Dio è relazione, Dio è comunione - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Dio è relazione, Dio è comunione
Solennità della SS Trinità anno C
 (Pr.8,22-31; sal.8; Rm.5,1-5 ;Gv.16,12-15)


Avete mai osservato le vetrate di una cattedrale? Dall'esterno non si vede altro che una superficie grigia, ma dall'interno, che festa di colori, che splendore di forme e di luci! Che unità di bellezza nella diversità di quelle vetrate e della loro composizione. Lo stesso avviene per il mistero della Trinità: troppe volte rischiamo di ridurre a una fredda astrazione quello che dovrebbe essere il centro sfavillante da cui si sprigiona la nostra vita di fede. Fede che è bellezza, armonia e unificazione della persona, sinfonia dell’umano con il divino, presenti nella struttura del nostro essere. Perché questo mistero illumini la nostra esistenza, dobbiamo accostarci ad esso insieme a Gesù osservando da vicino chi egli è, la sua storia, le sue parole. Gesù ha aperto uno squarcio profondo di vita e di significato dentro gli orizzonti della esistenza umana La sua azione aveva la forza serena della luce all'alba; la sua parola una potenza che rialzava e metteva in cammino anche coloro a cui tutto sembrava finito. Tuttavia egli, il Figlio, non riconduceva alla propria persona le energie di amore che liberava, ma le indirizzava sempre verso colui che chiamava il Padre, come se ricevesse il suo essere da quella fonte. Coloro che sono vissuti con lui e hanno ascoltato la sua parola non sempre sono stati in grado di comprenderla veramente. Ma quando egli è scomparso ai loro occhi, dopo averli amati come nessun altro aveva mai fatto, hanno sperimentato che non li aveva abbandonati: una forza dentro di loro, il suo Spirito, li guidava verso tutta la verità di quell'essere di cui avevano per un certo periodo condiviso il cammino. Era come una progressiva scoperta del significato di ciò che era stato detto e fatto una volta per tutte: a poco a poco si chiariva ai loro occhi il senso cristiano della storia e della salvezza. Questa parte dall’Amore infinito di Dio Padre,che nel dialogo d’amore mai interrotto con Gesù, viene riversato dallo Spirito di Cristo nei nostri cuori. Proprio come ci ricorda l’apostolo Paolo: “L’Amore di Dio è stato riversato nei vostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato in dono da Gesù” (Rm.5,5) La Trinità, dunque ci rivela che il Dio di Gesù Cristo non è un sentimento, una formula, una entità astratta, un fondamento filosofico per giustificare le cose che non si capiscono e nemmeno un bisogno dell’uomo, ma è innanzitutto relazione d’amore, di vita, di prossimità con la gente, con le sue creature. Nella Trinità ci viene rivelato che noi possiamo parlare di Dio solo in termini di comunione. Se Dio è comunione nel suo stesso essere, se lo Spirito è spirito di comunione e se Cristo è “persona comunitaria” inscindibile dal suo corpo che è la Chiesa, allora la comunione è la natura stessa della chiesa: la chiesa di Dio o è comunione o non è la chiesa di Dio Dalla Trinità divina discende anche la visione della persona umana come essere relazionale: nella Trinità ogni persona è per l’altro e la persona umana si realizza nella relazione con l’altro. E discende, anche dalla Trinità, la concezione della intangibilità e della inalienabilità della persona umana: come i nomi delle tre persone trinitarie non sono confusi né interscambiabili, così la persona umana è un valore in sé, è un fine e non un mezzo, è una grandezza non sacrificabile a interessi sociali o pubblici o di altro tipo. Come possiamo allora parlare del Dio Trinità? Come ce ne parlano le letture di questa domenica? Con la poesia, certo, come fa il libro dei Proverbi, con la passione come fa Paolo nelle sue lettere, con la tenerezza come fa Gesù con i suoi discepoli, ma con la nostra vita comunitaria, soprattutto. Forse ci basterebbe rileggere i pochi versetti del libro dei Proverbi che oggi abbiamo ascoltato per sentirci portare lontano -quanto lontano- da certe immagini così noiose di Dio, un Dio chiuso, imprigionato nell'immobilità, nell'impassibilità. Si parla di un Dio che fin dall'inizio ha una compagna, un partner, nell'atto della creazione. È la Sapienza. È la sapienza, pensate, il suo architetto. Dio ha un architetto, un architetto che immagina, che progetta, che suggerisce, che inventa con lui. E Dio la guarda con gioia, come si guarda con gioia, si contempla, un bambino piccolo che gioca. E dunque Dio non è solo! Non è un solitario: è dentro questo gioco del creato, dentro la danza delle cose, e si entusiasma a questa armonia, gode e prova gioia. E infine la tenerezza di Gesù nel suo discorso d'addio. Non ha potuto -pensate, neppure lui - dire tutto. E che presunzione quando noi ci comportiamo come se potessimo dire tutto, definire tutto. Neppure Gesù ha potuto dire tutto: "Ho ancora molte cose da dirvi". Lui conosce i nostri limiti, sa che cosa possono portare, di rivelazione, le nostre spalle: "… per il momento non siete capaci di portarne il peso". (Gv.16,12) Ma ci promette lo Spirito "che vi guiderà alla verità tutta intera". (Gv.16,13) E che cos'è questa verità alla quale lo Spirito ci introduce? Non certo una serie di formule teologiche. Ci introdurrà alla sapienza del vivere, quella sapienza custodita nella vicenda terrena di Gesù, questa sapienza sulla nascita, sulla vita, sulla morte, la sapienza del vivere che, secondo Gesù, ha questo suggeritore meraviglioso: lo Spirito che ha messo la sua dimora nei nostri cuori.


Don Roberto Zambolin


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