichiara, invece, di essere in pace con noi; e ci offre e ci dona questa pace stessa. Fa questo non perché noi ce lo meritiamo, ma semplicemente per una iniziativa generosa e creativa di amore Non è un fatto scontato. Se guardiamo come vanno le cose del mondo, facilmente può nascere l’indignazione di fronte a tante ingiustizie, menzogne, egoismi, stupidità; e l’indignazione potrebbe generare cinismo e disprezzo dell’uomo. Ma Dio, quel Dio infinitamente santo i cui occhi non possono vedere il male, quel Dio che non si fa mai connivente con il male né per paura né per interesse; Dio rinuncia a rispondere alle ingiustizie, alle empietà, alle bestemmie dell’uomo con la dura condanna che pure sarebbe meritata e sceglie piuttosto di dire pace, di offrire il dono della riconciliazione, della sua amicizia. Lo fa con un segno semplicissimo ed eloquente: la nascita di un bambino al quale vengono attribuiti titoli straordinari: Salvatore, Messia, Signore. Dall’oracolo di Isaia potremmo aggiungere: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Titoli più alti non si potrebbero immaginare. Eppure chi porta questi titoli non è un re circondato da una splendida corte e difeso da un esercito potente; è un bambino, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Solo comprendendo questo paradosso possiamo entrare nel mistero del Natale. L’infinitamente grande che non si vergogna di rivelarsi nel piccolo; l’onnipotente che si riveste di fragilità e di debolezza. C’è un motivo sensato in questa scelta apparentemente incomprensibile. Un bambino non fa paura a nessuno perché non dispone di forza da poter usare contro gli altri. Dio non vuole essere temuto, ma amato; per questo non si manifesta facendo sfoggio del suo potere ma svelando la serietà del suo amore. Il nostro padre Adamo, scoperto e smascherato dopo il peccato, aveva cercato inutilmente di nascondersi da Dio per paura. Davanti al bambino di Betlemme non abbiamo bisogno di nascondere le nostre debolezze o i nostri peccati; non abbiamo paura. La sua debolezza è per noi sorgente di sicurezza e di fiducia; ci attira; possiamo stare alla sua presenza senza provare turbamento o angoscia. Questo è il dono del Natale: poter recuperare lo stupore e la gioia di esistere nonostante le ferite che segnano la nostra vita. Sentire che c’è un ‘sì’ di Dio detto alla nostra esistenza nonostante i nostri peccati e le nostre colpe. Ma dobbiamo intendere bene. Vuol forse dire che Dio si rifiuta di confrontarsi con le ingiustizie e le guerre e le cattiverie che infettano il mondo reale e preferisce introdurci in un mondo virtuale fatto di colori tenui e di teneri sentimenti, dove tutto è bello, buono e sereno? Dove le brutture del mondo sono magicamente cancellate, ignorate? A volte rischiamo di vedere così il Natale, ma si tratterebbe, in ogni caso, di un espediente meschino. Il bambino che adoriamo questa notte è lo stesso che Isaia definisce “l’uomo dei dolori, che ben conosce il patire”, che ha subito la condanna ingiusta, la passione dolorosa, la morte infame. Se si presenta nei panni di un bambino inerme non è perché finga di non vedere il male del mondo, ma perché porta questo male sopra di sé senza rispondere con la violenza. Voglio dire che la dichiarazione di pace di Dio al mondo non è senza un prezzo; e questo prezzo è la passione e la croce. Lo hanno espresso bene alcuni pittori che rappresentano la mangiatoia in cui il bambino viene deposto come fosse una tomba, immagine del sepolcro in cui verrà deposto il corpo morto di Gesù. Dio, dunque, ha pagato un prezzo alto e lo ha pagato per amore. Gli sta così tanto a cuore la vita dell’uomo, la libertà dell’uomo, che sceglie di presentarsi inerme in un mondo armato fino ai denti, innocente in un mondo di violenti. La scommessa di Dio è che in questo modo il cuore dell’uomo possa essere sanato. Chissà, fossimo noi Dio, probabilmente saremmo delusi dell’uomo, vedendolo così diverso da come dovrebbe e potrebbe essere: immagine e somiglianza di Dio. Ma in ogni modo la delusione, se c’è, non ha bloccato Dio e non gli impedisce di sperare nell’uomo, di operare perché l’uomo faccia il passo decisivo della conversione e inizi un’esistenza nuova. Per questo dichiara pace agli uomini, a ciascuno di noi. Il Natale ci permette di sentirci dentro alla pace di Dio, sapendo che Dio non ci giudica con un atteggiamento freddo, distaccato, ma che, conoscendo bene le nostre colpe, ci tende ugualmente una mano amica. Per questo volentieri accogliamo l’invito dell’angelo: “Oggi vi è nato un Salvatore... questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.” Abbiamo desiderio di vedere questo segno, di riempire gli occhi e il cuore di questa immagine semplice e rasserenante. Abbiamo bisogno di stare davanti al presepe e ammirare quelle scene così normali, così umane, ma nello stesso tempo.. ‘magiche’, perché piene della bellezza di Dio.